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Sinistra Cgil: «Nessuna intesa. Ora lo sciopero»

Publie le venerdì 25 luglio 2008 par Open-Publishing
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Sinistra Cgil: «Nessuna intesa. Ora lo sciopero»

Il momento è delicato: ieri Cgil, Cisl e Uil hanno cercato di superare le divisioni e trovare una quadra sul tavolo aperto con le imprese. Ma la sinistra Cgil è contraria: intesa a perdere, si vada in piazza. Nuovi attacchi dal ministro Sacconi
Assemblea affollata a Roma: mobilitazione in autunno. Contro governo e Confindustria, che attaccano i diritti

di Antonio Sciotto ROMA

«In queste condizioni nessun accordo è possibile. Dobbiamo preparare una mobilitazione in settembre, fino allo sciopero generale». Un’assemblea molto affollata, quella di ieri al Centro Congressi Frentani di Roma, con quadri e delegati Cgil provenienti da tutta Italia: e il documento finale non lascia spazio a dubbi. Convocata da 31 componenti del direttivo, dal segretario generale Fiom Gianni Rinaldini, dall’area Lavoro e società, dalla Rete 28 aprile, ha raccolto un interesse molto ampio. Era presente il segretario generale della Funzione Pubblica Cgil, Carlo Podda, ed è intervenuta a titolo personale Morena Piccinini, segretaria confederale del sindacato. Ma soprattutto c’era il cuore della Cgil, fatto di tantissimi delegati che non ne possono più di rimanere «congelati» in una trattativa - quella con le imprese - che non annuncia sbocchi, e che ormai è evidentemente a perdere. Nè tollerano il freno a mano rispetto alle politiche del governo. Il messaggio al segretario Guglielmo Epifani è chiaro: è arrivata l’ora della piazza.

A spiegare il perché del no all’accordo con Confindustria, e insieme la necessità di mobilitarsi, stando esclusivamente sul merito, è Gianni Rinaldini: anzi, il segretario generale della Fiom non usa neppure i propri argomenti, ma parte dalla piattaforma sui contratti di Cgil, Cisl e Uil che la sinistra Cgil non ha condiviso. «Già quel testo - afferma - è ampiamente superato dallo stato attuale della trattativa. All’inizio del documento - dice Rinaldini - si parla di "regole universali sulla contrattazione" da decidere con governo e parti datoriali: ma è più che evidente che l’esecutivo sta riscrivendo da solo le regole, con il decreto 112. In secondo luogo, la Confindustria è disponibile a riconoscere aumenti dell’1,7-1,8%, togliendo l’inflazione importata, e Bonanni ha già dato disponibilità a discutere. Infine, con l’accordo separato del commercio, abbiamo visto che mancano regole per superare le divisioni tra le sigle». «Allo stato attuale, quindi, - conclude il segretario Fiom - o accettiamo qualsiasi accordo, anche pessimo, o usciamo all’ultimo momento, ma quando saremo impreparati al conflitto. Dunque bisogna preparare ora la mobilitazione, anche perché l’autunno è già affollato di manifestazioni, c’è perfino l’Ugl, e tutti si chiederanno: la Cgil dov’è? Così rischiamo di sparire».

Morena Piccinini spiega di non avere le stesse opinioni dell’assemblea sulla piattaforma contratti, ma nota che l’analisi sulle politiche del governo è comune a tutta la Cgil. Solo che «non basterebbero oggi i 3 milioni in piazza del 2002, il cambio dell’Italia è profondo e dobbiamo smontare le ragioni che hanno portato tanti lavoratori a votare a destra. Tentiamo unitariamente, e solo se Cisl e Uil non ci staranno, certo, agiremo da soli». «Ma per ora - è il messaggio - nessuno si tiri indietro prima, perché se saremo sconfitti, lo saremo tutti: le maggiori difficoltà potrebbero venire più dalle nostre divisioni interne che da quelle con Cisl e Uil».
L’analisi su come agire però non è condivisa dall’assemblea, seppure tutti apprezzino il «segnale di apertura e confronto» mostrato da Piccinini. Per Giorgio Cremaschi, Rete 28 aprile, «l’attacco è doppio, viene da governo e Confindustria: dicono che la lotta di classe è finita, ma invece la combattono eccome, con rigidi criteri marxisti, mentre noi sembra che non la facciamo più. E anzi per loro non va più bene neppure la concertazione, chiedono "complicità": vogliono che li amiamo». Dunque «la Cgil non firmi», «e non segua Bonanni e Angeletti, che anzi vanno combattuti, perché accettano la fine dell’uguaglianza garantita dal contratto nazionale». «D’accordo - replica a Piccinini - forse non basteranno 3 milioni di persone, ma intanto andiamo a chiedere ai lavoratori se vogliono andare in piazza. Se si comincia poi si prende coraggio: basta stare dietro alla Cisl, la Cgil deve fare la Cgil». La platea apprezza, tanti gli applausi.

Nicola Nicolosi, Lavoro e Società, spiega che «finalmente abbiamo ricominciato a parlare: e qui si sta insieme sul merito, si ragiona sulla strategia del sindacato». Perché «cambiare il modello del contratto, vuol dire cambiare modello di sindacato: io non sono d’accordo con Epifani quando dice che dobbiamo metterci alle spalle il sindacato del Novecento. Il conflitto tra capitale e lavoro non è finito». Anche per Nicolosi «l’accordo con le imprese non si può fare, e dobbiamo avviare la mobilitazione, che deve arrivare fino allo sciopero generale». Conclusioni condivise da tutta l’assemblea, tanto che chiudono il documento finale.

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