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’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani
Publie le giovedì 11 maggio 2006 par Open-Publishing35 commenti

Come puo’ definirsi il Sessantotto?
ha rappresentato innanzitutto la rottura con l’autoritarismo dei corpi docenti, della famiglia, delle classi dominanti e, soprattutto nel mondo occidentale, anche della struttura gerarchica della Chiesa, incapace di avviare le riforme che il Concilio Vaticano II avrebbe dovuto elaborare. Altresi’ ha fatto registrare l’affermazione di valori quali la comunita’ e la solidarieta’; la riscoperta della natura e dell’ecologia; la condanna, come la definiva Pier Paolo Pasolini, della nuova ideologia ossia del consumismo, in una societa’ prevalentemente neocapitalista.
Alle categorie degli apologeti e dei detrattori, va aggiunta quella dei pentiti che, per i piu’ svariati motivi, hanno disconosciuto o criticato anche impietosamente la battaglia condotta, negli anni giovanili, per modificare la societa’ in cui vivevano. Sul ’’fenomeno’’ del Sessantotto si sono cimentati e confrontati storici, politologi, intellettuali, cineasti, sociologi, artisti, musicisti, psicologi, persino teologi, allo scopo di rispondere concretamente agli interrogativi che soprattutto gli studiosi pongono su questo evento.
Nel film-documentario: ’’Sessantotto. L’utopia della realta’’’, prodotto dall’Istituto Luce, lo sforzo del regista Ferdinando Vicentini Orgnani che si e’ avvalso dei testi del giornalista e saggista Adalberto Baldoni, e’ stato quello di inquadrare il Sessantotto in un contesto globale, rifuggendo da una chiave di lettura ’’provinciale’’, ristretta cioe’ nei confini nazionali in cui si sono verificati gli episodi della contestazione dei giovani. Il film sara’ presentato in anteprima mondiale giovedi’ 11 maggio,alle ore 20.30, alla Casa del Cinema a Villa Borghese. (Adnkronos)
Messaggi
1. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani, 11 maggio 2006, 23:18
Adalberto Baldoni, l’autore dei testi, è un noto fascista, ex discusso impresario musicale negli anni sessanta e settanta e attualmente consigliere comunale a Roma per Alleanza Nazionale.
Tra gli invitati ufficiali al dibattito per la prima del film ci sono vecchi arnesi del terrorismo nero come Stefano Delle Chiaie e Mario Merlino.
Non so nulla del film-documentario, ma quanto detto sopra suscita notevoli perplessità .......
Keoma
1. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani, 12 maggio 2006, 10:07
Ci sono anche le interviste alla destra storica romana: Stefano Delle Chiaie, Guido Paglia, Cesare Mantovani…
Effettivamente questo va puntualizzato ma anche letto nell’insieme.
"SESSANTOTTO. L’UTOPIA DELLA REALTA’"
presentato in anteprima alla Casa del Cinema
L’Istituto Luce presenta, il giorno 11 Maggio alle ore 10:30 alla Casa del Cinema di Roma, il film documentario "Sessantotto. L’Utopia della Realtà" di Ferdinando Vicentini Orgnani che, per la sua realizzazione, si è avvalso dei testi del giornalista Adalberto Baldoni.
L’opera, distribuita in sala a partire dal 12 Maggio e successivamente disponibile in DVD, si prefigge lo scopo di inquadrare il Sessantotto in un contesto globale, rifuggendo una chiave di lettura limitata ai confini nazionali in cui si sono verificati gli episodi di contestazione, mettendo in luce piuttosto - attraverso numerose testimonianze raccolte in due anni di lavoro in Italia e all’estero - le sue caratteristiche di evento storico e culturale unico e irripetibile, come un incendio di vaste proporzioni che si è propagato dagli Stati Uniti all’Europa, dal Sud America al Giappone, coinvolgendo in sostanza ogni parte del mondo.
Presentano l’evento Ferdinando Vicentini Orgnani e Adalberto Baldoni. Hanno, inoltre, assicurato la loro presenza Mario Capanna, Franco Piperno, Guido Paglia e Erri De Luca. Conduce Beppe Attene.
http://www.luce.it/istitutoluce/news/news_68.htm
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1968, l’utopia della realtà
di Stefano Corradino
Il 1968? “Formidabili quegli anni”. Il regista Ferdinando Vicentini Orgnani cita Mario Capanna, leader storico e carismatico del movimento studentesco per parlare del suo nuovo film in uscita venerdi’ nelle sale. Dopo l’importante pellicola su Ilaria Alpi Orgnani presenta “Sessantotto, l’utopia della realta’”, un film documentario su quello che e’ stato considerato l’anno piu’ turbolento nella moderna storia americana (e non solo). Decine di testimonianze dirette, da Capanna a Scalzone, da Sofri a Cacciari a Guccini ma anche agli animatori della destra del Movimento.
Com’è nata l’idea del film?
In seguito ad un incontro con Adalberto Baldoni che stava completando un lavoro di ricerca sul periodo del 68 e Luciano Sovena, amministratore delegato dell’Istituto Luce, è nata l’idea di utilizzare il materiale su Valle Giulia e il ’68 romano. Poi, strada facendo, il progetto si è evoluto. E così mi sono ricordato che avendo abitato tre anni negli States conservavo alcuni contatti che potevano essere molto utili per recuperare la memoria (e raccontarla) sulla stagione della contestazione americana.
Raccontare il ’68, dagli Usa all’Italia, le pulsioni alla base della protesta, i sogni di libertà e di emancipazione… Non è per niente semplice in un unico film…
In realtà questo mio lavoro non ha finalità didascaliche o solo divulgative. E nel film non c’è una rigida cronologia degli eventi. Quello che mi premeva era offrire alcune suggestioni, suscitare delle emozioni, per consentire a chi lo vedrà di entrare nello spirito di quel periodo.
Un film documentario. Diverso come “impianto” cinematografico da “Ilaria Alpi, il più crudele dei giorni” e dai suoi precedenti lavori. Lei “nasce” come regista di fiction…
Mi sono voluto confrontare con due temi diversi ma che mi auguro, come è successo per il film sulla giornalista uccisa a Mogadiscio, suscitino un dibattito, una reazione… In realtà non è neanche un film documentario in senso classico: abbiamo cercato di uscire dai clichè tradizionali, costruendo dialoghi a distanza attraverso alcune testimonianze dirette. Poche voci fuori campo, risposte senza domande… E la volontà di fotografare l’atteggiamento degli intervistati in rapporto alla memoria; quella di chi ha vissuto quelle vicende con distacco e chi ne è rimasto coinvolto fino al midollo…
Mario Capanna, Adriano Sofri, Oreste Scalzone, gli intellettuali Cacciari, De Luca, Castellina e Macaluso… Testimoni d’eccezione!
La scelta è stata attenta e calibrata. Ma la cosa più difficile è stata dover sintetizzare conversazioni interessantissime che in alcuni casi sono durate per delle ore. Ben cinque ore è durata l’intervista a Parigi a Oreste Scalzone. Più di due ore di dialogo con Sofri e Capanna... Un materiale sconfinato!
Un lungo e approfondito confronto con i protagonisti di quella che una volta veniva definita la “sinistra extraparlamentare”…
Non solo. Ci sono anche le interviste alla destra storica romana: Stefano Delle Chiaie, Guido Paglia, Cesare Mantovani…
La teoria che gli opposti estremismi talvolta si incontrano trova riscontro nelle interviste?
A volte sì. Almeno nei principi della ribellione iniziale, quando il progetto era la contestazione del sistema e la sottrazione dei giovani di destra e di sinistra dal controllo dei partiti più radicali dei due schieramenti (Pci e Msi, ndr). Ma tra gli intervistati non ci sono soli politici ed intellettuali. Abbiamo colloquiato a lungo perfino con due suore americane, le madri dell’Adorazione Perpetua, il cui Monastero è situato proprio nel cuore del quartiere hippy di San Francisco!
La musica è centrale nel film. Come lo era nel ‘68. L’onda d’urto della rivolta nelle strade ha investito tutti gli aspetti del vivere quotidiano. Le canzoni in primo luogo, affermano in tanti…
Indubbiamente. Ma anche nella scelta della musica abbiamo cercato di non seguire le strade tradizionali. Non abbiamo scelto di riproporre i brani di Bob Dylan o Joan Baez (in tutta sincerità anche per ragioni di costi legati ai diritti…) Oltre a dei pezzi dei Rolling Stones e Jimy Hendrix ho fatto una scelta molto condizionata dai miei “affetti” musicali principali. E così abbiamo recuperato, ad esempio due brani di Claudio Lolli (“Primo maggio di Festa” e “Ho visto anche degli zingari felici”) e uno di Guccini: Eskimo…
Uno dei capitoli del film è dedicato a Franco Basaglia ed è quello che dà il titolo alla pellicola? Perché questa scelta?
Perché aver spazzato via i manicomi-lager è stata una vera e propria rivoluzione. Tra l’altro Basaglia era mio cugino… E’ un omaggio tardivo a quello che considero un personaggio di grande livello, di spiccata sensibilità umana, civile e politica.
Nel film si vuole suggerire una tesi?
No, è un viaggio “personale” nella memoria, nell’intento di offrire uno strumento utile per chi ha vissuto il ‘68 e per le nuove generazioni, che hanno sentito parlare di questo periodo “mitico” ma magari ne ignorano molti aspetti salienti.
C’è che dice che il ’68 sia stato inutile e che il terrorismo di oggi è figlio di quegli anni.
Non lo penso affatto. Ritengo al contrario che le trasformazioni che ha introdotto nelle società a venire siano state straordinarie, e non c’è stato mai nella storia degli ultimi quarant’anni un movimento che ha lasciato un segno così profondo. Concordo pertanto con Mario Capanna, con il quale sono diventato grande amico dopo questa esperienza, e con la sua citazione “Formidabili quegli anni…”
http://www.articolo21.info/notizia.php?id=3561
2. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani, 12 maggio 2006, 11:12
Passi il fatto di intervistare, in una rievocazione del 68 mi sembra di capire soprattutto romano, anche gli esponenti della destra universitaria romana di allora.
Anche se un personaggio come Stefano Delle Chiaie era già allora assai grandicello e quindi non certo uno studente universitario, oltre ad essere universalmente considerato - negli stessi ambienti di destra - come uno dei principali agenti dei servizi segreti e della successiva strategia della tensione che era gia’ allora in pieno corso e che culminerà l’anno successivo con la strage di Piazza Fontana.
Strategia della tensione che rappresenta proprio la reazione feroce del potere alla spinta al rinnovamento delle lotte del 1968 studentesco e del successivo 1969 operaio.
Passi pure la storiella della partecipazione di alcuni fascisti agli scontri "mitici" di Valle Giulia ; fatto sicuramente vero, furono addirittura loro a provocarli aggredendo un drappello della celere, anche se il loro essere sul posto è sempre stato considerato appunto a scopo di "provocazione" e non certo di condivisione di quel momento di protesta.
Ma che i testi di un film/documentario sul 1968 siano stati affidati ad un fascista cone Adalberto Baldoni, che all’epoca faceva l’impresario, alquanto "rapace" e carogna a sentire alcune testimonianze, dei complessini beat della capitale ( in un ruolo, quindi, non solo ideologicamente ma anche nei comportamenti pratici, lontano assai dallo spirito " comunitario" del 1968) e che tuttora è un autorevole rappresentante romano di Alleanza Nazionale mi sembra confermare tutte le già esternate perplessità ......
Keoma
2. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani, 12 maggio 2006, 12:39
Nel film-documentario: ’’Sessantotto. L’utopia della realta’’’, prodotto dall’Istituto Luce, lo sforzo del regista Ferdinando Vicentini Orgnani che si e’ avvalso dei testi del giornalista e saggista Adalberto Baldoni, e’ stato quello di inquadrare il Sessantotto in un contesto globale, rifuggendo da una chiave di lettura ’’provinciale’’, ristretta cioe’ nei confini nazionali in cui si sono verificati gli episodi della contestazione dei giovani....
Se ho ben capito si era partiti da certe credenziali "globali" e non provinciali...Keoma sottolinea contesti "molto" nostrani...
Perchè questa smania tutta italiana di globalismi, quando ancora nel cinema sopratutto non si è mai aperto un vero dibattito su quel ’68 italiano, preannunciato da quello francese, come in questo maggio...
Quanto vogliamo conoscere della nostra realtà, del cammino fatto, di quello che si potrebbe fare?
Spero tanto di poterlo vedere comunque e che circoli questa pellicola-documentario, senza paura di provincialismi.
Agire localmente, pensare globalmente è rimasto uno slogan in soffitta, come la fantasia al potere?
Ecce bombo, la meglio gioventù non possono bastare, ben venga se qualcuno ha fatto un puzzle di pregio.
Spero solo che sia lecito smontarlo e rimontarlo insieme.
Doriana
1. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani, 12 maggio 2006, 13:17
E’ persino ovvio, cara Doriana, che anche io non vedo l’ora di vedere il documentario in questione.
