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Sesta flotta a Tiblisi. E l’Europa si lascia coinvolgere nella crisi
Publie le lunedì 8 settembre 2008 par Open-PublishingSesta flotta a Tiblisi. E l’Europa si lascia coinvolgere nella crisi
di Manlio Dinucci
L’Unione europea ha deciso di schierare una «forza di polizia» di 150-200 uomini tra Georgia e Ossezia del Sud: come ha precisato il ministro degli esteri Frattini, si tratta di una «missione di polizia civile» , cui parteciperanno anche carabinieri italiani.
Dunque, una presenza pressoché simbolica, ma con una implicazione politica importantissima: dal momento in cui sarà schierata la «forza di polizia», la Ue sarà direttamente coinvolta in una crisi la cui gestione non dipende da Bruxelles ma da Washington. Lo conferma il fatto che, il giorno prima che la Ue decidesse l’invio della «forza di polizia», una ben altra forza è arriva in Georgia: venerdì ha attraccato nel porto georgiano di Poti la Mount Whitney, nave ammiraglia della Sesta flotta.
Proprio a 24 ore dal passaggio nell’area, in Georgia e poi in Ucraina, del vicepresidente degli Stati Uniti, Dick Cheney da venerdì «attraccato» in Italia (da ieri è a Cernobbio). Un’aperta sfida alla flotta russa: Poti dista poche decine di chilometri dall’Abkhazia, di fronte al cui capoluogo, Sukhumi, si è posizionata alla fine di agosto la Moskva, nave ammiraglia della flotta russa del Mar Nero. La Mount Whitney è salpata il 26 agosto da Gaeta, ufficialmente per trasportare in Georgia 17 tonnellate di «aiuti umanitari» (succhi di frutta, latte in polvere, spazzolini, dentifrici e carta igienica).
Prima però ha fatto scalo nella base aeronavale di Souda Bay a Creta che, insieme a quella di Sigonella, fornisce appoggio logistico e operativo alle forze statunitensi nelle aree del Comando europeo, del Comando centrale e del nascente Comando Africa. Qui sono depositati armamenti e altri materiali militari.
Un portavoce del Pentagono ha definito «falsa e infondata» l’ipotesi che, tra gli «aiuti umanitari», vi possano essere armi per l’esercito georgiano. L’ammiraglio Mike Mullen, presidente dei Capi di stato maggiore riuniti, ha però dichiarato che, poiché la Georgia è «un paese molto importante per noi», gli Usa intendono proseguire le forniture militari e l’addestramento, e che sta al governo georgiano avanzare delle richieste.
Queste non si sono fatte attendere: il ministro della difesa Davit Kezerashvili ha annunciato che, per addestrare ed equipaggiare l’esercito georgiano (aumentandolo di quattro brigate) occorreranno 8-9 miliardi di dollari. Un contributo verrà anche da Israele, che ha addestrato l’esercito georgiano, attraverso compagnie militari « private », e gli ha fornito armi. Tra queste, lanciatori multipli Gradlar-160, armati di razzi con bombe a grappolo (le stesse usate massicciamente nella guerra in Libano nel 2006), che il governo georgiano ha ammesso di avere usato nel conflitto con la Russia.
Importante, per le forze armate israeliane, è disporre di aeroporti georgiani a breve distanza dall’Iran. E continua il confronto nel Mar Nero tra la flotta Usa/Nato e quella russa. Lunedì scorso il cacciatorpediniere lanciamissili McFaul è uscito dal Mar Nero, ma mercoledì vi è entrata la Mount Whitney, la più sofisticata unità navale C4I (controllo, comunicazioni, computer e intelligence) esistente al mondo, usata anche come piattaforma di comando della Task force congiunta.
Questo, nonostante che il giorno precedente il primo ministro Vladimir Putin avesse avvertito che «ci sarà una risposta» russa. Il 4 settembre è giunta nella base ucraina di Sevastopol, dove è attraccata la flotta russa, la nave oceanografica militare Pathfinder, ufficialmente per «dimostrare le capacità di ricerca idrografica della U.S. Navy».
Intanto è salpato dagli Stati uniti il gruppo di spedizione d’attacco Iwo Jima, con 6.000 marinai e marines: ne fanno parte la nave da assalto anfibio Iwo Jima, due navi da sbarco, tre unità lanciamissili e un sottomarino da attacco rapido. Il gruppo sarà dislocato nell’area della Sesta flotta, con base a Gaeta, dipendente dal Comando delle forze navali Usa in Europa, il cui quartier generale è a Napoli.
Vi è quindi la possibilità che alcune sue unità siano inviate anche nel Mar Nero. E’ evidente che gli Stati uniti approfittano della crisi, scaturita dall’attacco georgiano all’Ossezia del sud orchestrato da Washington, per conquistare posizioni strategiche ancora più a est, consolidandole poi con l’ingresso della Georgia nella Nato. E’ altrettanto evidente che la Russia risponderà, non solo a parole. E in mezzo ci sarà la Ue con la sua «forza di polizia».
Il Manifesto