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Sicurezza: per tagliare le tasse ai ricchi, Berlusconi ha tolto 150 milioni alle Ferrovie

Publie le domenica 9 gennaio 2005 par Open-Publishing
3 commenti

Sicurezza: per tagliare le tasse ai ricchi, Berlusconi ha tolto 150 milioni alle Ferrovie
di Oreste Pivetta

l taglio delle tasse, di cui rideva felice il nostro presidente del consiglio, costerà a tutti qualcosa. In particolare costerà alle ferrovie italiane 150 milioni di euro. Perchè, appunto, ai tagli già stabiliti, all’ultimo momento, per far contento il nostro uomo, Siniscalco ha aggiunto quest’ultima sforbiciata: una virgola, uno zac secco. In vecchie lire: 300 miliardi. Poco, tanto, dipende. Però è un semaforo verde al declino, una spintarella lungo il pendio per il quale scivolano gli investimenti pubblici per le infrastrutture (compresi i treni, naturalmente): 37mila milioni di euro, stanziati nel bilancio di previsione dello stato nel 2001, 32mila l’anno dopo, 31mila nel 2003, per scendere ancora sotto la barriera dei 30mila. Secondo un calcolo dell’Associazione nazionale dei costruttori e del Cnel ogni anno con il centrosinistra l’investimento nelle infrastrutture saliva del 10%, con il centrodestra ha preso a scendere del 12-13%. Il pugno duro lo ha usato naturalmente Siniscalco: 20% in meno.

Raddoppio dei binari? -1mld. A forza di tagli si finisce inevitabilmente per intrecciare i conti con le tragedie. C’è un numero ad esempio che riguarda da vicino il mancato raddoppio dei binari: un miliardo di euro. Esattamente quanto di anno in anno le ultime finanziarie hanno sottratto al trasporto ferroviario regionale e locale. Al governo non piace questo riferimento e infatti risponde confermando il taglio, ma informando della facoltà concessa alle ferrovie di rivolgersi per un prestito a Infrastrutture Spa, il proteiforme calderone che accoglie debiti e promette finanziamenti. Debiti e crediti non sono ovviamente tutti uguali: si sa che il trasporto locale non vale, politicamente, l’Alta Velocità (che ci riporta alle grandi opere).

I conti sono difficili sempre. Le voci di un bilancio ferroviario sono infinite. Quanto ci costano i nostri treni? 7-8mila miliardi all’anno (sulla base però di una piano decennale di spesa voluto da Cimoli che prevedeva 78mila miliardi). Malgrado tutto sono certe le intenzioni del nostro governo. Sulla base della legge finanziaria dell’anno passato, il piano triennale 2005-2007 poteva contare su quasi 15 miliardi di euro. Cambia tutto con la finanziaria del 2005: neppure 10 miliardi, cioè 5 miliardi di euro in meno. I piani triennali sono previsioni che si possono correggere. Ma il senso di marcia è chiaro.
Il deserto dei cantieri. Commentano politici e tecnici: l’andamento virtuoso si è trasformato in un andazzo penoso, da recessione, da crisi. Berlusconi che s’era presentato agli elettori con la carta geografica delle grandi opere s’è rassegnato a inaugurare cantieri che erano stati inaugurati da Ciampi qualche anno prima e a finanziare progetti molto meno onerosi delle opere vere. Una svolta: si ripiega sull’Irpef, che tutto sommato dal punto di vista della propaganda forse si presta meglio. Le grandi opere valgono dal punto di vista dei mattoni e del cemento uno zero: con la legge obiettivo del 2002 ne erano state indicate a decina, un’ottantina più varie sottospecie di grandi opere. La finanziaria non prevede un centesimo in più rispetto alle risorse già indicate (circa 9 miliardi), il costo delle opere già deliberate dal Cipe ammonta a circa 43 miliardi, il fabbisogno finanziario per l’insieme dei lavori annunciati e promessi sarebbe di 232 miliardi di euro (un’ipotesi, si capisce). La distanza è un abisso. Risultato: cantieri aperti tre.