E sono profondamente convinto del fatto che, almeno nei preziosi filmati, ne varrà sicuramente la pena e che, sempre nei filmati, ci sarà senz’altro il senso "globale" di quel mitico 1968 che riguardo’ non solo Italia, Francia e United States, ma gran parte del mondo compresi alcuni paesi cosiddetti "comunisti" di allora ( la primavera di Praga, la Jugoslavia, la Polonia, persino la Cina).
Rimane il fatto che ho letto ieri sul "Manifesto" l’elenco dei realatori ufficiali al convegno che seguirà la prima del film.
E, con l’eccezione del poeta americano della "beat generation" Lawrence Ferlinghetti, tutti gli altri, credo anche per ovvii motivi pratici, sono personaggi - di sinistra e di destra - del 1968 romano e, in misura minore, di quello milanese (Capanna) e, immagino solo in teleconferenza, di quello pisano (Sofri).
Per cui, fatalmente, l’ aspetto "nostrano" - comunque quasi mai seriamente indagato - sarà preponderante all’ interno della operazione mediatica che gira intorno all’uscita del film.
Quanto poi al ruolo di un personaggio come Baldoni, tu affideresti tra qualche decennio i testi di un documentario su Genova 2001 o sul movimento no-war degli scorsi anni, chesso’ ad una Alessandra Mussolini o addirittura ad uno Stefano Ricucci ?
Perchè, fatte le debite differenze temporali e sociali, Baldoni era all’epoca - da quanto raccontano molti artisti provenienti dalla scena musicale romana (beat e ye-ye) di quegli anni alla quale sono, come sai, particolarmente legato - una specie di Ricucci in sedicesimo.
E perchè era ed è tuttora un fascista dichiarato e assolutamente "non pentito".
Keoma
2. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani, 12 maggio 2006, 13:33
Non può mancare, per una analisi del ’68 non inquinata da riletture comunitariste o altre, l’ottimo:
Trent’anni di oblio (Italia, 1968/1998)
di Silvano Agosti
genere Documentario
Agosti, con la collaborazione di Giuliana Zamariola e Alessandro Carpentieri, ha raccolto nel corso del 1968 una serie di filmati relativi alle manifestazioni operaie e studentesche in giro per l’Italia. Tutto il materiale è confluito in questo collage-fiume di quattro ore. Con alcuni brani musicali di Nicola Piovani e un’intervista all’editore Giulio Einaudi. Il cinema-verità di Agosti si affida totalmente al potere della immagini e alla memoria storica.
Credo sia passato in brevi flash quotidiani di 15 minuti su rai3 che l’ha smaltito in un anno circa.
Ho avuto la fortuna di vederlo nella versione integrale all’Azzurro Scipioni.
La versione in dvd è attualmente fuori catalogo.
Spero in una ristampa in tempi brevi.
Oppure la trasmissione sul ghezziano ed esaustivo Fuori Orario.
Sollecitare la ri-messa in onda (nella versione da 240 min.), con una email, sarebbe cosa buona e giusta.
A questi indirizzi: http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/biografi/g/ghezzi.htm
http://www.raitre.rai.it/HPRaiTre
Edoneo
3. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani, 12 maggio 2006, 14:09
No non affiderei, non avrei affidato, ma evidentemente qualcuno ha ben pensato-cucito-montato-invitato. Per questo spero, che in tempi in cui il dissenso- la critica sembra così diventata difficile,potremo discutere di quanto è stato fatto in questo film, di cui noi quelli degli anni’50 poco più poco meno, siamo stati protagonisti, perchè li abbiamo vissuti in maniera diversa, ma tutti credo con passione, che oggi sembra diventata amarezza impaludata e frustrazione.Dove eravamo nel ’68 e dove stiamo andando oggi?
Ciao, Keoma!
Doriana
4. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani, 12 maggio 2006, 14:36
Curoso che proprio a firma "Edoneo", cioè la stessa che ha magnificato il film/documentario sul 68 nell’articolo iniziale, arrivi poi il termine politicamente giusto e corretto che sospetto essere alla base dello stesso film e che io non avevo osato, per non passare da retrò o da antifascista impenitente, citare.
Mi riferisco al termine "comunitarista" con cui si intende quella corrente di pensiero del neorevisionismo che tenta - pur senza arrivare alla rivalutazione del ventennio, alla negazione della Shoa o alla demagogia strappalacrime sui "cuori neri" - di banalizzare fascismo e nazismo e tutto quello che gli gira intorno.
E che di affermazioni da bar tipo "A Valle Giulia c’eravamo tutti" oppure "Eravamo uniti come generazione, poi la sporca politica ci ha divisi" o peggio ancora "Tutti uniti contro gli odiati yankees che prima di bombardare Vietnam e Irak avevano bombardato S. Lorenzo e Montecassino" si nutre da svariati anni con lo stesso obiettivo dei neorevisionisti più beceri e diretti.
E di cui il fascista Adalberto Baldoni, al pari di personaggi provenienti da sinistra come Sandro Provvisionato e Costanzo Preve, è da tempo uno dei massimi teorici e "saggisti".
Keoma
5. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani, 12 maggio 2006, 15:15
Keoma, non ho magnificato proprio nulla, ma ho bensì informato con un dispaccio dell’Adnkronos, per brevità.
Certo avrei preferito poter vedere "Trent’anni di oblio" di Agosti.
Con una certa capacità e volontà di filtrare i messaggi si può vedere anche ’Sessantotto, l’utopia della realta’.
Questo passa il convento...per ora...Poi lo smonteremo e rimonteremo insieme come propone Doriana.
Non avendolo ancora visto non posso definirlo decisamente comunitarista.
Ho scritto: >per una analisi del ’68 non inquinata da riletture comunitariste o altre<
Edoneo
6. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani, 12 maggio 2006, 16:10
E infatti troppe volte "Edoneo" inteso sia come singolo che come sito web tende, a mio giudizio, a riciclare dappertutto in modo "acritico" messaggi e dispacci altrui.
Cosa che può facilmente portare a "incidenti" più o meno antipatici, come credo sia questo il caso.
Non ho dubbi sul fatto che "con una certa capacità e volontà di filtrare i messaggi si può vedere anche ’Sessantotto, l’utopia della realta’".
Ma questo vale per te, per me, per Doriana ma non certo per i giovinetti che cercheranno in quel film/documentario di capire qualcosa di quel pezzo di storia patria e internazionale e che dubito siano oggettivamente in grado, non certo per loro colpa, di "filtrare" alcunchè.
Poi è altrettanto ovvio che stiamo parlando di qualcosa che nessuno di noi ha ancora visto.
Però, se il buongiorno si vede dal mattino e dall’autore dei testi ................qualche dubbio mi pare più che legittimo ..........
Ciao a tutti, Keoma.
7. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 13 maggio 2006, 08:34
"Domenica 21 maggio a Rovereto vorebbero svolgere una manifestazione i reduci della repubblica di Salò. Sono previsti centinaia di fasci da tutta italia...
Faremo di tutto per impedire il sereno svolgimento di questa schifezza.
Ulteriori info le pubblicheremo domani."
Quanto sopra
per puntualizzre che nessun "ammischiamento" ci può essere, e che ripetute sono le operazioni di "ammischiamento" in questi ultimi anni.
Resta il fatto che chi si prestasta ad
ammischiamenti" in questa fase, dove i fasci continuano ad accoltellare e a scorazzare , e dove i compagni sono tenuti in galera per antifascismo è OGGETTIVAMENTE connivente col nemico.
Ora la democraticissima Doriana
e altri "sinistri" come lei potranno pure concepire che la storia può essere scritta
a due mani da parti contrapposte;-))));
Del resto questo sdoganamente è avvenuto in primisi da sinistri come Violante proprio sui repubblichini di Salò,
ma la realtà di CLASSE
è un’altra: la storia non è neutrale, la storia è DI PARTE, E’ PARTIGIANA, la storia scritta dai padroni e dai suoi scherani non coincide con quella scritta dagli antifascisti.
E sarebbe pure il caso che Dorina si guardasse le sue contraddizioni visto che ha publicizzato tanto il libro bianco sul fascismo fatto a Viterbo.
vittoria oliva
8. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 13 maggio 2006, 18:03
’68, siamo ancora agli opposti estremismi ......
Silvana Silvestri da "Il Manifesto" 12.5.06
L’onda lunga del dominio di destra ha reso possibile realizzare questo documentario, da oggi al Nuovo Olimpia di Roma, poi altrove, pensato per la distribuzione in dvd: Sessantotto, l’utopia della realtà di Ferdinando Vicentini Orgnani, testi di Adalberto Baldoni (dirigente romano di Alleanza Nazionale).
Non porti fuori strada il sottotitolo ispirato a Basaglia, una delle poche vittorie dell’epoca, anche se ricca d’energie e fucina di trasformazione.
Abbiamo di fronte un film che seriamente pensa di poter parlare del ’68 mettendo in scena come nelle «par condicio» tv i fascisti da una parte e i leader del Movimento dall’altra.
Tanto abbondante è stato lo spazio dato ai primi (Merlino, Delle Chaie, Caradonna) che il sopito ruolo di servizio d’ordine ha un sobbalzo.
Il nuovo status di critico vede chiaramente come sacrilego accostare nel montaggio a quelle figure Scalzone, Piperno e Sofri.
Dopo 20’ minuti di hippies, artisti, beat generation, City Lights, Malina Pivano e Hirschman, il «poeta comunista», pensiamo che il film del ’68 è stato fatto già da Silvano Agosti: Trent’anni di oblio spiega perfettamente perché si è voluto tenere nel silenzio un’epoca che non è ancora finita (noi lo dimostriamo) così come i movimenti no global, non pilotabili dai partiti.
Il ’68 può essere solo un documentario dichiaratamente antifascista, di parte, come minimo comunista.
Quello che pensano gli altri lo abbiamo sperimentato in famiglia, nelle piazze, nelle scuole, nelle carceri, volando dai commissariati.
E i giovani che vogliono sapere non saranno così ingenui da credere veramente, come suggerisce questo doc, che gli estremisti di destra e di sinistra procedevano di pari passo nello smantellamento del sistema.
Questo poteva temerlo Pasolini, che ne scrisse a lungo fino a Petrolio (studenti di destra e di sinistra sono la stessa faccia di un giano bifronte), e che, con Moravia (al coro di oh oh oh oh, Corriere della Sera), allontanavamo dalle nostre assemblee.
L’abile fiuto ritmico del regista, che aveva 5 anni nel ’68, e che, vittima dell’etica edonista, ha potuto girare più di 500 ore di interviste, e spaziare dal maggio francese alla scuola di Francoforte, da Praga al Vietnam, così giunge, nel momento clou, addirittura a Plebe e Merlino.
E in sala, nella discussione, a parte una battuta da «reality show» (dell’ allora neonazista Paglia, poi arrivato alla dirigenza Rai passando per la corte di Stefano Cragnotti) quando si ricorda l’omicidio di Paolo Rossi, il resto è estremamente educato, come tra chi è abituato a mantenere contatti parlamentari o tv, e non più al silenzio del carcere o alla morte che fu il destino di troppi.
Mario Capanna avanza critiche, ha da ridire sul fatto che fascisti e movimento iniziassero insieme le occupazioni facendo nascere «gli opposti estremismi», che il doc guarda troppo al Nord e dimentica terzo mondo e classe operaia, trova una sciocchezza sottolineare la violenza del movimento, pacifico finché i «fascisti non attaccarono sistematicamente l’università».
Boato sottolinea che nella Trento cattolica più che comunisti si era contro la chiesa di classe e ricorda l’attenzione vera di Aldo Moro per quelle lotte.
Forse fa bene Erri De Luca che si descrive "militante a oltranza" ad essere lapidario: «Sono a favore della moltiplicazione delle testimonianze. Quello che manca nel doc è che quella generazione fu più imprigionata che durante il fascismo».
"Nel ’69 ci siamo accorti che la democrazia ci attaccava".
"Con le bombe di piazza Fontana" dice in un’intervista, e il vero fuoricampo sono i tanti misteri del potere non solo italiano che spezzarono un movimento di persone magnifiche e generose.
9. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 13 maggio 2006, 19:28
rispostina al manifesto
Vogliamo fare un pò di chiarezza su questo 68?
senza cascare nella mitologia del 68, possibilmente.
Perchè qui pare che la storia sia incominciata nel 68.
Tanto per rimanere negli anni sessanta c’era stato pure il luglio sessanta, per esempio.
Per dirla con ottica marxiana il 68 è stato un movimento
di rivolta, non esclusivamente giovanile, tra l’altro, che rispondeva da una esigenza di mutazione di costume, di morale, di cultura che aveva la sua radice in una trasformazione economica che stava avvendendo in quegli anni.
Si era appena usciti dalla recessione post bellica, le masse operaie si erano mosse verso le fabbriche del Nord, i figli degli excontadini diventati operai avevano accesso alle scuole superiori.
Tutto questo dinamismo rendeva ristretto un tipo di mentalità da parocchia di campagna, e qui si capisce pure il sospetto di Pasolini verso questo movimento visto che lui aveva una mentalità campestre alla Pascoli, senza contare che non nascondeva la sua nostalgia per un mondo regolato da "l’usignolo della chiesa cattolica".
