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Scusi, mi dà la pillola ?

Publie le giovedì 15 giugno 2006 par Open-Publishing

«Scusi, mi dà la pillola?» A Roma una sfilza di no
Tour notturno negli ospedali della capitale per
tentare di farsi prescrivere la pillola del giorno
dopo. Tra medici obiettori, sottili molestie, porte
chiuse in faccia. Risultato: un diritto negato

di Cinzia Gubbini- Il Manifesto

Roma

Cronaca di una notte qualunque per una donna che, a
Roma, voglia assumere la cosiddetta «pillola del
giorno dopo». Cronaca di sette ore, dalle 9 di sera
alle 2 di mattina, passate a girare per dieci ospedali
pubblici - tre dei quali situati in provincia - per
scoprire che chi vive nella capitale trova quasi
sempre le porte chiuse, mentre chi vive in paesi più
piccoli è più fortunato e può sperare di beccare un
medico disposto a rilasciare la ricetta. In tutti gli
altri presìdi pubblici quasi sempre è impossibile
ottenere la prescrizione per comprare la pillola, uno
strumento utile per evitare di rimanere incinta in
caso di un rapporto sessuale a rischio. O peggio, se
si è state vittima di violenza sessuale. Infiniti giri
di parole, quando va bene, per dire che il farmaco va
richiesto ai consultori. Quando va male sono invece
informazioni travisate e persino insulti e sottili
molestie.

Ieri notte circa trenta donne di varie realtà
autorganizzate di Roma (Assemblea femminista di Via
dei Volsci 22, un gruppo di donne dell’ex Snia, il
Collettivo femminista la Mela di Eva e il Collettivo
Ribellule) si sono mobilitate dopo l’esperienza
capitata, la stessa sera, a una loro compagna al San
Giovanni, ospedale pubblico «vicino di casa» della
Basilica di Roma, la parrocchia del cardinal Ruini.
Chiameremo Chiara la ragazza che entra al Pronto
Soccorso e chiede all’infermiera di turno di poter
parlare con un medico perché ha bisogno della ricetta
per la pillola del giorno dopo. Silenzio: «Aspetti un
attimo». L’infermiera sparisce per qualche minuto, poi
torna, va nel gabbiotto e stacca un foglietto
attaccato con lo scotch: «Qui non forniamo questo
servizio, può rivolgersi a questi consultori domani
mattina».

Organizzazione rodata. Ma Chiara non è lì
per farsi fermare tanto facilmente: «Ne ho bisogno
ora, e so che possono prescriverla anche i pronto
soccorso». «Ma qui sono tutti obiettori di
coscienza...» fa l’infermiera. «Obiettori sulla
pillola del giorno dopo?», risponde Chiara, un po’
stupita. «Se vuole può provare al pronto soccorso
della maternità, ma non credo che sia possibile».
Comincia il viaggio nei meandri dell’ospedale perché -
sia detto per inciso - mancano persino i cartelli per
orientarsi. Alla fine, ecco qui il pronto soccorso:
uno stanzino al piano terra. Di nuovo un’infermiera a
fare da «filtro»: «Questo è l’elenco dei consultori,
deve rivolgersi qui domani mattina». «Ma insomma -
insiste Chiara - si può sapere perché non posso avere
la ricetta di un contraccettivo?».

«Qui sono tutti
obiettori di coscienza e oltretutto non si tratta di
un’emergenza: ha tempo 72 ore per assumere la
pillola». «Ho capito - fa Elisa - ma non è possibile
che non ci sia almeno un medico non obiettore, lo
prescrive la legge...». «Eh la legge, la legge...
figlia mia, poteva pensarci prima». Questa volta
Chiara si arrabbia e chiede di parlare immediatamente
con il medico, che dopo un po’ arriva. E’ una
ginecologa e non ama i giri di parole: «La pillola del
giorno dopo è un abortivo e io non le posso
prescrivere la ricetta, perché contrasterebbe con la
mia scelta di obiezione di coscienza». «Veramente io
so che non è un abortivo». «Lo vuole spiegare a me che
sono ginecologa?», è la risposta sferzante che
spiazzerebbe qualsiasi donna un po’ meno informata di
Chiara.

La dottoressa prosegue prendendo qualche
cantonata, tipo spiegare che i consultori sono stati
creati «appositamente per fornire questo servizio»,
perché lì operano «medici esterni all’azienda» che non
sono obiettori, «come prescrive la legge 194». Peccato
che quella è la legge sull’interruzione di gravidanza
e non c’entra niente con la pillola del giorno dopo.

Ma c’è poco da fare: a nulla vale ricordare che un
decreto ministeriale classifica la pillola come
farmaco di emergenza, spiegare che il rapporto
sessuale è avvenuto il giorno prima e che quindi
aspettare è dannoso, visto che l’efficacia diminuisce
con il passare delle ore. Ma il bello arriva quando
Chiara esige un certificato in cui la dottoressa si
assuma la responsabilità di negare il farmaco a causa
dell’obiezione. Comincia una trafila interminabile: la
ragazza deve persino farsi misurare la pressione,
fornire i suoi documenti. Il tutto per ottenere un
foglio in cui la dottoressa spiega soltanto che Chiara
«è stata resa edotta dei limiti» della pillola e
inviata in un consultorio. Sbandierare l’obiezione di
coscienza a parole è una cosa, scrivere nero su bianco
che è per questo che si lasciano passare ore preziose
evidentemente è un’altra.

E’ solo l’episodio più eclatante dell’odissea negli
ospedali romani. Non meglio è andata al Nuovo Regina
Margherita, dove il medico obiettore questa volta è un
uomo che non si fa tanto scrupolo di pronunciare frasi
tipo: «Per essere sicuro che ha avuto un rapporto
dovrei farle un prelievo vaginale». All’ospedale San
Giacomo le donne non riescono ad andare oltre
l’accettazione: un’infermiera sostiene strenuamente
l’esistenza di una circolare regionale che vieta la
prescrizione del farmaco nel pronto soccorso. Netto
rifiuto anche al Santo Spirito, in cui una dottoressa
si dilunga sui pericolosi effetti collaterali della
pillola. Meglio è andata al Sandro Pertini (è bastato
aspettare due ore), al San Camillo e al Policlinico
Umberto I, dove però la settimana scorsa una ragazza
era stata invitata a tornare al cambio turno.

Ai
Castelli, invece, dopo molte insistenze, i medici
hanno ceduto: è andata così al San Giuseppe di Marino,
al San Sebastiano di Frascati e al San Giuseppe di
Albano. «Prenda un treno e vada in Francia», è il
titolo che le donne dei Collettivi hanno scelto per il
loro comunicato. E’ la frase con cui il medico del
Nuovo Regina Margherita ha risposto quando gli è stato
fatto presente che oltralpe la pillola si vende in
farmacia senza bisogno della ricetta. «Questa
situazione deve finire - prosegue il comunicato - La
pillola del giorno dopo è un farmaco legale, i pronto
soccorso ospedalieri sono un servizio pubblico,
l’obiezione di coscienza generalizzata e senza
alternative per la donna è una realtà inaccettabile e
illegittima che sopravvive nelle maglie di un vuoto o
di una confusione legislativa e grazie
all’indifferenza o connivenza del resto del personale
sanitario, ovviamente con le dovute ma rare
eccezioni».

Il ministro Livia Turco ha dichiarato
recentemente che anche in Italia potrebbe essere
abolita la ricetta. A lei la palla.