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Sinistra di movimento. Sinistra di governo

Publie le sabato 31 marzo 2007 par Open-Publishing

di Giuliano Garavini

Si sta profilando l’occasione storica di costruire una cooperazione fra tutte le forze della sinistra con l’obiettivo di dar vita ad un Socialismo italiano ed europeo che superi le contraddizioni e le rigidità imposte dalla Guerra fredda e dalle leggi del Mercato. Una sfida di questa portata ha senso solo se rilancia l’autonomia e l’attivismo di movimenti sociali invece di spegnerlo, se è in grado di assorbirne ed elaborarne le idee

Molte cose non andavano nel Partito comunista italiano. Il partito era appesantito dall’apparato burocratico, incapace di un ripensamento dell’idea e della pratica socialista che non fosse incentrata sull’azione dello Stato e delle istituzioni, non aveva saputo affrontare un’autentica riflessione critica sull’Unione Sovietica e sulla necessità di una dimensione europea dell’agire politico.

Tra le note negative, va evidenziato un dato indubbiamente positivo. La gran dei politici comunisti ritenevano l’elezione in un consiglio municipale o regionale, così come nel Parlamento italiano, un male necessario, un’onorificenza che allontanava parzialmente dall’azione operativa sul territorio, nelle fabbriche, nei luoghi di pensiero e di discussione. Il centro storico di Roma non era l’Italia.

Nel dibattito di questi giorni sul rapporto fra movimenti e politica sembra di avvertire un vento che spira in direzione opposta: il militante di partito che non vede l’ora di essere candidato, il candidato che non vede l’ora di entrare in consiglio comunale o a dirigere una municipalizzata e, sommo traguardo, aspira a liberarsi dal fango della strada e del contatto con i suoi elettori per una poltrona nel Parlamento italiano.

Dirò subito dove si vuole arrivare: il Parlamento e i suoi gruppi parlamentari non sono la Democrazia ma solo un tassello, seppur importante, di un tessuto democratico che dovrebbe impregnare i rapporti nelle famiglie, nelle scuole, nelle aziende e nelle università, nella formulazione e la pratica della politica estera, nei rapporti fra culture e religioni diverse. Una sinistra che vuole ambire ad un orizzonte di governo si costruisce sulla base di un attivismo creativo in tutte le articolazioni sociali di un Paese. L’azione parlamentare costituisce solo una componente del suo operare. La sinistra che esiste solo al momento delle elezioni e che, in questa occasione, ritiene di aver ricevuto un mandato in bianco a legiferare non è una sinistra di governo ma semplicemente una sinistra di potere (vedi alla voce: Partito democratico).

Questo discorso mi sembra particolarmente importante nel momento in cui in Italia, anche grazie alla scelta coraggiosa della Sinistra Ds, si sta profilando l’occasione storica di costruire una cooperazione fra tutte le forze della sinistra con l’obiettivo di dar vita ad un Socialismo italiano ed europeo che superi le contraddizioni e le rigidità imposte dalla Guerra fredda e dalle leggi del Mercato.Una sfida di questa portata ha senso, e possibilità di riuscita, solo se rilancia l’autonomia e l’attivismo di movimenti sociali invece di spegnerlo, se è in grado di assorbirne ed elaborarne le idee.

Prendiamo ad esempio alcune questioni pratiche, che si pongono oggi e per le quali una politica di governo della sinistra non può che prendere in considerazione, ancor più seriamente di quanto fatto finora, gli spunti provenienti dal mondo dell’associazionismo e dei movimenti.

Una sinistra di governo non può concepire una politica estera che non innovi profondamente con la pratica attuale che, non lo nascondiamo, è quella di un appoggio più o meno caloroso alle iniziative statunitensi nelle aree calde del globo, dal Kosovo all’Afghanistan, e comunque senza la minima capacità di far invertire la rotta strategica di Washington. Una nuova impostazione della politica estera non può che essere basata sul ripensamento della Nato che oggi, più che un patto di difesa, sembra configurarsi come il braccio armato dell’Occidente, sull’opposizione a qualsiasi incremento della presenza militare americana sul territorio europeo, sulla creazione di una comune politica estera europea volta alla cooperazione internazionale e alla pace. Le riflessioni che sono state compiute e praticate durante il periodo dei movimenti contro la guerra in Iraq, nonché delle recenti manifestazioni sulla base americana di Vicenza, forniscono un buon punto di partenza.

Una sinistra di governo non può che prendere atto dell’opposizione popolare, in occasione dei referendum in Francia e in Olanda, alla Costituzione europea, delle innovazioni proposte dal Forum sociale europeo, a partire da quello di Firenze, e pretendere che qualsiasi evoluzione dell’Unione europea comprenda una maggiore partecipazione dei cittadini, una difesa dei servizi pubblici e delle reti pubbliche, un impegno culturale. In altre parole: la nuova Europa deve segnare un’inversione di tendenza rispetto all’attuale prevalenza della sua dimensione mercantile e monetaria, e questo prima che sia varato un nuovo trattato europeo che si vorrebbe presentare per il 2009. La riflessione è già stata abbondantemente avviata da intellettuali, movimenti sociali, sindacati. Alla sinistra di governo italiana compete di elaborare tutti questi impulsi in direzione di un "europeismo critico" che sia in grado di modificare la sostanza delle cose.

Una sinistra di governo non può che ragionare sulle varie articolazioni e istanze del movimento contro il precariato e proporre una nuova strategia per la partecipazione dei lavoratori sui luoghi di lavoro, per un sistema di diritti che dia pari dignità e salari a lavoratori precari e a quelli a tempo indeterminato, così come un trattamento umano per i lavoratori immigrati. Il mondo dei sindacati confederali rappresenta su questi temi un interlocutore imprescindibile ma non l’unico, perché su temi come reddito di cittadinanza, liberazione dal lavoro e lavoro precario presenta per molti versi analisi scarsamente innovative.

Una sinistra di governo non può che elaborare su tutto quel pensiero volto a ripensare i beni pubblici come l’acqua, la scuola, la sanità, ma anche le reti dei trasporti ed energetiche, e l’ambiente, impedendo una loro ulteriore liberalizzazione ed anzi ribaltando la marea montante delle privatizzazioni. I rischi di riproporre un nuovo Stato liberale in cui tutto ciò che è fondamentale per la vita dei cittadini era demandato ai privati e ai loro monopoli vengono allo scoperto, ad esempio, con le conseguenze terrificanti che sono sotto gli occhi tutti nel caso di Telecom Italia e della sua trasformazione in una società privata per delinquere.

Sinistra di movimento e sinistra di governo possono essere due ambiti separati, così come sembra auspicarsi chi propone di dar vita ad un Forum delle opposizioni sociali (da "Sinistra Critica" a Marco Revelli), ma non contrapposti. Il pericolo di una divaricazione fra questi due modi di sinistra di interpretare l’azione politica è: da un lato l’inaridimento di movimenti che non si assumono mai responsabilità, dall’altro l’irrilevanza di una sinistra istituzionale che non cambia la sostanza delle cose.

http://www.aprileonline.info/2472/sinistra-di-movimento-sinistra-di-governo