Quindi, per me Pasolini aveva ragione nel dire che il movimento era in finale un movimento di borghesi, era una provocazione che aveva un fondo di verità che stava nei fatti.
Del resto abbiamo visto come e dove sono finiti tanti leaders del 68.
Ciò non toglie che proletari e figli dei proletari hanno partecipato a questo movimento e lo hanno reso completo nella sua valenza rivoluzionaria col 69 e con tutte le lotte degli anni settanta.
Ora perchè tutti parlate del 68 quando lo avete rinnegato?
o qualcuno non l’ha conosciuto nè tanto meno vissuto?
Qual’è stata la valenza vera del 68?
quella che si dice nella canzone di Valle Giulia
"non siam scappati più"
o nella canzone
la violenza
"ed ho visto gli autoblindo rovesciato e poi bruciati"
perchè cazzo continuate a parlare di 68 se ora vi scandalizzate e gridate a provocatori ed infiltrati per una vetrina di una banca spaccata?
se ve ne state con le mani alzate a piglià mazzate dagli sbirri?
Il 68 dei proletari non ha nulla a che vedere con chi ha rinnegato la violenza proletaria dalla storia e dalla pratica politica.
Figuriamoci quanto a che a vedere coi fasci!!!
il 68 loro non era un movimento di rottura ma un movimento di continuità, loro assolvevano
sempre il loro ruolo, da Portella della Ginestra,
alle Rivolte di Reggio, in combutta con chi stava
al potere.
Facevano e fanno i killer del Potere.
Quindi l’operazione di questo documentario è solo una porcata e un insulto per tuti i compagni che sono
morti in quegli anni, accoppati da fascisti e da polizia.
E uno sfregio per chi ancora va in galera per antifascismo.
Tra l’altro non è frutto dell’onda lunga della destra, ma dell’onda dei sinistri che hanno portato Napolitano
alla carica di presidente della repubblica, non pigliamoci in giro lo sdoganamento degli ex pcisti servirà un domani, magari ad avere Fini presidente della repubblica, o con qualche altro incarico istituzionale insieme ai sinistri.
Questo è il vero senso delle numerose operazioni di revisionismo, di "scordamoce o passato" di "vogliamo aver la verità tutta intera,da tutte le parti", "siamo tutti (o tuti) italiani".
vittoria Oliva
l’avamposto degli incompatibili
.
10. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 13 maggio 2006, 23:33
Vitto’, d’accordo su tutto ( o quasi) ma che senso c’ ha rispondere al "Manifesto" ?
Che tra l’altro sta cosa la Silvestri, critica cinematografica dello stesso "Manifesto", non la leggerà mai.
Per il semplice motivo che sta cosa dal "Manifesto" l’ho postata io.
E non perchè la condividessi - a parte l’affermazione finale di Erri De Luca e poco più - ma solo per dimostrare a Edoneo o chi per lui che non eravamo solo io e te ad esserci accorti che dietro l’operazione mediatica del film-documentario ci stava l’ennesima provocazione "comunitarista".
E che sto documentario e l’operazione che ci sta dietro è una porcata alla faccia di chi è morto, di chi sta sulla sedia a rotelle, di chi si è fatto la galera ecc.ecc. lo dice con chiarezza estrema persino "Il Manifesto".
Per cui che senso c’ha sta polemica se non quella di fare sempre "piu’ uno" ?
Qui si sta discutendo dell’ operazione fascistoide e neorevisionista che c’è dietro questa operazione mediatica, mica dei massimi sistemi o dei destini del mondo.
Una volta tanto che anche chi è lontano da noi, come sicuramente "Il Manifesto", su qualcosa ci da ragione non mi sembra il caso di buttargli tanta merda addosso.
Perlomeno non in questa discussione che non è certo incentrata sulle posizioni politiche del "Manifesto".
Lo stesso discorso vale per l’amica comune Doriana.
E’ evidente dai suoi interventi che non aveva capito o aveva capito male il senso della questione.
E che, persasi un pò dietro la retorica del messaggio iniziale sulla "globalità" del 1968 - che è comunque il vero elemento di novità del movimento di quell’anno, il luglio 1960 fu invece una cosa solo italiana - aveva preso le mie critiche come un fatto più "provinciale" che politico.
E su questo sicuramente si era sbagliata di grosso.
Ma da questo a mettere in discussione la coerenza antifascista di Doriana, se permetti, ce ne corre parecchio.
Tra l’altro Doriana ha una storia sicuramente diversa da noi ma è stata anche una dei pochissimi che qua sopra ed in altre sedi ha difeso senza se e senza ma i compagni dell’ 11 marzo a Milano .....
A volte si puo’ sbagliare, fa parte delle debolezze umane, ma non è nemmeno detto che bisogna passare ogni giorno l’ esame di stato del buon rivoluzionario da qualcun altro.
E poi, chi può ergersi in questo ad "esaminatore" ?
Qualche volta, cara Vittoria, contare fino a dieci prima di avventarsi sulla tastiera non sarebbe male.
Con affetto,
Dario/Keoma
11. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 14 maggio 2006, 00:43
Credo veramente che a volte le parole non bastano mai. Avevo riportato nel primo commento l’introduzione al film di Edoneo, NON SONO PAROLE MIE.Quello che mi aveva colpito era il voler dare un senso globale al documentario-film, con la paura di provincializzare una storia italiana del ’68. Ho trovato lì l’ambiguità. Ho vissuto in maniera diversa da Keoma o Vittoria o Edoneo o Vattelapesca il ’68, come decine di migliaia che manifestavano, andavano appresso alle prime formazioni della sinistra extraparlamentare, ascoltavano i Rolling Hendrix Mina Equipe 84 Coltrane e magari anche Sanremo e Celentano leggevano il Manifesto raramente Lotta Continua compravano i libri da Feltrinelli si mangiavano i filetti al ghetto e l’arrabbiata da qualche zozzone di Trastavere e ci si vestiva a Via Sannio e si ascoltava Jazz al music Inn e si facevano i cento lavoretti per fare tutte queste cose sopra dette il sabato e se avevi una vespa eri un re e se stavi con uno che suonava in un complesso ti sentivi una regina e si prendeva in dieci una casa per fare l’amore e le spaghettate e magari andavi anche a messa la domenica BENE MALE il 68 non è stato raccontato al cinema, non è stato digerito è diventato in trasvolata il 77 e le brigate rosse. Io non ci penso, non sono una regista o un’artista e comunque nel 68 anche se studiavo lavoravo già per pagarmi gli sfizi di cui sopra, i dischi i libri le sigarette i vestiti la musica il cinema...che passioneFarnese NuovaOlimpia Rialto erano dei zozzissimi meravigliosi luoghi d’essai. Poi nel ’73 entrai in banca per fare soldi e non feci la giornalista al Paese Sera in cronaca a gratis, andò così...non lo ero ieri e non lo sarò mai. Ma da un po’ voglio scrivere dire la mia. Allora, come adesso sto facendo, dico che ringrazio per la "democraticissima" che se anche è ironico, significa che tendo al governo del popolo. Quale popolo? Quello che difende la sua piccola media grande proprietà? Quello che reclama i suoi diritti, quello che si fa spezzare le reni, quello che le spezza agli altri...???comunque siccome NESSUNO può ritenere che mi entri in tasca qualcosa, bensì me ne esce, dal mio incaponimentosocialpoliticosentimentale, siccome non conosco nomifattiantefatti di quegli anni, ritengo che ben vengano i documenti preziosi di Vittoria, i ricordi circostanziati di Dario-Keoma, e finanche le produzioni bencostruite del ’68, se questo può aiutare la comunicazione, l’informazione, la discussione, la decostruzione e la ricostruzione, ecco il puzzle, i cui pezzi non conosco se non toccati con mano, perchè anch’io ho vissuto e non me lo hanno raccontato il ’68...Avevo 18 anni...
Per quanto riguarda il "Libro Bianco sull’operato e sulla violenza Neofascista nella città di Viterbo" a cura del Coordinamento Antifascista della Tuscia da me pubblicizzato alla pari dell’appuntamento di Dorigo in una libreria di Viterbo che non ricordo, a distanza di meno di una settimana, beh , dico che me ne vanto di aver nel mio piccolo fatto circolare le informazioni ed "esserci stata" ad entrambi gli appuntamenti ed aver visto giovanissimi ad entrambi gli appuntamenti e aver tentato di capire, di non ghettizzare i tentativi vissuti in maniera diversa e da persone diverse per età ed esperienze può solamente far del bene e non del male. Conoscere e capire non è facile, ascoltare realmente è ancora più difficile. Per la cronaca, il libro bianco non porta la casa editrice Stampa alternativa, che non ha all’ultimo messo il suo marchio. Si è presa questa briga solo l’Anpi. Costa 3 euro ed inizia con le ormai note parole di Gramsci:
VIVO, SONO PARTIGIANO. PERCIO’ ODIO CHI NON PARTEGGIA,ODIO GLI INDIFFERENTI
Proprio come te Vittoria, che ami essere da una parte. E credimi, tutto puoi dirmi tranne che io sia un’indifferente.
Doriana
12. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 14 maggio 2006, 08:33
Su questo film revisionista (a quanto pare il revisionismo non si è fermato ad Aushwitz) e sulle recensioni varie, compresa quella del Manifesto, ci sarebbe molto da dire. Non tanto sul "film" in questione, quanto proprio sulle recensioni, visto che sul film in questione non ci sarebbe tanto da discutere, quanto di non farlo circolare. In quegli anni non staremmo discutendo se andarlo o no a vedere, ma quali modalità usare per bloccare la prima (ma anche la seconda, la terza e così via). Perchè il film, e lo facevi notare anche tu, non è un tentativo di discutere del ’68, ma un tentativo di archiviarlo come un moto spontaneo bipartizan per cambiare il sistema. E come sappiamo nel ’68, perlomeno in Italia, ma anche in altri stati europei, di bipartizan c’era ben poco. Chi quegli anni li ha vissuti i fascisti non li ha visti al proprio fianco (a parte qualche tentativo più o meno riuscito di infiltrazione), ma di fronte, compattamente schierati contro il movimento e a difesa di quel sistema. Ne sa qualcosa Oreste Scalzone, che proprio da quelle merde si ritrovò un pezzo di arredamento (bello pesante) lanciato dai piani alti di giurisprudenza a Roma, e ne sanno qualcosa nel loro più piccolo tutti quelli che le merde se le sono ritrovate sul loro cammino. E adesso arriva questo Baldoni (col contorno del regista di turno) a riciclare come un antisistema quei Merlino e Delle Chiaie, che in quegli anni furono fra i più attivi come cani da guardia del Sistema.
Ma d’altronde queste merde di comunitaristi hanno sempre tentato questi ammischiamenti, anzi continuano a farlo tuttora, con i Preve, La Grassa e campisti-comunitaristi di oggi.
Non è quindi questo che sorprende e fa incazzare, quanto quel democraticissimo "andiamo a vederlo, poi scomponiamo e ricomponiamo". Intanto fa incazzare il fatto che dei compagni avallino il tentativo del Potere di storicizzare quegli anni: sappiamo tutti benissimo che quando si storicizza qualcosa la si imbalsama e gli si toglie tutto ciò che di quegli anni, di quelle pulsioni, di quei valori è ancora attuale oggi, pur con le differenze di fase, con i diversi rapporti di forza e quant’altro. Storicizzare per molti versi significa santificare, e, come dice un vecchio proverbio "fatta la festa, gabbato il santo" ed è logico che il Potere e i suoi schierani (e non si può dire che Baldoni non lo sia) cerchino di imbalsamare quegli anni, togliendogli quella carica rivoluzionaria, che trasformò il ’68 in ’69 e tutto quello che venne dopo.
Insomma come è stato fatto con la Resistenza equiparando i Partigiani alle merde di Salò per arrivare all’italianità del fenomeno Resistenza adesso si equiparano il movimento del ’68 a quelli che questo movimento combatterono con coltelli, pistole, fino ad arrivare alle bombe dei servizi con i quali molti di quei topi di fogna erano collegati, Delle Chiaie e Merlino in testa.
E noi vogliamo vederlo per conoscere quegli anni? Ma siamo pazzi? Da quando esiste la Verità con la V maiuscola? Per quello che ne so io esiste una mia verità e una verità di Delle Chiaie: e con quel tipo di verità l’unico confronto che conosco è quello antidemocratico militante.
Ma la cosa ancora più grave è che sdoganando questi tentativi revisionisti si avallano gli ammischiamenti di oggi, che peraltro non sono neanche più tanto rari.
Ora sappiamo che molti compagni che oggi sono presenti nelle lotte sono molto giovani, che di quegli anni sanno poco, e che ancora meno sanno delle tragedie causate dagli ammischiamenti sponsorizzati dai servizi: se non facciamo chiarezza su queste cose come ci rapporteremo ad altre eventuali tragedie causate dagli ammischiamenti di oggi? Ed allora, come si vede, sono incazzato! sono incazzato perchè si vuole discutere di alcune cose in modo disincantato, quasi neutrale, quando si sa benissimo che se si vuole discutere su qualcosa bisogna conoscerne l’anima. E l’anima del ’68 non era quella del "sediamoci e discutiamo", ma era un’anima di contrapposizione e di lotta talmente appassionata da portare a volte a degli errori tattici, ma che sicuramente aveva portato molti giovani e non solo a mettersi completamente in discussione, ma soprattutto a mettersi in gioco completamente, con tutto ciò che questo significava e significa.
