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«Se Ferrero e Vendola si parlassero...»
di Angela Mauro
su Liberazione del 03/08/2008
Intervista ad Emiliano Brancaccio, ordinario di economia
Fedele a quello che è il suo orientamento da economista, Emiliano Brancaccio fa un’analisi marxista del baratro in cui è finita la sinistra e anche del congresso di Rifondazione a Chianciano. Lettura attenta, la sua, che, senza temere il giudizio politico, va al fondo delle questioni che rendono debole una proposta di sinistra per questa società.
Un tuo giudizio su Chianciano.
Non è stato un bel congresso, non solo per il clima di guerra fratricida, ma anche per una mancanza di approfondimento delle questioni cruciali per i destini della sinistra e per i comunisti. Una mancanza che rilevo nella stesura di tutte le mozioni congressuali, nessuna esclusa. Non contenevano molto sugli assetti dei capitali e dei blocchi di consenso e potere di questi anni, nè sugli assetti che determina l’apertura globale dei mercati. Insomma, è bello ritrovare le citazioni di Majakovski...
"Esci partito dalle tue stanze, torna dai ragazzi di strada"
Sì. Nei testi però ho riscontrato ben poche applicazioni di analisi marxista, che è una delle poche cose buone che ci resta. Tuttavia trovo affrettato il giudizio di Asor Rosa che parla di "gruppettarismo" rispetto alla dirigenza che ha vinto il congresso. La linea di Ferrero apre una prospettiva incerta, ma sarebbe illusorio pensare che la quella di Vendola avrebbe aperto una fase più sicura. Si naviga tutti a vista, dentro un baratro e senza una carta vincente per uscirne, indipendentemente dalla distanza o vicinanza rispetto al Pd. Proprio riconoscendo questa estrema debolezza di tutte le anime del Prc, forse bisognerebbe che i vendoliani togliessero la pistola dalla tempia della nuova dirigenza per ritrovare unità d’azione.
Accettando l’offerta di gestione unitaria del partito?
Sarebbe opportuna. Del resto, ci sono cose anche sagge emerse dal congresso. Subordinare le intese con il Pd a un tentativo di mutamento dei rapporti di forza mi pare saggio, visto il fallimento del governo Prodi. Più complicata è la scommessa su nuovo partito comunista che riscuota consenso tra operai e soggetti deboli. E’ una avvincente, con una logica, ma bisogna capire se sussistono le condizioni per vincerla. Lancerei un avvertimento a Ferrero: non vorrei che si lasciasse sedurre da una prospettiva frettolosa, fatta di vertenze disarticolate e priva di un progetto strategico.
Cosa vuoi dire?
Bisogna prendere atto della scomposizione della classe lavoratrice: oggi c’è uno scontro tra lavoratori privati e dipendenti pubblici, tra precari e con contratto a tempo indeterminato, i nativi odiano gli immigrati, e c’è uno scontro sotterraneo tra donne e uomini sul terreno della produzione e della riproduzione. Riuscire a parlare a tutti è difficile. Anche se ci sono fondati motivi per sperare in una rinnovata convergenza tra interessi di classe, questo processo è lento.
C’è un modo per parlare a tutti i "contendenti" del mondo del lavoro o bisogna inventarselo ex novo?
Ci arrivo. Ma prima volevo sottolineare una seconda questione: bisogna superare quella marmellata che ha contraddistinto finora la strategia del partito. Si giustapponevano il conflitto sull’ambiente, quello di genere, sulle libertà sessuali, con il conflitto tra capitale e lavoro senza trovare una quadra. Faccio una provocazione: visto che si è detto bisogna stare meno in tv e più nella società, mi chiedo se il Prc sarebbe in grado di elaborare un librettino per presentare il partito a tutti, chi è, come vede il mondo.
Un depliant informativo?
Uno strumento alternativo ai grandi media. Ma ho il dubbio che in questo momento non riuscirebbero a scrivere righe chiare. Ad esempio: se Revelli dopo tanti velleitarismi e batoste ripropone la questione della decrescita, io mi preoccupo, mi pare un’affermazione buttata nell’arena del dibattito senza passaggi logici. Invece, dobbiamo discutere di conflitto ambientale, per esempio, tenendo conto che il degrado ambientale si distribuisce tra le classi in modo differenziato, i poveri ne subiscono di più gli effetti, così come subiscono di più gli effetti dell’aumento dei prezzi delle materie prime. Quanto ai diritti civili, il lavoro svolto da Liberazione non va assolutamente disperso, ma c’è stato il rischio che si discutesse di diritti civili in modo velleitario.
Cioè?
Si dice "dobbiamo tornare dai ragazzi di strada". Ma è proprio lì che c’è un ritorno ad una pulsione patriarcale e maschilista: vedono nella vecchia organizzazione familiare l’unico baluardo di difesa contro tempi così nefasti. Per poter affrontare questa contraddizione, sarebbe necessario recuperare il meglio del femminismo e del comunismo in un’ottica di materialismo storico, evitando la deriva liberale e tenendo insieme diritti civili e diritti sociali.
Mi sembra che il tuo ragionamento denunci una linea politica fatta per slogan, senza uno studio approfondito della società?