Infrastrutture lontane. «Neppure Berlusconi ci crede più», osserva un parlamentare Ds, Franco Raffaldini, responsabile trasporti, che ipotizza con preoccupazione un abbandono del campo per miseria di risultati: «Berlusconi non ce la fa. Preferisce negli ultimi mesi di governo dedicarsi a riforme più facili. Ma è grave, perchè la caduta degli investimenti nelle infrastrutture e la miopia strategica rischiano di condannare l’Italia all’isolamento, un ostacolo in mezzo al mare da aggirare e scavalcare... ».

Colonizzati. Franco Nasso, segretario della Filt Cgil, vede un altro pericolo: la liberalizzazione delle ferrovie premia chi ci crede e mezzi per investire. Svizzera e Germania sono in prima fila e già si sono conquistate i loro primi chilometri: al di sotto del Brennero e al di sotto di Chiasso, diventando maggioranza all’interno di società italiane. Sarà una conferma di una nostra debolezza a competere, rischia di diventare il binario della nostra marginalità.

Lunardi replica che va tutto bene. Regge lui, dopo Berlusconi, la bandiera delle grandi opere, dei trafori. Trucchiamo tutto, anche il Frejus. Si può scoprire ad esempio che per l’epocale galleria sono previsti dalla legge obiettivo duemila e passa milioni di euro, mentre nei patti con la Francia i costi per l’Italia sono ben altri, perchè l’Italia paga anche per i francesi: quattromila e cinquecento miliardi (si dovrebbero aggiungere i milioni per la tratta di 47 chilometri tra Settimo Torinese e la Val di Susa). Dove si troveranno tanti euro? Buco su buco fino alle generazioni future. Magari in quell’informe creatura che è Infrastrutture Spa, che presto si impadronirà anche delle strade e autostrade italiane, lasciando l’Anas senza risorse. Ancora buchi su buchi. Stavolta nel nostro asfalto quotidiano. Pare assurdo, ma Tanzi ha fatto scuola.

http://www.unita.it/index.asp?topic_tipo=&topic_id=40170

Messaggi

  • LEGAMBIENTE DENUNCIA
    «Una tragedia annunciata»:così il presidente di Legambiente Emilia Romagna, Luigi Rambelli sull’incidente di Cavalcore. «Le cause specifiche devono certo essere chiarite dalle indagini - ha detto -ma va segnalato che sta aumentando il numero dei guasti e degli incidenti che coinvolge in particolare le linee locali, mentre da parte di troppi organi di governo nazionale e locale si continuano a proporre interventi per miliardi di euro per nuove opere stradali»

  • Questo comunicato vuole denunciare, all’indomani del gravissimo incidente di Crevalcore nel quale hanno perso la vita 5 colleghi e parecchi viaggiatori, che il processo di privatizzazione e di progressiva e sempre più incontrollata dismissione di interi settori della ex azienda pubblica per eccellenza, le ex Ferrovie dello Stato, è in pieno svolgimento.

    Dopo la divisionalizzazione della struttura in svariate società (Trenitalia, Rfi, Grandi Stazioni…), dopo i servizi dati in appalto, dopo i cospicui tagli di personale, dopo il peggioramento delle condizioni di lavoro nei settori legati al cosiddetto core business (per usare un linguaggio che ai nostri dirigenti piace tanto), personale di bordo e di macchina, ecco l’esternalizzazione vera e propria.

    · Si comincia dalle biglietterie, ormai difficili da trovare se non nelle stazioni principali, e il tentativo sempre più diffuso di cedere il servizio esclusivamente alle agenzie di viaggio.

    · Poi si prosegue con i dirigenti movimento (gli ex capi stazione), sempre meno persone che si ritrovano di fronte a computer sempre più grandi (il nuovo progetto di automazione delle linee prevede un unico centro di controllo telecomandato atto a presidiare un tratto che va da Sestri Levante a Roma!!! E le stazioni sono ormai dei deserti). Q

    · Quindi si procede a riorganizzare il settore dell’assistenza a terra, con una costante de-professionalizzazione del personale, costretto a svolgere servizi al limite del mobbing.