Io non andrò quindi a vedere il film, a meno che non si verificasse la possibilità di "bloccare" l’uscita del film; gli altri facciano quello che credono, ma spero si rendano conto delle conseguenze politiche della loro scelta, anche se ci spero poco, visto che quest’atteggiamento da "sediamoci e discutiamo" ha preso il sopravvento in molti settori del "movimento", che poi sono costretti a piangere e a presentare libri bianchi che invitano le questure a liberarli dai fascisti, che invece di "sedersi a discutere" hanno ben poca voglia.
huambo
13. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 14 maggio 2006, 08:47
veramente Doriana
nel sessantotto lavoravo pure io
stavo già a lavorare in ferrovia.
e avevo pure le figlie.
Infatti ni pare di aver detto
che non si trattava di un movimento
giovanilistico, soltanto, come si usa dire.
Tant’è che poi è seguito il 69.
Dico questo perchè non vorrei
che passasse la solita storia
che i rivoluzionari di solito
sono fannulloni;-)
Del resto non abbiamo nulla
di che vantarci sul fatto che lavoravamo;
prima perchè allora il lavoro si trovava
non si era precari a vita come ora;
poi, per me, è più im portante la critica e il rifiuto
del lavoro salariato che lavorare!
vittoria
14. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 14 maggio 2006, 13:09
Sulla teoria del non lavoro, ti invito se non lo conosci a visitare Kurtz e la sua Critica del non lavoro. La consapevolezza di quanto si andava facendo a vent’anni era relativa, la consapevolezza di chi apparteneva alla classe operaia era ben diversa...L’omologazione alla precarietà attuale è ancora prerogativa di pochi...
ti dico francamente, aldilà delle magnificate presentazioni e composizioni del cast, dei testi dei documenti, che a me non piace per niente questo "bloccare" film-libri-cultura, arrogarsi il diritto di impedire una espressione artistica...e ritenere che, in base alla matrice revisionista, inciuciante o alterarata dei fatti, "gli altri" sono così sprovvisti ed ignoranti e pericolosi nella loro ignoranza che non devono vedere. Nei fatti tutti negli ultimi trent’anni si sono rimbecilliti di fronte ad una bieca operazione mediatica culturale...questo non toglie che mi senta garantista al punto di vedere, senza smaniare e non so quando..., il film in questione.
Questo non vuol dire che se avessi saputo e potuto andare in tempo quando sono stati permessi sit-in o marcette di gruppi neonazisti avrei fatto il possibile per bloccarli, ricorrendo pensa anche all’amministrazione con proteste fortissime. Il punto cara Vittoria è che ne parliamo tra noi e come nel giorno della presentazione del libro bianco, una giovane signora di Viterbo di centrosinistra presumo, rimase allibita apprendendo di Vertice primo e consimili nella sua città che riteneva indenne da gruppi di questa natura e da operazioni di inguacchio politico. Ribadisco che dovresti conoscere meglio la storia del coordinamento antifascista viterbese. O forse è meglio censurare anche quello, perchè espressione, a tuo giudizio e di Huambo, di una pericolosa mediocrità giovanilistica sinistrese?
Doriana
15. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 14 maggio 2006, 13:21
Io nel marzo 1968 di anni ne avevo solo 14, facevo ancora la terza media, anche se ricordo di aver partecipato anche io ad un sciopero studentesco contro i tripli turni.
Ma ero invece legatissimo, per questioni di amicizie e parentele, alla scena dei complessi beat e yeye della capitale, strimpellavo la pianola e in un box sotto casa mia provavano alcuni gruppi tra i quali “Il Banco del Mutuo Soccorso” che poi diverrà famoso.
E’ in questa veste che conobbi Adalberto Baldoni, il cui ruolo di “pescecane” e “sola” in quell’ambiente era più noto ed odioso del suo pur dichiarato e conclamato essere fascista.
Quando vidi sul “Messaggero” le foto di Valle Giulia ( e alcuni dei musicisti che frequentavo vi avevano partecipato) fu istintivo per me simpatizzare per i “capelloni” contro i poliziotti, era uno scontato “senso di appartenenza” che scattava immediatamente, ma il “comunismo” francamente ancora non c’era.
C’era in compenso un antiautoritarismo radicale ed un altrettanto radicale e prepolitico antifascismo, identificando immediatamente il fascismo col tradizionalismo nei costumi, coi capelli corti, con le logiche militari e patriottarde, con la tradizione cattolica baciapile e perbenista e con la stessa sbirraglia di Valle Giulia che non nascondeva certo le proprie simpatie mussoliniane.
Del resto i nazi di Delle Chiaie erano quelli che avevano aggredito, per altro prendendole, i capelloni che si radunavano sulla scalinata di Piazza di Spagna ed erano quelli che in una aggressione analoga contro i capelloni ebrei e non, che come ricorda Doriana si radunavano al ghetto, si erano capati le mazzate della comunità ebraica, oltre che dei capelloni stessi.
E, se avevano tentato nei primi mesi del 68 la tattica provocatoria e paracula della “unità generazionale contro il sistema” ( facendosi crescere anche loro le barbe e più raramente i capelli) ci avevano poi pensato le squadracce dell’ancora piu’ tradizionalista Caradonna che assalirono l’ Università e ferirono gravemente Scalzone a ripristinare subito i termini naturali della questione.
Come dicevo, il “comunismo”, la “coscienza di classe” vera e propria ancora non c’era e, per quanto mi riguarda, arriverà propriamente solo nel 1972 con l’inizio dell’ intervento politico nel mio quartiere, Primavalle, nella sede di Lotta Continua.
Anche se si trattera’ sempre ( ancora oggi) di un “comunismo” che riflettera’ quella iniziale impostazione antiautoritaria , beat, libertaria ed anarchica, rockettara e un po’ “coatta”, e quindi sostanzialmente estraneo alla tradizione comunista ortodossa - a sua volta spesso “clericale”, bigotta e perbenista - del Pci ed anche dei gruppi rivoluzionari marxisti- leninisti ( e quindi anche delle future B.R. che di quella tradizione erano innegabilmente eredi dirette).
Credo che sia stato questo mio tipo di approccio originario, largamente presente nel 1968 ma ancora di più nel 1977 romano e bolognese, a “salvarmi” anni dopo da tentazioni lottarmatiste clandestine che, come non ho mai nascosto, mi passarono molto vicine.
Ed è sempre questo mio approccio originario, unito ad alcuni decenni di esperienza “sindacale” tra la gente comune “in carne ed ossa” ( anche se, sia sui posti di lavoro che in quartiere, sempre su posizioni antagoniste e non “concertative”), che se da un lato mi rende profondamente radicale ed “estremista” sui contenuti materiali delle lotte e nella “pratica dell’obiettivo” tipica della tradizione anarcosindacalista, dall’altro mi rende invece assai tollerante e disposto a tenere conto delle posizioni di altri compagne/compagni diversi da me, con storie meno dirompenti ed “estreme” della mia, come ad esempio Doriana.
Naturalmente questa mia naturale tolleranza libertaria non si allarga ai fascisti e a qualunque ipotesi, come dice Huambo, di “ammischiamento” e sdoganamento alla Violante, ritenendo senza dubbio alcuno che con costoro l’unico dialogo possibile può essere “a mazzate”, culturali e se necessario anche molto “materiali”.
Pero’ mi rende anche estraneo alla continua pratica verbale e un po’ caricaturale del “più uno” a tutti i costi
tipico di altre compagne e compagni.
Che mi sembra francamente molto spesso quasi un autocompiacimento dell’essere politicamente isolati, una ricerca parossistica del “pochi ma buoni” o addirittura un teorizzare il “molti nemici, molto onore” che notoriamente non è un detto comunista.
Sempre con affetto, Dario/Keoma
16. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 14 maggio 2006, 17:01
Credo che chi legge questo nostro scambio di idee ha chiaro come ormai sia impossibile dialogare fra chi ha posizioni rivoluzionarie e chi invece ha solo un’ottica istituzionale o partitica.
Non c’è niente da fare Doriana non è possibile capirsi, e parlarsi almeno sul piano politico.
Dico questo senza alcun malnamino verso di te, questo per Keoma che si è scandalizzato per quello che ti ho detto;evidentemente per me il confronto politico non è un pranzo di gala!
Indipendentemente da quello che si legge o si è letto, e dagli iviti alla letture, come posso farti capire che non si tratta di una questione di censura?
Come posso farti capire che le verità sono di classe e contrapposte?
Che per me I FASCI NON HANNO DIRITTO DI PAROLA.
eppure ho messo alla mia meil, non documento;-) un titolo molto esplicativo mi pare!!!
In merito al libro bianco, qui pure non so che cosa ci sia di tanto scandaloso, perchè pare che tu e Dario vi siate scandalizzati perchè io ho detto:
risolviti le tue contraddizioni.
Se ho detto una cosa del genere, l’ho detta perchè mi pareva strano che tu cercassi di fare un puzzle con verità contrapposte e antagoniste tra di loro quando avevi consapevolezza di quello che stanno facendo ORA i fasci a Viterbo.
Insomma mi pareva come minimo strano che tu volessi sentire la loro versione.
Comunque se a Viterbo le amiche tue e le signore in genere non sanno quello che succede nella nostra città non sarà pure perchè gli estensori dei libri bianchi non
rendono pubblica la cosa alla cittadinanza ma vanno a corre dai caramba "perchè facciano con i facsci
come hanno fatto con gli anarchici di Viterbo"?
E qui si ritorna al problema perenne della DELEGA
e pure a quello del GIUSTIZIALISMO.
Tanto per puntualizzare come stanno le cose a Viterbo
qualcono dei malnati che conosco io ha messo una targa
in memoria di Gasparone, partigiano da poco morto a Viterbo, la targa è stata tolta e sono rimaste le denunce per questo atto di antifascismo militante, tutti i cari istituzionalisti di Viterno dall’ANPI a Prc all’Arci e via cantando, col cazzo che vonno sta targa sul muro del loro
luogo sacro e puro;-)))
o che sono andati a protetsare perchèp era stata tolta la targa.
come pure col cavolo che qualcuno di queste forze ricorda che Viterbo è stata una delle poche città che ha resistito in armi, con gli ARDITI DEL POPOLO
alla presa del potere da parte del regime fascista, e per questa "colpa" è diventata una città caserma.
Come vedi se non si sa ci sono dei motivi.
E questo spiega perchè si è pochi ma buoni ( veramente cattivi) caro Keoma, non perchè si va in cerca parossisticamente di "molti nemici molto onore".
Ma che cazzo stai a dire?
qui si è pochi e sporchi e brutti e cattivi perchè c’è una manica di oppurtunisti, di vigliacchi e di traditori.
spero che tutti e due andiate a vedere la mostra di
Tina Modotti.
vittoria oliva
L’avamposto degli incompatibili
17. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 14 maggio 2006, 18:25
Ovviamente so molto poco di Viterbo ma sono portato a dare, nel merito, piena ragione a Vittoria e torto marcio a certe logiche istituzionaliste che non riescono nemmeno piu’ a garantirsi l’agibilità politica, appunto istituzionale o anche di mera propaganda elettorale, dalle quotidiane aggressioni dei fascisti.
Io con i partiti e le logiche istituzionali non ho notoriamente molto a che spartire.
Anche se ho votato "strumentalmente" per Rifondazione alle ultime elezioni.
Ed anche se tornero’ a farlo al 19° Municipio di Roma dove il Prc candida un compagno del sindacalismo autorganizzato, Claudio Ortale, interno anche alle lotte sociali degli ultimi anni nella zona nord di Roma.
Per quanto riguarda il Comune di Roma ho francamente molti dubbi invece a sostenere Rifondazione che su molti aspetti, a partire dal lavoro precario, non si è mai differenziata seriamente dal "liberalismo kennedyano" di Walter Veltroni.
Se proprio l’ipotesi, in verità assai peregrina, di rischiare di avere un sindaco fascista come Alemanno dovesse spingermi a votare, credo preferiro’ al Prc la lista RomArcobaleno di Nunzio D’Erme, sostenuta dai Disobbedienti e da Radio Città Aperta.
Ma intendo il voto appunto come "strumentale" alle lotte sociali e per il resto aborrisco fermamente qualunque logica istituzionale.
Questo però non mi esime dal dovermi confrontare, nella mia militanza, anche con compagni su posizioni diverse dalle mie, non fosse altro nel tentativo di portarli sulle mie posizioni.
Altrimenti con chi cazzo dovrei confrontarmi per convincerli, coi votanti di Forza Italia ?
E allora non credo che il rapporto con questi compagni possa essere portato avanti a scomuniche ed anatemi !
