Home > Scuola di razza
Scuola di razza. Gli anni del fascismo e quelli delle classi ponte 1/2
di Gianluca Gabrielli (1)
Razzismo e società italiana
È opinione diffusa, e prevalente nel circuito di informazione giornalistica e televisiva odierna, che il razzismo in Italia sia un elemento sostanzialmente estraneo all’identità nazionale. Gli opinionisti che si spingono a proiettare lo sguardo indietro nel tempo concedono al massimo il riconoscimento dell’aberrazione delle leggi del 1938, salvo addebitarne la responsabilità non tanto al fascismo quanto ad una specie di imposizione dell’alleato nazista; così facendo attribuiscono implicitamente al razzismo di Stato la natura di parentesi che, essendo il risultato di una forzatura esterna, una volta dissolto l’agente responsabile non poteva altro che chiudersi nel 1945 senza strascichi.
Questa visione comoda e autoassolutoria pone le sue fondamenta su due elementi portanti del passato nazionale, uno sociopolitico e uno storiografico. Quello sociopolitico è la mancata defascistizzazione della società italiana seguita alla liberazione. Più che in altre nazioni europee i governi usciti dalla guerra hanno rapidamente restaurato il senso di normalità della vita nazionale rinunciando all’epurazione di grandi e piccoli responsabili del regime e delle sue nefandezze e quindi stendendo un velo di innocenza o di limitata gravità sulle decisioni che avevano aperto ferite che ancora bruciavano tragicamente. L’elemento storiografico è costituito dall’interpretazione di quegli anni emersa dalla scuola moderata che si raccoglieva attorno a Renzo De Felice e che a metà degli anni Settanta, a partire dall’Intervista sul fascismo del 1976, è divenuta progressivamente egemone nella trasmissione massmediatica del passato fascista, dichiarato «immune dal cono d’ombra dell’Olocausto».
Contrapposta a questa interpretazione consolatoria del razzismo fascista se ne è però sviluppata un’altra che ha mostrato la presenza nella società dell’epoca di elementi sia antiebraici che discriminatori nei confronti degli africani. Per questi storici tali elementi radicati nella società italiana furono riattivati dalla scelta del regime di varare una legislazione razzista e antisemita tra il 1937 e il 1938; tale scelta risulta coerente con la natura del regime e dell’ideologia fascista, gerarchizzante e bisognoso di creare nemici che permettessero di agire nel senso dell’omogeneizzazione del proprio corpo sociale. Questa tendenza storiografica quindi, da una parte attribuisce al fascismo una sostanziale natura gerarchizzante predisposta a sviluppare classificazioni, individuare nemici e produrre esclusioni rigide anche a base culturale o biologica; dall’altra ritiene che la società italiana del XX secolo fosse carica di elementi di pregiudizio radicati nel senso comune e nel mondo culturale che furono il materiale su cui Mussolini poté contare nel momento del varo delle leggi razziste. Inoltre da questa interpretazione consegue logicamente che, con la caduta del fascismo, nella società italiana rimasero in circolazione sia gli effetti di cinque/sette anni di razzismo istituzionale, sia tutto il substrato di pregiudizio che aveva preceduto le leggi e che a quel punto, necessariamente, non poteva che ritornare nella clandestinità culturale e sopravvivere sottotraccia.
In questa contrapposizione di paradigmi e nell’egemonia del primo sta, credo, anche la ragione per cui negli ultimi vent’anni è stato costantemente minimizzato il significato di ciò che lentamente si è verificato nella nostra società: episodi di razzismo diffuso, invettive violente contro nomadi e contro stranieri, intolleranze contro i costumi religiosi e culturali non cattolici, omofobia. Tutto ciò culmina, quest’anno, con una azione di legge che ci riporta compiutamente in una nuova età di razzismo di Stato, cioè razzismo decretato per legge contro persone – gli stranieri privi di permesso di soggiorno, i cosiddetti «clandestini» – che sono sottoposte a procedimenti penali e restrizione di diritti per la loro condizione e non per atti commessi.
Messaggi
1. Scuola di razza, 24 ottobre 2009, 13:49
articolo completo http://www.carmillaonline.com/archives/2009/10/003220.html#003220