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Sconfitti, non fondiamo un’area nel Prc Ma un congresso non è la fine del partito

Publie le mercoledì 6 agosto 2008 par Open-Publishing

Sconfitti, non fondiamo un’area nel Prc Ma un congresso non è la fine del partito

di Aurelio Crippa

Sento, leggo, di tutto e di più, meno quello che necessita, con una vis polemica degna di miglior causa, anche con qualche caduta di stile.
Non sono appassionato ad una contesa punto di partenza o punto di arrivo: semplicemente va preso atto che il congresso si è concluso, determinando una maggioranza e una minoranza, che segnala una spaccatura sostanzialmente in due del partito (escono sconfitte e la "Costituente della sinistra" e ipotesi di superamento del Prc).

Piovono, da alcune/i esponenti della minoranza, da personalità esterne al partito, da dirigenti di altre forze politiche, anatemi e giudizi catastrofici - a Chianciano si è ucciso la mia Rifondazione, esce un partito arroccato, un po’ populista, gruppettaro, attraversato da logiche minoritarie, e così via - come se il documento di minoranza avrebbe aperto una fase più sicura (è troppo chiedere a tutte/i un po’ più di modestia e umiltà, visto che i suoi estensori sono state/i dirigenti protagoniste/i delle certezze di ieri, che hanno portato la sinistra alla disfatta storica).

Sarebbe bene, al contrario, che tutte e tutti, il partito, riflettessero sul mancato approfondimento nel congresso delle questioni cruciali per i destini della sinistra e per i comunisti, riconoscendo, autocriticamente, che è il frutto di un errore politico, quello di aver voluto far vivere il congresso come momento di rivincita, reso manifesto dall’inopportuna autocandidatura di N. Vendola a segretario, tale da trasformarlo da sede di confronto politico in sede di contesa, referendum sul segretario.

Nel suo articolo su Liberazione , la compagna G. Mascia afferma che al congresso nazionale c’erano tutte le condizioni per provare a cercare un’intesa, e prende a riferimento l’intervento iniziale di N. Vendola, confermo al di là delle divergenze politiche su alcuni temi avevo apprezzato il suo "porsi" alla ricerca di un’intesa.

A seguire ho però sentito interventi altri della mozione 2 più dettati dall’approfondire la divisione che ricercare l’intesa, alcuni dei quali apertamente provocatori.

Lancia, altresì l’accusa al compagno C. Grassi di aver sostenuto che avrebbe preferito trovare un’intesa con tutte le mozioni e di non aver poi prodotto fatti politici per conseguirla.

Essendo parte in causa, rimando l’accusa al mittente: la verità è altra, parlano i fatti.

Le aree politico-culturali Valorizzare il saper fare e Essere comunisti, sin dall’inizio nella commissione per redarre il documento congressuale, hanno operato per ricercare un’intesa unitaria.

Obiettivo: dar vita,da parte della nuova maggioranza costituitasi alla Conferenza di organizzazione di Massa Carrara (inopinatamente, e non so perché fatta venire meno nel cpn dopo la disfatta elettorale) ad un documento congressuale unico/unitario, segnando con tesi alternative, opzioni politiche diverse su specifici temi.

Si è deciso altro - documenti contrapposti - e tu, cara Mascia sei stata protagonista e portavoce di questa tesi.

Nonostante ciò, ne è testimone il nostro operato, nei congressi di circolo e di federazione abbiamo sostenuto con forza l’esigenza di trovare una sintesi politica, costituire una gestione unitaria del partito, per corrispondere da subito, all’esigenza politica di dar vita nel paese ad una opposizione di massa e unitaria, al governo delle destre.

Ci accusi di aver fatto un guaio: avete spaccato il partito. Rimandiamo anche questa accusa al mittente.Il nostro trasparente operato al congresso nazionale è stato ben documentato dall’intervento del compagno C. Grassi.

Sì, lo rivendichiamo: abbiamo operato ed agito per trovare un’intesa, una sintesi unitaria con tutte le mozioni.

Sì, cara Mascia, abbiamo al contrario rimandato al mittente messaggi per un’intesa, che chiedeva non la ricerca di questa con tutte le mozioni, ma la rottura del nostro vincolo di appartenenza alla mozione 1.

Vedi, apparteniamo ancora a quella categoria di comuniste e comunisti che, come scrivi tu, continua a pensare che l’autonomia politica di Rifondazione si guadagni con un forte rigore culturale, e con la capacità di costruire, giorno per giorno, punti di unità con altri soggetti, rendendo trasparenti i punti di mediazione, ma anche che non intendono venir meno all’etica e alla morale comunista, alla coerenza (sentiamo questo apprezzato dalle compagne e dai compagni di base ma anche da chi non la pensa come noi).

Per questa ragione, anche in un momento importante e decisivo del congresso nazionale, ha prevalso nel nostro agire la coerenza, e pur esprimendo un nostro dissenso di merito, ci siamo attenuti alla decisione di maggioranza, al vincolo di mozione.

Perché compagne/i iscritte/i e non, non vadano a casa c’è bisogno di questa coerenza, del rapido ritorno alla politica, della riconquista della discussione nei circoli, negli organismi dirigenti, del ritorno alla democrazia partecipata, resa tale dal protagonismo decisionale riassegnato alle/ai iscritte/i (al bando il politichese, il leaderismo, il personalismo, che ha preso consistenza anche nel gruppo dirigente del nostro partito).

C’è bisogno che non prenda più piede la concezione oligarchica del fare politica ed essere organizzazione, introdotta «dall’innovativo» V° Congresso che tanti guasti e degradi ha prodotto nella vita e nello stato del partito come denunciato e documentato ampiamente nella Conferenza di organizzazione di Massa Carrara.

C’è bisogno oggi che a prevalere non sia la logica di rivalsa, ma la volontà del fare, a partire da uno sforzo comune per costruire a tutti i livelli una gestione unitaria del partito.