Non mi piace utilizzare l’esempio personale di Doriana per sostenere le mie tesi, ma mi sembra significativo che, nel confronto quotidiano anche con il sottoscritto, la stessa Doriana sia passata da posizioni di assoluta teorizzazione della "non violenza" tipiche delle Donne in Nero al sostegno incondizionato non solo ai già citati compagni dell’ 11 marzo milanese ma anche ai banliueusards parigini.
Quindi, al di là di storie e posizioni similari, la mia profonda differenza con Vittoria e altri come lei sta come dicevo nell’ approccio non politicista, sloganista ed "ideologico" alle questioni ed alle singole persone.
Differenza, indipendentemente dall’affetto e dalla stima personale, sicuramente non di poco conto.
E che credo nasca, non me ne voglia Vittoria, oltre che da questioni caratteriali e di vita vissuta, anche dalla sua antichissima origine m-l , interna a certa "tradizione comunista" anche se in versione "estremista", dalla quale io rivendico invece con orgoglio la mia totale estraneità e lontananza.
Adesso do per scontato che un po’ di anatemi e di scomuniche me li piglierò pure io, ma pazienza, non sarebbe la prima volta, e preferisco dire sempre chiaramente quello che penso ....
Ciao, Dario.
18. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 14 maggio 2006, 18:32
Mi rendo conto che è molto difficile perché si parte da concezioni distanti, ma cerchiamo di fare uno sforzo per capirsi. Cominciamo dal garantismo di Doriana.
Per quanto mi riguarda il garantismo non è una cosa neutra e fondata sulla democrazia, ma lo strumento usato da una parte per garantirsi spazi, che altrimenti gli verrebbero negati, insomma in una situazione di conflitto, di visioni opposte è il più debole che si appella al garantismo per cercare una qualche possibilità di essere visibile. In parole povere rispetto alla tematica in questione a chiedere il garantismo dovrebbe essere Agosti, che ha fatto un film sul ’68 "fuori dagli schemi di regime", e, per questo è stato censurato di fatto, visto che pure qua c’è chi dice che avrebbe preferito vedere il film di Agosti: il che vuol dire che non ha potuto vederlo in quanto dopo una fugace apparizione è finito in qualche cassetto chiuso a chiave con le chiavi buttate. Invece il film in questione non pare sia proprio censurato, anzi si parla di prime con la partecipazione di... e ...
Insomma questo film non è un’espressione artistica che cerca di raccontare, sia pure in modo fazioso una verità, ma un tentativo di far passare il ’68 come un conflitto generazionale, tentativo che peraltro come dice lo stesso Dario la destra ha sempre perseguito. Bene, se così stanno le cose il mio boicottare il film non è la censura verso un’espressione artistica, ma il rifiuto di avallare la riscrittura degli eventi da parte del Potere. Anche perchè il potere mediatico del regime di riscrivere la storia secondo i suoi interessi porta anche a molti danni collaterali. Per esempio il fatto che gli scribacchini di regime hanno sempre veicolato le veline degli sbirri ha portato al fatto che "una giovane signora di Viterbo di centrosinistra presumo" rimanesse allibita sapendo per la prima volta dell’esistenza a Viterbo di Vertice Primo (figuriamoci se poi sa che a Civita Castellana ci sono quelli di Comunità politica d’Avanguardia, tanto per ritornare a parlare di ammischiamenti). Bene io non mi scandalizzo del fatto che la signora rimanesse allibita, visto che la stampa ha sempre presentato Viterbo come covo di anarco-insurrezionalisti o giù di lì.
E io dovrei sponsorizzare altri veicolamenti fatti da altri "artisti di regime"? Allora tanto vale conservare tutti i faldoni della Digos, in modo che qualche altro artista come Baldoni fra 20-30 anni possa raccontare la storia degli anni di Genova e successivi. Lo so che non ne ha bisogno, ma in ogni caso io non mi sento un garantista nei confronti dei Baldoni di regime.
Per quanto riguarda invece i problemi posti da Dario c’è da dire alcune cose: innanzi tutto per sgombrarew il campo cominciamo col dire che le critiche (tutte politiche) rivolte a Doriana non erano attac chi personali, ma una critica aspra ma una critica a posizioni politiche secondo me non solo sbagliate, ma anche pericolose.
Se pensassi che con Doriana non ci può essere confronto sicuramente non frequenterei nemmeno questo sito. Ma purtroppo io vengo da una generazione abituata nella discussione politica a lasciare da parte il fioretto per la spada, mentre spesso usava il fioretto per attaccare coloro con cui non ci poteva essere confronto. Il motivo si spiega facilmente: se io voglio farmi capire da uno con cui penso di potermi confrontare devo usare uno strumento capace di essere subito recepito (e la spada è uno strumento che fa male, per cui lo riesci subito a capire), se invece mi ritrovo con uno con cui non c’è confronto uso il fioretto e cioè lo strumento che si usa per sfottere, prendere per il culo qualc uno senza che quello capisca che lo stai pigliando per il culo, salvo poi dargli la stoccata finale quando meno se l’aspetta.
Questo per quanto riguarda il mio modo di interloquire con Doriana (ma non solo): d’altronde pure tu ricorderai che volavano più sedie nelle riunioni delle strutture di cui si faceva parte, che in altre riunioni miste.
Per quanto riguarda il discorso politico non ci trovo niente di strano nel fatto che ci fosse molto antiautoritarismo, molto beat e altro, ma anche molta detewrminazione e molta radicalità nel confronto-scontro col nemico, fosse esso la sbirraglia, fossero i fasci, fossero le istituzioni politiche. E non ci trovo niente di strano che ci fosse un approccio prepolitico e non ortodosso, anzi lo trovo ancor oggi lineare, visto che per molti di noi la lotta contro le istituzioni comprendeva anche la lotta contro quelle altre istituzioni ortodosse, di partito, di chi insomma voleva ingabbiare da subito la nostra radicalità in uno squallido gioco di rappresentanza e di "controllo democratico". Talmente non ci trovo niente di strano che il rifiuto di quel controllo, ma di ogni controllo mi ha segnato per sempre ed io ancor oggi quando sento parlare di rappresentanza e di controllo mi viene l’orticaria.
Non so se è per quello che non sono caduto in tentazioni revisioniste (siano esse armate, siano esse non violente), ma in ogni caso di fronte a certe cose mi viene l’orticaria.
Come mi viene l’orticaria quando sento parlare di rivolgersi alle istituzioni e magari agli sbirri: siamo all’assurdo che in un’intervista ad un quotidiano locale alcuni del C.A.T. (quelli del libro bianco) invitavano gli sbirri a fare con i fasci quello che avevano fatto con gli anarchici. Ora al di là, per adesso, dell’orticaria di questi
casi sai a chi ci si rivolgeva? sai chi è uno dei funzionari della mobile di Viterbo, che doveva difenderli? E’ il funzionario che organizzò la perquisizione alla Diaz alla ricerca delle molotov fatte portare qualche ora prima dal suo collega di Roma.
Come vedi da parte del nemico la storia continua con le stesse modalità di allora: i fascisti aggrediscono i capelloni (pardon i punk), gli sbirri, che anche oggi si fanno un vanto del loro essere di destra, ti perseguono, i media riscrivono la storia come piace al regime, e altri fasci continuano ad infiltrarsi (anche a Viterbo, cara Doriana, visto che a Civita c’è stato un incontro-dibattito tra i fasci di Comunità d’Avanguardia e due personaggi delle edizioni Malatempora).
E in me anche oggi scatta il naturale senso di appartenenza a cui facevi riferimento. Non si tratta di scegliere di essere pochi, ma buoni, e tantomeno molti nemici molto onore, ma si tratta di conservare quel senso di appartenenza e continuare a reagire a questo Sistema di merda.
huambo
19. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 14 maggio 2006, 19:05
ah Dario;-)
non per dire ;
ma quella di
andare a votare stumentalmente
è proprio una logica m-l!!!!
vittoria
20. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 14 maggio 2006, 19:19
Wow,un dibattito /passionante...sul sito bc (it).Cosa alquanto rara,dove forse su altri luoghi del sito più,extraitaliani,si trovano comunicati,.ecc/Saluti a keoma e in particolarmodo alla gioia e rabbia di vittoria dell’avamposto degli incompatibili/comm.,e,Libertari fino a dove...,???I would not to prefer(grazie preferisco di no)/Il 68 ,il 77 stanno diventando un chiacchiericcio nontroppo tanto, troppo,hegeliano,ma un semplice puro revisionismo tipico dei politicanti di un ’italia ormai spostatasi,(sic) troppo a destra ;,dove nascono organizzazioni di estrema destra come quella di AM che osa chiamars,isic, alternativa sociale,quando vedo che qui in francia nelle manifs ,l’AL é alternative libertaire ,cioé d’un orga, dei comunisti libertari;::..Forse le storie, parallele transversali sono diverse,ma preferisco ,una situazione anni 70 come qui in francia che quella allucinante dell’italia,dove si da spazio a tutta quella estrema destra come FNuova, che vedo durante i ritorni al paese natio,dibattere pubblicamnte ,in grande pompa,negli spazi ufficiali di una città qualsiasi,italiana;Una volta costoro non avevano diritto alla parola,(antifascismo post resistente ecc)alle stazioni erano attesi,e invitati, a, ritornare ai loro nidi di provenienza.Oggi in italia il dibattito comunque tra rivoluzionari, post ,deve effetturarsi comunque,(al di là delle storie passate," ismi,o,post 900?) perché credo che il nemico ,(ultra e totaliberalismo orwelliano),sia molto forte, ed abbia ormai infiltrato i livelli del sistema del potere ecc.;...Certamente, avvengono ad alti livelli dei compomessi per eleggere un g.napoçlitano(liberale destra pci),,personaggio piu a destra in un dibattito qui alla sorbona,di moscovici ,del psf..;Oggi napolitano, per domani sdoganare le estreme destre ed eleggre fini??la situazione italiana é alquanto criitica,complessa, e qualche rappresentante della sinistra radicale crititica non farà certamente cambiare ,ribaltare,la situazione di spostamento dell’asse politico generale a destra,per un futoro possibile avvenire di alternativa della sinistra popolare alternativa antagonista di classe ecc;Per tornare al 68/ 77 ,son o d’accordo co n" err deluca, che la storia dovrà essere raccontata attraverso l’ascolto di più campane ,che siano comunque chiaramente di testimonianze generazionali ,di militanti della sinistra antagonista che ha dato tanto alla rivoluzione anche culturale di un paese che era ancora sotto il giogo d’individializzazine psichica collettiva del fascimo anche familiare,sociale (Basaglia é un grand esmpio di quelle lotte)Un dibattito sincero dettato dall’onestà intellettuale,che veda coinvolti tutta quella genenazione.di militanti sinceri che in maniera invisibile hanno contribuito a scrivere la storia pur non partecipando ai giochini delle partigianerie, o revisoniste pubblcazioni dell’italia odierna,dove vengono offuscate ,quelle tante sfaccettature multiple dei tantoi assenti ,che sono lettori guardoni, della loro storia scritta da altri nel lor nome.;;;Cioé ,non c’é stato mai un indagine capillare una seria documentazione sui quei tempi dove si fanno parlare i soliti già conosciuti leaders, inventati dai massmedia di allora e da queli di ogg che pretendono di scrivere(chi giudica il giudice, chi scrive?ah la critica permanente come la riv.permanente!)), la storia ,senza una vera" indagine di terreno una vera "inchiesta tra quelle generarzioni specialmente dei tanti ,di quella massa critica generazionale che ha partecipato ma che non ha mai testimoniato la sua appartenenza,giovanile in quelle lotte credendo forse che i soliti specialisti storiici, registi,documentaristi facessero un onesto lavoro al loro posto (sic).Ma ahimé questo dibattio,lo dimostra/un dibattito assente per decenni, riscontra che su quei tempi,non c’é stato ,non si é mai affrontato, un serio dibattito . non é mai stato affrontato pienenamnte ,tranne quache sporadica documentazione di parte che sorge per incanto in questi tempi .Un caso???il caso esiste o no?Nei tempi di puro revisoonimo storico come lo fu per i tempi della resistenza(revisionismo inziato da molti anni in italia), che ancora( i revisioni sti di destra) vorrebbero, occultatare,la storia l’energia, come qui in francia dove cambiano ,non solo a viterbo,le scritte sulle tombe di antifascisti, come Gobetti ecc;;nei mei ritorni italiani, mia madre prima di partire,mi rocordo mi diveva:""cosa volete avete perso!"";ebbene forse quella voce popolare che ha vissuto il fascismomussolniano, aveva nella sua semplicità popolare capito che la destra é ormai parte del sistema di potere,;quindi , per loro,é, sia, normale rivedere o cancellare la storia,prima della resistenza e poi con questi films di parte,anche il 68,il 77 digerito come un overdose di violenza tipo arancia meccania,ecc,tralasciando tutte quelle energie spese nell’attraversare linguaggi,(a/TRAVERSO)nel fare riviste,nel far nascere le prime radio libere(radio alice) con lo stesso entusiasmo delle generazioni néoglobals del primo internet tela democratica di democrazia diretta ecc;////In francia dicono,bisogna ",faire avec;"!Inoltre nei vari dibattiti qui in francia si chiedono sul perché in italia non c’é stato un vero (nella sinistra)dibattito nazionale di quei tempi(77) come lo fu, per la" comune ",qui in francia??Ascoltare le mille testimonianze possibili di quegli anni che sono stati anche di creatività straordinaria,di cultura non soltanto di violenza che era supermoritaria.lotta tra bande,gruppi,....di quartiere che non hanno certamente toccato la maggiornaza di quelle generazioni pacifiste creative che erano per lo piu per un alterantiva culturale del cambiare la vita ,nel senso surrealista dadaista,postfuturista,situazinista, non era rappresentata da quelle frange (br ecc) che si leggevano sui giornali ,a quei tempi tristi,anche, di passioni tristi come dice spinoza..,;formidabili tempi ma con quali testimonianze???si leggono solo libri che parlano di alcune gestualità velleitarie,ma non certo della maggiornaza che faceva cultura musica ,che cercava altri modi di vivere alternativi..;.un dibattito vero reale ma ampio dove tutte le espressioni di quei tempi possano esprimersi ascoltarsi,;;;siamo stanchi di ascoltare, vedere la solita zolfa politicante di parte,revisionista destroide camouflée",;quando un intera generazione é stata criminalizzata e ancora dopo tanti anni passeggia per le stanze italiane(paolo e compagnia neoglobals,pacifisti,resistenti,ecc),pur essendo troppo giovani per quei tempi tristi ,non solo formidabili,cari coetanei di oltre alpe..;La situazione é peggiorrata in italia e senza un reale dibattito,culturale(educazione popolare alla gramsci ecc;kroptokine,e blablabla),onesto,democratico, al di là delle sensibilità storiche,(di sinistra chiaramente,e incompatibili d’avamposto,come dice vittoria,e d’aacordo anche con keoma),)non riusciremo a ad avanzare anche per capire(ci), tra di noi al di la delle nostre storie sul che fare in questa fase di emergenza .....sociale culturale,di solo resistenza democratica,alla barbaria reazionaria che esiste domina,reprime opprime, avanza ,prima che la marea ci sommerga interamente..; ciao da un post italiano,singolare plurale quelconque;Infine per dibattiti a venire ,anche,dall’italia firmate la petizione per la libertà d’espressione, del sito, internazionale,resistente,dei collettivi bc d’italiani nel mondo..;saluti fraterni,da":..dandy communist;..;(per info in l. italiana,vedere ,sul sito,articolo di karl e rose,dei coll.BC francia)/Firmate per la petizione del comitato per la libera espressione sulla tela del webworld ,blogosfera,ecc;con simpatia,e che il dibattito continua..lotta c.compresa..../(ok!Dibattito d’idee ma sempre:"unità proletaria,"sinistra pop.,, dei precari ,ecc;ecc.bye bye ;una reazione spontanea;/;lontano da dove (titolo di un vecchio film,generazionale, italiano);
21. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 14 maggio 2006, 20:45
COMPAGNO ITALO FRANCESE
noi abbiamo firmato per la
libertà di espressione.
