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Sentenza Englaro. Attacco ai giudici, interviene il Csm
Publie le sabato 15 novembre 2008 par Open-PublishingSentenza Englaro. Attacco ai giudici, interviene il Csm
di Anna Maria Bruni
Sbranata. Fatta a brandelli contesi da tutti, tutti vogliono dire la loro, tutti hanno diritto di parola sulla pelle di Eluana, e soprattutto tutti pronunciano il Verbo. Non è bastata una sentenza definitiva della Corte di Cassazione per mettere a tacere questa casbah dove ciascuno punta al rialzo per aggiudicarsi il titolo e l’ultima parola. E mentre si grida alla difesa del diritto è proprio un ramo della giurisdizione, che ha operato nel rispetto della Costituzione, ad essere linciato insieme alla vita e alla libertà di Eluana.
“La Cassazione ha deciso di uccidere Eluana”, così Lupi del Pdl subito dopo la sentenza, “Omicidio di Stato”, “condanna a morte in nome del popolo italiano” Luca Volonté dell’Udc, “i giudici non tutelano la vita” Mantovano, “staccare idratazione ed alimentazione equivale ad uccidere”, la Carfagna, per arrivare a Storace che invoca un decreto legge di una riga da Berlusconi che così reciterebbe: “A nessuna persona in condizione di stato vegetativo può essere negato il diritto all’alimentazione”. Rincara la dose Cossiga, che dichiara che in effetti “dal punto di vista formale” bloccare la sentenza della corte di cassazione “sarebbe possibile”. Questo il fronte politico, ma già ieri immediatamente dopo la sentenza Monsignor Fisichella parlava a nome del “popolo italiano” che “sicuramente non condivide questa sentenza”, esortando il parlamento a “formulare una legge per evitare qualsiasi forma di eutanasia attiva o passiva”, dal momento che “la ragazza” è condannata ad “una morte lenta di fame e di stenti”. Dello stesso segno la dichiarazione della Cei, mentre l’associazione Scienza e Vita convocherebbe il popolo italiano in piazza per un’esecuzione pubblica con testimoni, perché "si tratta di una vera e propria condanna a morte in età repubblicana".
Si è dovuto mobilitare il Consiglio superiore della Magistratura di fronte al dilagare dell’istinto forcaiolo di tanta parte delle istituzioni, nonché dell’ingerenza ormai consueta di un altro Stato, il Vaticano. "Stiamo predisponendo una pratica a tutela dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura e per la prima volta dell’operato delle Sezioni Unite della Cassazione", dice il consigliere Mario Fresa. L’Associazione nazionale magistrati chiede rispetto per la sentenza. "La Cassazione è un’istituzione fondamentale del sistema giudiziario italiano cui spetta l’alto compito di garantire l’uniforme applicazione della legge. Le decisioni giudiziarie possono essere oggetto di critica anche aspra ma non scendere al livello dell’insulto o della denigrazione" dichiarano Luca Palamara e Giuseppe Cascini, presidente e segretario dell’Anm.
Ed è ancor più incredibile l’accanimento del fronte politico, clericale e ancor più “scientifico” (le virgolette sono d’obbligo) in quanto prescinde completamente il testo della sentenza della Cassazione, che poggia invece sul “consenso informato”. Il paziente ha diritto di conoscere la sua condizione e di scegliere per la sua vita, dice in sostanza. Ed è noto che Eluana aveva dichiarato di non voler vivere in stato vegetativo. Perciò il rifiuto delle cure "non può essere scambiato per un’ipotesi di eutanasia" (pagina 6 così come riportato da Repubblica.it). Ed una relazione di sicuro valore scientifico chiarisce la condizione fisica e mentale di Eluana (pagina 13).
Il ricorso della procura è quindi stato rigettato dalla Cassazione proprio perché non aveva sollevato la questione sulla "volontà presunta di Eluana", dandola per scontata. La volontà c’era ed è su questo punto che fa leva la sentenza.
Ma è proprio questo il punto inaccettabile per il fronte accusatorio: la libertà della persona. E’ un precedente inammissibile, e non a caso si invoca una legge che restringa questa possibilità imponendo che lo Stato abbia l’ultima parola. E l’opposizione ancora una volta glissa il nodo del problema. Dal vicepresidente del Senato Chiti al capogruppo del Pd alla Camera Soro, così come la Finocchiaro e altri, tutti invocano una legge in parlamento che non lasci alla magistratura una decisione così delicata. La delicatezza in realtà sta proprio nella capacità di formulare leggi per la libertà della persona, pur regolamentandola. Cosa avvenuta solo negli anni ‘70, dalla legge sul divorzio alla 194 sull’interruzione di gravidanza, passando per il nuovo diritto di famiglia. Ma è molto tempo che le leggi sono utilizzate per mortificare la libertà della persona, una per tutti la legge 40 sulla fecondazione assistita. Le leggi sono diventate un compromesso politico fra le parti, e mentre la destra avanza liquidando le procedure parlamentari come pastoie burocratiche al solo fine di imporre una visione culturale medioevale, l’opposizione continua a scambiare la dialettica democratica con il compromesso.