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Si può davvero credere in una sinistra che voglia migliorare il capitalismo?

Publie le giovedì 18 dicembre 2008 par Open-Publishing
1 commento

Si può davvero credere in una sinistra che voglia migliorare il capitalismo?

di Gilberto Volta

Caro Direttore,

Marcello Cini (“Liberazione”, 9/12/2008) ribadisce il suo “tentativo di contribuire a una sinistra ‘senza aggettivi’ come nuovo soggetto politico”. Prima distingue bene fra “produzione di merce materiale e produzione di merce immateriale”.

Per lui, se non capisco male, vi è una grande differenza, che consiste nel fatto che, nel primo caso, si ha la ‘classe operaia’ del ‘900 – “mitica”! – in quanto gli operai in fabbrica sono costretti ad annullare la propria individualità (mitica?) per eseguire automaticamente lo stesso gesto prestabilito, che, quindi, può essere misurato quantitativamente come tempo. Nel secondo caso, invece, la produzione di merci immateriali non è riducibile a pura quantità di tempo, in quanto il lavoratore singolo “deve sfruttare la propria individualità”, invece di annullarla. Perciò, “gli ‘operai’ agiscono come individui singoli, mentre la classe operaia è sparita perché è sparito il collante collettivo che la teneva insieme”.

Tutto questo cambia forse l’essenza del capitalismo, che consiste nello sfruttare il lavoro altrui (materiale o immateriale) per il proprio profitto? E davvero è sparita la classe operaia?

Dopo, egli cita alcuni passi di un libro di Jacques Attali, che mi sembrano apocalittici perché, commenta Cini, verrà poi “un periodo di ‘iperconflitto’ caratterizzato da scontri drammatici, catastrofi ecologiche ed umanitarie”. E, citando quel libro: “Ci batteremo per il petrolio per l’acqua per conservare un territorio per lasciarlo, per imporre una fede, per combatterne un’altra, per distruggere l’Occidente, per far prevalere i suoi ‘valori’. Prenderanno il potere dittature militari, confondendo esercito e polizie”.

Ma se Marcello Cini crede alla previsione di questa apocalisse (gli uomini cercheranno la morte e non la troveranno, secondo l’Apocalisse di Giovanni), cos’altro gli serve per battersi al fine di rifondare un grande partito comunista di massa, capace di costruire tutte le alleanze sia sul piano politico (partiti e movimenti), sia sul piano sociale (operai, contadini, ceti intermedi produttivi e commerciali), sia sul piano della cultura (intellettuali, scienziati, uomini di cultura, ecc.), necessarie per cambiare il mondo, cioè per fuoriuscire dal capitalismo? O crede veramente in una sinistra, capace di raddrizzare le gambe ai cani, ossia di migliorare il capitalismo?

Cordiali saluti.

Gilberto Volta

Messaggi

  • Il problema del comunismo novecentesco in tutte le sue espressioni è che purtroppo anch’esso credeva (inseguendo l’economia borghese) nella religione dello SVILUPPO.. errore peraltro presente in Marx stesso che a causa del positivismo che permeava l’epoca in cui scriveva pensava allo sviluppo delle forze produttive come fattore di innesco del processo rivoluzionario..

    Nel momento in cui si disvela il carattere finito dell’economia politica (nel doppio significato della fine dello sviluppo e della fine dell’economia politica quale modo di produzione della comunità umana separata dalla sua natura reale, la sua natura di specie) poichè la conquista materiale del pianeta da parte del sistema capitalistico si scontra con i limiti termodinamici di questo universo materiale, l’antagonismo non si pone più a livello di sviluppo dei modi di produzione bensì si fonda sull’arresto dello sviluppo delle forze produttive..

    Dunque non una classe del sociale (proletariato, operai, ecc..) realizzerà emancipandosi l’abolizione delle classi (come dimostrano i fallimenti novecenteschi), ma la negazione del "sociale" e delle sue classi (peraltro estenuate in una classe media globale) attuata dalla corporeità della specie in rivolta di fronte alla scadenza ultimativa delle contraddizioni della crescita infinita del capitale tesa all’estinzione della specie si presenta quindi come il fattore autenticamente rivoluzionario..

    Dunque occorre un comunismo della DECRESCITA che lungi dall’invocare le forme storiche della rivoluzione (che possiamo considerare interne al modo di riproduzione capitalistico del sociale perchè fondate sull’economicismo della crescita sviluppo), ponga come traguardo il ricambio organico della specie con l’universo materiale (in quella che con Giorgio Cesarano possiamo chiamare "rivoluzione biologica").. ricambio organico già indicatato da Marx come traguardo della rivoluzione comunista