Un abbraccio e un saluto
AMORE E LIBERTA’
vittoria
22. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 14 maggio 2006, 21:13
E così, facendo una battutina su un aspetto del tutto secondario del problema generale che stavamo discutendo, pensi di aver risolto tutto ....
Non è la prima volta che succede tra noi e non sarà l’ultima, ma certo pure questo è un classico vizietto di certa "tradizione comunista ortodossa" ..... così come le scomuniche e gli anatemi .....
Come quando, in nome della comune posizione astensionista e niente più, ti sei messa a difendere a spada tratta il banchiere Lattanzi/Sbancor .... quello che si vanta di bazzicare Geronzi, Fini, Berluskoni ecc. ecc ....quello che siede nel Cda delle Grandi Opere .... quello che per "duri e puri" come te dovrebbe essere un bersaglio naturale ... e invece .....
Ormai ci sono abituato e nemmeno me la prendo.
Certo che, comunque, con atteggiamenti come i tuoi un "intervento politico di massa" - come si diceva una volta - tu non lo potresti mai fare, ma credo francamente che manco te ne frega niente di farlo .....
"Pochi ma buoni", appunto, e il resto del mondo vada pure a schifio.... male che va sarà la dimostrazione che avevamo ragione noi "duri e puri" ......
Che ti devo dire ? Amici come prima, però mi chiedo spesso a cosa serva discutere di politica con te ....
Dario
23. VITERBO e provincia: le lettere..., 15 maggio 2006, 02:21
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16 /2/2006 da Giuliano Benini
Per chi non ne sia gia’ venuto a conoscenza, vi giro la lettera ad A.Ricci da parte dei compagni viterbesi di ViterboHardcore - un altra contro-adesione a quello sciagurato appello apparso su TusciaWeb.
Giuliano
ECCO PERCHÉ NON ABBIAMO ADERITO ALL’APPELLO: SIAMO FORSE DEI VIOLENTI?
Caro Antonello, se scriviamo questa lettera non è tanto per conquistare una visibilità mediatica, quanto per chiarire le ragioni di un grave paradosso che però pare non aver destato particolari preoccupazioni, quasi si tratti di un elemento accessorio.
Nella pletora di adesioni seguite alla pubblicazione dell’«appello contro ogni forma di violenza politica» non figura infatti nessuno – singoli o gruppi – di quanti quella violenza l’hanno subita direttamente. E questo sia chiaro non per un malriposto senso di orgoglio – del resto anche comprensibile, vista la neutra genericità di molte dichiarazioni di consenso – quanto per la vistosa incongruità dell’appello in questione rispetto alla reale posta in gioco di tutta la vicenda.
Ciò significa che, in breve, a voler parlare appunto di “politica senza violenza” a chi di questa violenza è stato il principale bersaglio, si rischia di apparire per lo meno insinceri e demagogici, specie se a seguire tempestiva è l’accorata approvazione da parte di personaggi dai torbidi trascorsi politici (e giudiziari). Il risultato finale, a prima vista, pare pertanto essere quello di un gattopardesco dispiegamento di tutte le forze dell’arco politico, in un estenuante rincorrersi di dichiarazioni di neutralità e legalità assolute – né stupiscono più di tanto, allora, le esternazioni accademiche a favore di una «tolleranza zero» dal sapore vagamente fascista, giacché a ben vedere il presupposto che le fonda è lo stesso, e cioè, letteralmente, la convinzione che «poco cambia che le vittime di turno siano i rossi o i neri» (F.Mattioli, 1 febbraio, TusciaWeb).
Siamo fermamente convinti che, nel vostro quasi tautologico rifiuto della violenza (specie quando essa punti a interferire con il libero dispiegarsi delle dinamiche politiche) non debba però assolutamente andare smarrito il riferimento al “contesto” concreto, e cioè l’unico filo conduttore che possa permettere di “leggere” la storia della violenza politica nella città di Viterbo degli ultimi 10 anni. Sennonché in questo caso finisce per verificarsi proprio questo.
È evidente che anche al livello meramente empirico e di “contabilità” (che qui non ci interessa se non a titolo di esempio) il richiamo alla “composizione degli estremi” così come è formulato fa acqua da tutti i buchi – e non è detto che il discorso si giovi dell’indistinzione fra aggressori e aggrediti attuata col ricorso, invero un po’ bizzarro, allo schema generazionale padri-figli. Perché infatti paragonare (come nel vibrante incipit dell’appello) l’episodio del bar Kansas del luglio 2005, fatto pressoché isolato e peraltro svoltosi in circostanze e con responsabilità tutte da accertare, con l’accoltellamento del 4 dicembre scorso, ennesima vicenda di una lunga serie di aggressioni tutte di stampo razzista e fascista? A cosa ci si riferisce quando si parla di «un lungo periodo caratterizzato da episodi analoghi»? È evidente che a un tale grado di astrazione, l’appello fermo a «condanne esemplari» è insieme debole e fuorviante – si ha l’impressione che il discorso complessivo non colga il suo oggetto.
Il punto infatti non è la “violenza”, crediamo, ma la realtà e la struttura materiale che la produce e riproduce. Se si vuole ragionare a questo livello, però, non si può più prescindere dal prendere in considerazione le istanze ideologiche che presiedono, e implicitamente legittimano, quegli atti “violenti”. Il fatto è che diverse persone sono da anni ormai fatte oggetto di aggressioni a volte gravissime senza motivo alcuno se non quello di avere un aspetto o idee riconducibili ad orientamenti politici genericamente “di sinistra”. Fenomeno preoccupante, se solo si consideri che l’area di appartenenza politica da cui sorge è quella di frange di estrema destra che sono ben radicate sul territorio e che in più di un’occasione hanno goduto dell’impunità, o peggio dell’indifferenza, da parte delle autorità e di conseguenza dell’opinione pubblica.
Se «vanno isolati i colpevoli», come si chiede a gran voce, si impone quantomeno un lavoro preliminare che li identifichi come tali, un processo cioè che per forza di cose comporta la messa in discussione di una cultura politica ben precisa, intollerante e xenofoba, e che non può ridursi alla condanna giustizialista di questo o quel responsabile.
Una scorciatoia giudiziaria e repressiva – o, inverso e speculare, un generoso e paternalistico «tentativo di recupero» - non possono e non devono bastare per capire «di che pasta è fatta la democrazia viterbese», giacché il problema è politico, e in quanto tale va affrontato. Che poi questo verosimilmente non accadrà, per il semplice fatto che implicherebbe di per sé una gigantesca auto-invalida da parte del ceto politico che da decenni governa la città, è solo la riprova del pessimo stato in cui versa la sinistra viterbese – l’«appello contro la violenza» pare fare di tutto per confermarlo, in fondo. Ed è per questo che non abbiamo aderito.
Non resta che aggiungere una glossa marginale: siamo poi così sicuri che la celebrazione dell’anniversario della marcia su Roma sia cosa così distante (come pure si è scritto) dalla silenziosa assoluzione dei responsabili di vere e proprie aggressioni fasciste, tutt’al più benevolmente etichettate come episodi di “violenza giovanile”? Non vorremmo proprio che a un appello del genere capiti senza volerlo di assumere giudizi e punti di vista propri di coloro che dovrebbe condannare.
Alcune/i viterbesi di “ViterboHardcore”
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Doriana
24. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 15 maggio 2006, 10:34
Trovo veramente assurda questa tua reazione.
Fammè capì: non sono padrona di fare battute se mi va?
Io ho argomentato, eccome, c’è una pagina lunga un papiro di esposizione delle mie, nostre, posizioni.
Che debbo stare sempre a ripetere per l’ennesima volta quello che ho detto, abbiamo detto?
Non arrivo a capire cosa ci entra Lattanzi qua,
non so nemmeno se sta storia è apparsa su bella ciao.
Siccome mi pare che non frequenta questo sito non mi piace di parlare di chi non può rispondere personalmente.
Ognuno ha lo stile suo!
Siccome sa benissimo difendersi da solo avvisalo che stai a parlare di lui qui e provvederà a risponderti lui,
non mi piace il ruolo della cavaliere servente;-)))
e beccati questa altra battuta!
Siccome non mi pare di aver fatto nulla di sconveniente nel "difenderlo" non ho scusanti da fare in merito, rivendico sta cosa , come sono abitauata a rivendicare tutto quello che dico.
E non mi sento proprio in dovere di rendere conto a te, guarda un pò!
In merito agli interventi politici di massa, caro Dario, qui sarebbe da discutere che cosa si intende per interventi politici di massa, la qualità di questi interventi e dove vanno a parare.
Ora ti sei fissato con questa storia di pochi ma buoni e ti ho risposto pure su quello.
Comunque mi pare una vigliaccata che tu dica di me che io penso che il resto vada a schifo, se pensi così che cazzo parli a fare con me?
lascia perdere, no?
evidentemente essere amico di D’Erme ti fa male!
per fare un’altra battuta
vittoria
25. > ’Sessantotto, l’utopia della realta’, del regista Ferdinando Vicentini Orgnani 10 100 1000 ACCA LARENZIA!, 12 gennaio 2007, 12:08
vergogna zecche
3. > ’Sessantotto, con la forza dell’utopia, 15 maggio 2006, 02:23
da antifascistavt (vedi CAT) 26/3/2006
Sortirne tutti insieme”: la mistificazione continua.
Per dirla con le parole di Ascanio Celestini in Radio Clandestina, monologo teatrale sulla strage delle Fosse Ardeatine: “questa è ‘na storia strana, è una storia di quelle storie che pare che tutti quanti la conoscono a memoria. Una di quelle storie che la gente ce mettono un minuto a raccontartela tutta. Ma se uno la dovrebbe raccontare tutta per filo e per segno ci vorrebbe ‘na settimana…”.