    · Gli uffici informazioni costretti a lavorare quasi affidandosi al caso, senza corsi di aggiornamento professionale da anni e impossibilitati a garantire un servizio decente ai viaggiatori (mancate coincidenze, ecc.).

    · La situazione in cui vivono poi gli addetti del personale viaggiante e del personale di macchina è sotto gli occhi di tutti, orari di lavoro disumani, con la giornata lavorativa tornata a 10 ore e lavoratori costretti a dibattersi con materiali sempre più obsoleti e precari.

    · E’ di questi giorni poi la notizia che il servizio di informazioni telefoniche (il tanto pubblicizzato 892021), numero nazionale a pagamento al quale rispondevano vari dipendenti fs presso centri dislocati in quasi tutte le principali città italiane (servizio originariamente gratuito e ora a pagamento, oltre 50 centesimi al minuto!), è ora stato affidato ad una società esterna.

    Le telefonate hanno subìto un calo consistente da alcuni mesi a questa parte fino a che il numero degli addetti è stato progressivamente ridotto. Tutto ciò non è dipeso unicamente dall’utilizzo di strumenti tecnologici quali internet o il risponditore automatico, come alcuni dirigenti vorrebbero far credere, ma il flusso di telefonate (in realtà consistente) viene deviato su un call center privato, con sede a Roma, zona San Lorenzo, presso il quale lavorano dipendenti non fs.

    Con quale stipendio, con quale contratto e a quali condizioni è da appurare.

    Si creano posti di lavoro precari e si perdono posti di lavoro a tempo indeterminato.

    Certo è che Trenitalia, con disponibilità di strutture (locali conformi), computer adattati specificamente per lo svolgimento di questo servizio, personale ferroviario formato e professionalizzato decide di affidare tale servizio all’esterno, senza che sia resa nota la destinazione degli strumenti di lavoro e soprattutto del personale.

    Questa azienda continua a spostare flussi di denaro pubblici verso strutture private, peggiorando i servizi per gli utenti (spesso le informazioni fornite dal risponditore automatico non sono esatte o poco corrispondenti alle richieste) e dichiarando di avere personale in esubero quando le mansioni da ricoprire vengono affidate a lavoratori in affitto, o part-time, o a tempo determinato.

    Tutto ciò avviene in nome di un ridimensionamento che oltre al contenimento quasi ossessivo dei costi mira in realtà ad eliminare un’intera categoria di lavoratori, i ferrovieri.

    Ciò che rimarrà, se questo processo andrà avanti, sarà solo un’immagine senza sostanza, rotaie senza treni, treni senza viaggiatori, viaggiatori senza ferrovia.

    Rete Ferrovierinlotta

    Genova, 11 gennaio 2005


    • Roma, 11:55

      Scontro treni, breve sciopero ferrovieri in memoria vittime

      Dalle 11:50 alle 12, i ferrovieri italiani si fermano, oggi, per dieci minuti di sciopero deciso dalle sei organizzazioni sindacali di categoria, in memoria delle 17 vittime del disastro ferroviario avvenuto il 7 gennaio scorso a Bolognina di Crevalcore.

      Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Sma-Fast, Ugl e Orsa chiedono al Governo, al Parlamento e ai vertici delle Ferrovie dello Stato di ’’fare la loro parte per garantire al paese un sistema ferroviario moderno e sicuro che assuma la centralità nel sistema dei trasporti.

      Il gravissimo incidente di Bolognina - spiegano - obbliga a una rigorosa analisi delle condizioni nelle quali si svolge l’esercizio ferroviario, con l’obiettivo di individuare gli interventi atti ad impedire il ripetersi di altri tragici eventi.

      Bisogna accelerare gli investimenti nelle tecnologie di sicurezza su tutta la rete, completare le opere sulle nuove linee e sui nodi, ripristinando tutte le risorse necessarie e accorciando i tempi degli interventi di realizzazione e messa in opera, rimediando così a inconcepibili ritardi".

      da "repubblica on line" 12.1.05