E’ l’ottica della marmellata, del "tutto insieme". E siamo arrivati alla frutta. Dobbiamo costruire una griglia concettuale convincente: la questione dell’ambiente e dei diritti civili vanno declinati socialmente, in un’ottica di materialismo storico. Inoltre, ripeto, la nuova linea esige fiducia, ma vedo il rischio che ci si concentri sull’istanza vertenziale e non strategica. Un esempio su tutti. L’apertura globale dei mercati alla libera circolazione di merci, capitali e persone sta producendo effetti dirompenti soprattutto sul mondo del lavoro e c’è un’asimmetria politica macroscopica. Le destre, con ardimento politico, propongono il blocco dei movimenti delle persone e il controllo dell’immigrazione, tanto da arrivare a un passo dal reato di immigrazione clandestina. E’ possibile che di fronte a tutto questo ci sia totale silenzio sul versante opposto, quello del controllo dei movimenti dei capitali? I lavoratori prendono quel che il mercato politico gli offre e forse propendono per la xenofobia anche perchè non vedono alternative.
Vittime e proseliti della propaganda ideologica, come quella messa in campo con la dichiarazione dello stato d’emergenza nazionale...
Sì, che però ha effetti pratici, penso ai cpt. Se la destra riesce a trovare consenso tra i lavoratori sul controllo dell’immigrazione forse è perchè sul controllo dei movimenti di capitali c’è silenzio. Al lavoratore andrebbe spiegato che la libertà incondizionata di movimento dei capitali implica tante cose, come la delocalizzazione e la chiusura della sua fabbrica, cose che ricadono sulla sua vita...
Non vorrai dare tutta la colpa alla sinistra? Può avere così tanto potere nell’influenzare l’agenda politica e mediatica?
Il punto è incunearsi nelle contraddizioni del Pd. Bisogna fare in modo che un partito comunista non porti avanti solo istanze vertenziali ma proponga un profilo strategico e anticipi il Pd per esempio sul controllo dei capitali. Mi sta benissimo un’iniziativa politica sul potere d’acquisto, sulla democrazia nei luoghi di lavoro ma per un vero profilo strategico occorre qualcosa che non riguardi solo il "corno lavoro" ma anche il "corno capitale".
Insisti molto su un partito comunista. Può ancora vivere?
Le espressioni socialista e comunista si tengono assieme da un punto di vista logico, sono contrapposte ma, se cadono, cadono insieme. Anche nel ’900 era così. E oggi, così com’è difficile qualificare il comunismo è anche difficile qualificare il socialismo.
Stai cercando di gettare un ponte tra il socialismo del XXI secolo di cui parla Bertinotti e il comunismo su cui insiste Ferrero?
No, non è una questione di terzietà. Voglio essere chiaro: non credo che sia la strada giusta quella di sostenere che l’espressione "comunismo" è velleitaria. Lo è anche il socialismo perchè dobbiamo riconoscere che nella funzione di produzione del compromesso social-democratico entrava la minaccia sovietica, dipendeva da essa, una volta crollata è crollato il compromesso, il che rende complicato discutere non solo del comunismo ma anche del socialismo nel XXI secolo. Sostenere la credibilità di quest’ultimo e il velleitarismo del primo significa non tener conto che siamo nel baratro, e che occorre reimpostare ogni tassonomia.
Resta in sospeso il punto su come parlare alla classe frammentata.
Tra le diverse condizioni dei salari, di lavoro e sfruttamento, c’è un dato unificante: la quota di prodotto sociale che spetta ai profitti cresce rispetto a quella che spetta al lavoro nel suo complesso. Guardiamo al profitto come ad una cosa che non si può toccare ed è per questo che i lavoratori scaricano le conflittualità tra di loro. Uno dei modi per tornare a imbrigliare il profitto è che il capitale trovi difficoltà di movimento tra un luogo e l’altro del mondo, dunque controllo dei movimenti del capitale. Se i capitali si muovono liberamente, il profitto è intoccabile e a quel punto i lavoratori si fanno la guerra tra di loro. C’è un’altra cosa che vorrei dire.
Prego.
Il Pd ha una istanza al suo interno fortemente liberale e di apertura dei mercati, ai capitali esteri e poi ha una logica velleitariamente universalista. Paradossalmente questa impostazione fa bene il paio con le proposte dei "nipotini di Toni Negri" che si dichiarano così conflittuali ma si coniugano bene con quella prospettiva liberale. La proposta di reddito di cittadinanza universale può essere incorporata in quella prospettiva. Mentre i comunisti e la sinistra dovrebbero segmentare i mercati e tornare a introdurre vincoli e controlli nel mercato globale.
Senza temere protezionismi?
Esatto. Altrimenti sarà solo la destra a segmentare i mercati, costruendo un nuovo corporativismo, nel quale ci sono tutti tranne i lavoratori.
Immagino che prima di parlare di architetture politiche, unità a sinistra o sola unità con il Pdci, ci sia da sviluppare tutto il ragionamento di cui sopra...
La dico così: se si parte dal problema di salvare le terga dei gruppi dirigenti con architetture verticistiche, e se non si realizzano dei ragionamenti di carattere strategico, le terga non si salvano.