In effetti è impossibile spiegare, soprattutto a gente di fuori, quello che è successo a Viterbo da quando su Tusciaweb è stato lanciato l’appello contro la violenza politica di Ricci-Galeotti. A 2 mesi di distanza le cose successe sono tantissime, altrettanti gli aneddoti curiosi e i risvolti sui quali sarebbe opportuno soffermarsi. Impossibile però non accennare a quanto accaduto il 25 febbraio scorso al Mini Palace Hotel, dove i neonazisti di Vertice Primo, di concerto con gli estensori dell’appello (come potrebbero questi altrimenti spiegare la presenza in un’iniziativa non pubblicizzata?) hanno tenuto una conferenza stampa nella quale Antonello Ricci (socio onorario dell’ANPI!) è intervenuto e si è fatto garante delle loro rivendicazioni (Vertice Primo sta facendo la lagna per ottenere uno spazio sociale in città) a patto che abbassassero i toni.
Al momento però concentriamoci sul libercolo “Sortirne tutti insieme…” : la raccolta delle adesioni all’appello che, proprio come questo, fornisce una versione distorta dei fatti. Il titolo criptico è una citazione a sproposito, poiché tratta da Lettera a una professoressa di don Milani, sull’antifascismo del quale crediamo non vi sia da disquisire, mentre serbiamo delle perplessità sul fatto che un personaggio di tale levatura possa essere chiamato in causa per un’operazione di questo tipo. Già nell’introduzione si parla di: “Qualche polemica tutto sommato marginale” e si sostiene che la città sia unanime “Al di là della miopia sguaiata e volgare di qualche settore marginale e insignificante della realtà politico- sociale viterbese”, che saremmo poi noi del CAT, visto che gli autori hanno scelto d’inserire nel libro soltanto la nostra critica.
Che a ribellarsi fossimo soltanto noi “ottenebrati dall’ideologia”, come ama dire Ricci, era un loro sogno che hanno deciso di trasferire su carta, non rispondente però ad una realtà dove i dissensi sono stati di più; ma non anneghiamo nella psicologia da strapazzo... C’è innanzitutto il sito www.viterbocitta.it che, ironizzando, ha lanciato un appello per la scoperta dell’acqua calda e poi, a tusciaweb stessa, sono giunte, oltre alla nostra, le mail critiche di: Tony Coco, Pierluigi Ortu, Francesco Serra (consigliere comunale DS) e Diego Sposetti (occupante del c.s.o.a. Valle Faul); tutte collocate in una cornice ridicola e seguite da una risposta, secondo la tattica del panino, inaugurata dal Tg1 di Mimun. Vi sono, inoltre, la non adesione motivata del circolo PRC di Viterbo e dei suoi consiglieri comunali, e il “contrappello” in cui figurano, tra gli autori, il professor Cortonesi e, tra i firmatari, esponenti del mondo sindacale, politico e associativo. Di questa rosa di nomi si è scelto di menzionare solo il nostro Coordinamento, per celare il fatto che le critiche siano venute anche da settori che “marginali” non lo sono affatto, salvo che non si voglia recar loro offesa. C’è inoltre il caso dell’AIASP (Associazione Internazionale per l’Amicizia e la Solidarietà tra i Popoli con sede a Vignanello), per la quale un socio ha mandato l’adesione a firma dell’associazione tutta, la quale però, riunitasi, ha redatto un comunicato di smentita. Tusciaweb si è limitata a cancellare l’associazione dall’elenco degli aderenti.
Ma per tentare di spiegare l’assurdo di tutta l’operazione, bisogna parlare del contesto in cui il libricino è stato presentato l’8 marzo, alla sala conferenze della Provincia, con la partecipazione dei militanti di Vertice Primo che - siamo persuasi non sia a tutti ben chiaro di chi si stia trattando - è l’associazione dichiaratamente neonazista, che non fa mistero di elogiare Hitler e di negare l’esistenza dei campi di sterminio, come documentabile dal sito del gruppo e dalle interviste rilasciate dal leader. Non bastassero le idee: i militanti di Vertice Primo sono i responsabili della quasi totalità delle vili aggressioni avvenute a Viterbo da 2 anni a questa parte e culminate con l’accoltellamento del 4 e la rapina del 25 di dicembre scorso.
Non è stato un bello spettacolo vedere, durante la presentazione del libro, consiglieri, assessori ed esponenti anche del partito che dovrebbe essere l’erede della maggiore forza politica della Resistenza, cioè Rifondazione Comunista, sostenere la votazione dell’appello Ricci-Galeotti come documento del Consiglio Provinciale, con le motivazioni più astruse, nonostante le diverse pronunciazioni contrarie di Partito e iscritti; ed accettare, senza muover la minima critica, la presenza in sala e la partecipazione di Vertice Primo, giungendo addirittura ad interloquire con esso. È avvilente vedere una sinistra come questa, ormai priva di identità e di prospettive, dimentica della propria ragion d’essere e della propria storia, tanto da considerare l’antifascismo un vecchio arnese di cui disfarsi.
Se l’appello aveva lo scopo di arginare la violenza ivi detta genericamente “politica”, volendo nascondere che proviene dall’ultradestra, nei fatti è avvenuta la riabilitazione del gruppo che queste violenze ha commesso e che adesso, anziché disciolto e messo al bando per le sue gravissime responsabilità, è soggetto interlocutore a tutti gli effetti, come una qualsiasi realtà politica o associazionistica; mentre chi da sinistra si è permesso di criticare questa operazione si trova apostrofato come “sguaiato”, “volgare”, “marginale” e “insignificante”. Un bilancio, che fosse serio e trasparente, dell’appello Ricci-Galeotti di questo avrebbe dovuto parlare, e questo tutti devono sapere. Tutti, soprattutto coloro che sono stati tratti in inganno e a suo tempo hanno firmato l’appello. Noi, che abbiamo denunciato l’operazione sin dall’inizio, sappiamo che molti se ne sono resi conto. Siamo nello stesso tempo coscienti che è difficile chiedere alle persone di ritrattare, e che quindi prevale il sentimento d’aver firmato comunque in buona fede e, spesso, in difetto d’informazione.
Ci vuole del fegato a sostenere, come scritto nella nota dei curatori, che con l’appello si voleva sollevare il sipario che stava calando sul “continente sommerso della violenza politica giovanile” , quando, nella realtà dei fatti, altro non è stato che un colpo di spugna con cui i protagonisti delle efferatezze dei mesi trascorsi sono stati sollevati da ogni responsabilità e la natura fascista di quelle violenze praticamente cancellata. Difatti Vertice Primo ha sentitamente ringraziato. Possiamo non considerare tutta l’operazione come un imbroglio?
Al momento gli autori dell’appello si adagiano sulle oltre 200 adesioni giunte da scrivanie di casa propria, a nome spesso di associazioni, circoli, sezioni, e addirittura intere federazioni di partito, mai consultate in proposito; così come si adagiano sul parere favorevole di consiglieri e assessori delle sinistre che, rimanendo seduti sui propri scranni, agiscono senza prendere minimamente in considerazione il dibattito e gli umori presenti nelle rispettive formazioni politiche.
Da parte nostra, senza la spasmodica ricerca di successi personali, siamo riusciti a scongiurare l’unanimità che gli autori dell’appello, non senza presunzione, esigevano, e quindi a far saltare il completamento dei loro piani, laddove le nostre forze ci hanno consentito di arrivare e in un percorso tutto in salita.
Con tutto lo squallore che è emerso e il casino in cui ci siamo venuti a trovare, tutto vogliamo fuorché cantare vittoria. Però per una realtà “sguaiata”, “volgare”, “marginale” e “insignificante” come la nostra non ci sembra poco.
CAT
Coordinamento Antifascista della Tuscia
PS: mentre stavamo ultimando la stesura di questo comunicato, leggiamo: Minacce via internet a Tusciaweb (“Corriere di Viterbo”, 21/3/’06, p. 15) dove Carlo Galeotti sostiene di sentirsi minacciato, assieme ad Antonello Ricci, per la questione dell’appello, ed annuncia di prospettare il fatto alla Digos. Fa riferimento ad un art. dalle movenze molto ambigue, intitolato Fascisti in piazza anche a viterbo, by “antifa viterbo” (www.indymedia.it, Saturday, feb. 25, 2006 at 6:38 PM) ed alle parole di uno dei commenti che ne seguono, in cui tale “OccupanteVT” scrive: “cat faul (il c.s.o.a. Valle Faul – N.d.A.) e altre situazioni si coordinano da tempo senza dover perforza comparire sulle pagine di tusciaweb, gestito da un provocatore fascista, e da un intellettualoide cagacazzi che non si rende conto della porcheria che ha combinato!”
Galeotti, da giornalista d’esperienza qual è, dovrebbe sapere che Indymedia non possiede sistemi di filtrazione e perciò chiunque può scrivervi ciò che vuole e firmarsi come meglio crede. Da parte nostra possiamo dire che le informazioni inserite nel commento in questione sono false - senza entrare nel merito delle valutazioni che vi seguono - e che, come avviene da sempre, le nostre prese di posizione sono deliberate esclusivamente durante le riunioni ed inoltrate alla stampa locale tutta e all’opinione pubblica. Denunciamo pertanto la scelta del direttore Galeotti che, subdolamente, fa apparire il CAT tra gli autori delle minacce (che poi minacce non sono, semmai insulti), e dal proprio sito lancia la richiesta di messaggi di solidarietà virtuale giocando, come al solito, sul difetto d’informazione altrui. Dimenticandosi l’etica professionale egli causa un danno alla nostra realtà di compagne/i che agiscono alla luce del sole, in maniera trasparente e senza nascondersi dietro all’anonimato dei nicknames!
Un altro tassello si va ad aggiungere all’opera di mistificazione. Ma dove si vorrà andare a parare?
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25/4/2006 da Vittoria Oliva
LIBRERIA BABYLON-
VIA PIANOSCARANO- VITERBO
SABATO 29 APRILE ORE 17.00
CONTROLLO COERCIZIONE E TORTURA
TRA CARCERE E SOCIETA’
PRESENTAZIONE DOSSIER DELL’AVAE
(ASSOCIAZIONE VITTIME DELLE ARMI ELETTRONICHE)
Interviene PAOLO DORIGO PRIGIONIERO POLITICO TORTURATO IN CARCERE
Comitato cittadino contro il carcere e la repressione sociale di Viterbo
Individualità anarchiche
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Quoting anarcotico-inv :
[Hide Quoted Text]
Ciao Doriana,
ti invio in privato una email indirizzata alle donne in nero che Paolo Dorigo ha
spedito alla newsletter di anarcotico.net dopo avervi letto il tuo intervento su Fb.
A presto
sam
Inviato da:
paolo24101959@
Ciao compagne delle Donne in nero, questa è la terza volta che provo a rispondervi via email, le precedenti due sono state bloccate con crash di programma da parte di hacker-ros-sabotatori, e così provo in word e poi includo nella mail al volo con copia incolla, così li frego.
Sono molto contento da comunista e militante cosciente, delle cose che scrivete sui "signorini/e" del "parlamento", e anche che vi siete trovate con due militanti di Facciamo breccia, a lottare contro questo revanscismo, questo medioevo incipiente che vogliono imporre sotto mille maschere, ai lavoratori, alle donne, al proletariato, all’emarginazione, ai giovani, agli anziani, ai malati, a quegli handicappati esclusi dai "progetti di ricerca" .
Quello che non ho capito, e come mai in Facciamo breccia si siano infilati i sionisti,occidentalisti, violentemente amici del Giusva Fioravanti, corrispondenti ai sedicenti di oggi "radicali", molto diversi da quelli solidali alla sinistra, dei ’70, che all’epoca loro, e non certo il Bertinotti contrario allo scioglimento dei ros,chiamavano il loro giornale "Liberazione".
Essendosi infilati i radicali, anche se di persona, in Facciamo breccia, ne sono uscito quasi subito anch’io, a malincuore, ma essendo ancora detenuto sia pur in casa,con meno possibilità di spiegare perché chi sostiene l’ingresso nell’UE di Turchia ed "israele", non merita dignità o riconoscimenti nel combattere contro il "vaticanismo" assassino di eresia e ragione.
Spero i passi avanti che farete assieme a tutte le donne, magari nel trasformare il 8 marzo in sciopero delle donne anziché in cincischiamento di roselline, giocopalla di maschietti ruffiani, siano notevoli e forti come le parole che ho letto.
Spero possiate anche aiutare noi dell’Avae-m www.associazionevittimearmielettroniche-mentali.org), tra cui vi sono molte donne, a combattere questo sistema di oppressione molteplice.
Abbracci
Paolo
Ciao Paolo, so qualcosa di te, so qualcosa degli anni in cui eri "fuori", e immagino solo provo ad immaginare, quelli "dentro".
Io sono una che annusa, che parla in suo nome, che parla anche a nome di quelle che non
scriveranno mai, che non si vedono mai. Queste non sono le Donne in Nero, loro anche se
pochi le conoscono, sono visibili, vestite di nero, in silenzio, con uno striscione e magari una manina che "parla", io sono anche Donne in Nero Tuscia.
Frequento realmente i luoghi del movimento e della politica solo dal 2001, dopo Genova.
Prima, prima ho lavorato, 30 anni in una banca, due figli, non avevo mai scritto, se non poesie da quando avevo 13 anni. Oggi parlo, scrivo, cammino, non lavoro più e quindi non sono pagata se non per quello che ho fatto per tanti anni. Sono un’anomala nel panorama movimento. Sono sempre stata un’anomala dai banchi di scuola ad oggi, che di anni ne ho 55.Femminista? Si, donna, che vive nel mondo, ribelle, critica e sotto critica. Amo la vita credo quanto te, amo quelli che sono invisibili e quelli che hanno il coraggio di esporsi, come me. Perchè oggi mi voglio più bene. Non riuscrirò mai a parlare e scrivere come la politica vuole, ma arrivo dove è possibile, per chi annusa come me: l’onestà e l’amore.
Grazie Paolo, per avermi scritto, oggi sarò a Roma e l’8 marzo, con fiori senza fiori,con rabbia e con la forza dell’utopia, per le strade di questo devastato paese:insieme a te, a tutt* quelli che sperano e lottano come possono, anche inconsapevolmente, urlando o in silenzio.
Doriana
Ringrazio Vittoria e Huambo per avermi dato la possibilità di conoscere Dorigo e altre finestre sul "paese", Dario per raccontare la vita che si svolgeva nella stessa Roma dove vivevo e il compagno italofrancese per il suo inno alla LIBERTA’.
Doriana
1. > ’Sessantotto, con la forza dell’utopia, 15 maggio 2006, 19:17
1) Con Nunzio D’Erme in vita mia non ci ho parlato più di due o tre volte.
Al di la’ delle indubbie differenze di impostazione, gli riconosco però un rispetto politico non fosse altro perchè, pur essendo da 15 anni consigliere comunale, detiene il record assoluto, perlomeno romano, di denuncie e di condanne per la sua partecipazione a lotte sociali, occupazioni di case, picchetti antisfratto ed episodi di antifascismo militante, oltre a svariati soggiorni in galera e ai domiciliari.
E in un epoca come questa di "mammolette" anche tra i sedicenti antagonisti, scusa se è poco.
Posso poi non essere entusiasta di certo "simbolismo" mediatico dei Disobbedienti ma quel lancio di cacca bovina sotto casa di Berluskoni la mattina di un certo vertice europeo e davanti alle televisioni di tutto il mondo ancora oggi, al solo pensiero, mi mette di buon umore ......
2) Di papiri in questa discussione ne hai scritti piu’ di uno, ma a parte la puntualizzazione sulle storie viterbesi, sono papiri esclusivamente infarciti di slogans, con un linguaggio che se qualcuno lo usasse oggi in assemblee di lavoratori, precari e non, o di proletari dei quartieri, cioè i luoghi che ancora mi ostino a frequentare nella pretesa di fare ancora un "intervento di massa", nel migliore dei casi ti mandano a cagare, nel peggiore chiamano la neuro ....
3) Non sopporto più da tempo il modo col quale ti rapporti agli interlocutori, il continuo "più uno" su ogni tipo di discussione, la continua pretesa, alla Marchese Del Grillo, non di vincere - come ce ci fosse in palio una "coppa del nonno" - ma di stravincere.
E non è questione di linguaggio duro, delle "spadate" che dice Antonio - quello lo uso pure io - ma proprio di anatemi e di scomuniche in stile cominformista, accompagnati a battutine di dubbio gusto, sempre su questioni secondarie e mai sul nocciolo delle discussioni, che mi ricordano l’insopportabile sarcasmo di D’Alema, il che è francamente tutto dire .....
4) A proposito di slogan sparati a casaccio, che cazzo c’entra, per marcare l’antifascismo, tirare fuori "10-100-1000 Acca Larenzia" ? Non bastava e avanzava un piu’ calzante riferimento a Dongo o a Piazzale Loreto ?
Quello di Acca Larenzia è un episodio a dire poco dubbio, tanto dubbio che persino giudici e sbirri, dopo aver inseguito invano per anni potoppini e brigatisti, lottacontinuisti e autonomi, ho letto recentemente che si sono convinti di un agguato per una squallida faida di droga.
Ma anche a voler mettere da parte questi dubbi, chi puo’ pensare oggi che 10-100-100 commandos di proletari antifascisti potrebbero armarsi di mitraglia Skorpion - che non si trova e non si trovava allora nemmeno nelle armerie - e assalire 10-100-1000 sedi fasciste ?
Era un fatto "strano" e fuori contesto persino allora ( e Scalzone e addirittura Prima Linea, certo non sospettabili di "non violenza", lo dissero da subito), figuriamoci oggi ......
L’antifascismo militante di allora, pur con episodi molto cruenti, fu un’altra cosa, una cosa di massa che si praticava quotidianamente nei quartieri, nelle scuole, nelle università, sui posti di lavoro e non certo soltanto o principalmente con improbabili "azioni di avanguardia" una tantum come quella .... sempre ammesso e non concesso che fosse roba veramente di compagni...... con due ragazzini fascistelli ( che avrebbero dovuto avere tutto il tempo e il diritto di cambiare idea) lasciati in quel modo sull’asfalto e con un altro ragazzino fascistello freddato dai carabinieri qualche minuto dopo ......
"10-100-1000 Acca Larenzia" può andare bene per una canzone di un gruppo punk delle parti tue, per uno slogan da stadio dei livornesi quando vengono a Roma, al limite per una manifestazione di giovanetti incazzati, ma non per una discussione di carattere "culturale" e "storico" sul 1968.
Ma a te che te ne frega di convincere l’interlocutore, di chiarire cos’è stato veramente il 1968 a qualche ragazzotto che si avventurasse su queste pagine ?
Tu basta che spari slogans, anatemi e scomuniche, tu basta che stai in testa alla hit parade del "truculento", il resto sono problemi di altri.
Salvo poi innamorarti di un banchiere, di uno che si vanta "di stare nei centri decisionali del paese", solo perche’ invita come te, per una volta ( pare ci abbia già ripensato), ad astenersi alle elezioni.
Vitto’, senza offesa e se vuoi offenditi pure, ma mo’ il dubbio me lo sono levato, parlare di politica con te è un’assoluta perdita di tempo ......
Dario.
2. > ’Sessantotto, con la forza dell’utopia ma infatti che cazzo ci parliamo a fa’?, 16 maggio 2006, 07:42
Visto che sei convinto da tempo di quanto dici
su di me non capisco perchè all’inizio
te ne uscivi con
"affetto"
preferisco questo tuo ultimo post
all’ipocrisia dei primi post;-))))))
Comunque sarò la buzzura che dici
na sono riuscira a far lanciare anatemi a te!
A me sta bene sia Piazzale Loreto che Acca larenzia.
Purtroppo non ho mai avuto la fortuna
di trovare un banchiere che si innammorasse
di me;-)))))
nè io mi sono innamorata di nessun banchiere;
purtroppo pure questo,-))))))
Come non mi entusiasma la scaricata
di merda di D’Erme.
in quanto al più uno:
lo so
da un pezzo che le donne che fanno più uno
senza dire quanto sei fantastico!
quanto hai
ragione!!!!
stanno sul cazzo.
vittoria
3. > ’Sessantotto, con la forza dell’utopia ma infatti che cazzo ci parliamo a fa’?, 16 maggio 2006, 09:00
Cioè praticamente " il ragazzotto che si avventurasse su queste pagine per capire cos’era il 68", prendendo alla lettera le sparate di Vittoria, potrebbe pensare che il 68 e gli anni settanta siano stati un susseguirsi di episodi alla Acca Larenzia .....
Cioè precisamente quello che i fasci neorevisionisti alla Telese o alla Baldoni vorrebbero fargli credere ......
Se il problema era di fare chiarezza su una operazione mediatica neorevisionista come il documentario da cui è partita la discussione, COMPLIMENTONI A DONNA VITTORIA !!!!
VANNI
4. > ’Sessantotto, con la forza dell’utopia ma infatti che cazzo ci parliamo a fa’?, 16 maggio 2006, 10:22
Il ragazzotto che si imbatte
su queste pagine senz’altro è più
intelligente di te e di keoma
quindi si sarà andato a veder il link
sulla strage di stato è ha capito eccome!
Inoltre aha capito, lui!, leggendo
i miei post precedenti che il 68
e il 69 non sono stati solo Acca Larenzia
e episodi similari, ma come ho detto
nei post all’inizio una cosa più complessa.
Di certo il ragazotto che si imbatte su queste pagine
ha capito che il 68 e gli anni a seguire
non sono stati la melassa che dite voi,
anche perchè certe episodi avvenivano
intimamnete connessi al movimento generale.
Nello specifico Acca Larenzia è nata dalla
insopportabilità per gli attentati che facevano
i fasci in quel quartiere.
Il ragazzotto ha capito senz’altro
che allora ai fasci si rispondeva
e nessuna altra componente aveva da ridire
su certe pratiche.
Tra l’altro Keoma, Dario piantala
di ripeter sempre che hai avuto modo
di incocciare in quegli anni e negli anni
seguenti chi ha fatto la scelta della lotta armata
LI AVEMO INCOCCIATI TUTTI!!!!
Stavano in mezzo a noi, facevano interventi
pure nelle assemblee, venivano letti e
commentati i loro interventi.
C’era chi si gongolava tutto a portarli
e a sentirli, tranne poi a dire chi cazzo li conosce? appena
Savasta e Peci hanno fatto beve un sacco di compagni.
E mo’ avete stufato mo’!
lasciate perde, parlate dei socciaforum
e delle palate di merda di D’Erme che
quelli sono gli argomenti vostri.
Fine degli intervnti di
Donna vittoria
perchè sta cosa sta a pigliare
l’andazzo di indymedia.
VITTORIA OLIVA
5. > ’Sessantotto, con la forza dell’utopia ma infatti che cazzo ci parliamo a fa’?, 17 maggio 2006, 15:28
da Indymedia del 23.1.2003
QUELLO CHE E’ SUCCESSO AD ACCA LARENTIA IL 7 GENNAIO 1978 E’ FORSE L’EPISODIO PIU’ OSCURO DI TUTTI GLI ANNI 70 A ROMA.
L’ATTENTATO FU RIVENDICATO DA UN "NUCLEO DI CONTROPOTERE TERRITORIALE" MAI SENTITO PRIMA E NEMMENO DOPO.
C’ERA CERTO MOLTA TENSIONE IN CITTA’, MA MAI ERA SUCCESSO CHE IN UN AZIONE "ANTIFASCISTA" SI USASSE IL MITRA.
COMUNQUE BIGONZETTI E CIAVATTA FURONO UCCISI A COLPI DI MITRA "SKORPION".
CIRCA MEZZ’ORA DOPO, DOPO CHE SI ERANO RADUNATI MOLTI GIOVANI DI DESTRA SUL POSTO, UN GRUPPO DI ANZIANOTTI ESPONENTI DI "AVANGUARDIA NAZIONALE" EBBE LA FELICE IDEA PRIMA DI PROVOCARE GLI INCIDENTI E POI DI SPARARE CONTRO I CARABINIERI.
QUESTI RISPOSERO AL FUOCO UCCIDENDO RECCHIONI, CHE CON GLI AVANGUARDISTI NON AVEVA NULLA A CHE SPARTIRE.
QUESTA E’ LA STORIA.
NONOSTANTE MOLTI TENTATIVI ED ANCHE MOLTE MONTATURE ( UNA DELLE QUALI CAUSO’ IL SUICIDIO IN CARCERE DI UN MILITANTE DI LOTTA CONTINUA POI RISULTATO INNOCENTE, MARIO SCROCCA), SU ACCA LARENTIA NON SI SONO MAI TROVATI I COLPEVOLI E QUESTO NONOSTANTE LA PLETORA DI PENTITI CHE SPUNTO’ NEGLI ANNI SEGUENTI NEI GRUPPI DI SINISTRA.
LA MITRAGLIETTA, RECUPERATA OLTRE UN DECENNIO DOPO IN UN COVO DELLE B.R. ( MA I GIRI CHE PUO’ FARE UN ARMA ILLEGALE IN OLTRE UN DECENNIO SONO VERAMENTE IMPENSABILI) RISULTO’ DI PROPRIETA’ DI UN CANTANTE ANNI SESSANTA, JIMMY FONTANA, CHE MAI NE AVEVA DENUNCIATO NE’ IL FURTO NE’ LO SMARRIMENTO.
SOSTENNE DI AVERLA VENDUTA ANNI PRIMA IN MODO "IRREGOLARE" AD UN POLIZIOTTO DELL’ ANTIDROGA E NE FECE PURE IL NOME.
COSTUI NEGO’ E QUI FINIRONO LE INDAGINI SULL’ARMA.
L’IMPRESSIONE CHE SI SIA TRATTATO DI QUALCOSA DI DIVERSO DALLE PUR FEROCI GUERRE DI QUARTIERE TRA DESTRA E SINISTRA E’ SEMPRE STATA MOLTO FORTE, ANCHE IN ALCUNI AMBIENTI DI DESTRA.
POCO TEMPO DOPO LA STESSA SEDE MISSINA FU "BOMBARDATA" E TOTALMENTE DISTRUTTA.
PER L’ ATTENTATO FURONO PRESI SPACCIATORI DI EROINA DELLA ZONA, DEL TUTTO ESTRANEI ALLA POLITICA.