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Sinistra europea: la responsabilità del rinnovamento

Publie le lunedì 9 luglio 2007 par Open-Publishing

Intervento collettivo

Forum per la Sinistra Europea/Socialismo XXI – Torino

Come Forum della Sinistra Europea/Socialismo XXI di Torino, riteniamo
sia importante, nel momento in cui Sinistra Europea si costituisce
formalmente, ricordare gli elementi di fondo del dibattito, dal quale
ha
avuto origine questo progetto. L’idea di dare vita a un nuovo soggetto
politico, infatti, aveva due radici, fra loro strettamente intrecciate:

da un lato la riflessione sulla inadeguatezza nell’attuale fase
politica
della “forma partito” tradizionale, dall’altro la critica (propositiva
e
partecipata) dei movimenti che si sono manifestati in questi ultimi
anni
contro la precarietà del lavoro, contro la guerra, contro il razzismo e

per la difesa dell’ambiente. Le forme assunte dai processi di
globalizzazione del capitalismo in questi ultimi venti/trent’anni – si
diceva – impongono un salto di qualità anche delle forme sociali e
politiche dell’agire collettivo anti-capitalistico, attraverso il quale

operare una ridefinizione (o una re-invenzione) della politica, intesa
nel suo significato più ampio.
L’esigenza, insomma, era quella di darsi gli strumenti per affrontare
con coraggio (e insieme con senso di responsabilità) le grandi
questioni
emerse da questi ultimi anni: i mutamenti della composizione delle
classi lavoratrici, la frammentazione e la dispersione delle lotte, la
difficoltà di mettere in comunicazione tra loro movimenti e partiti, di

far interagire positivamente le mille soggettività di cui si compongono

i movimenti e i vari ceti politico-organizzativi che si muovono nella
sinistra anti-capitalistica. Superando tanto la sclerosi delle forme
“classiche” di organizzazione (il partito e il sindacato), quanto la
sclerosi (altrettanto pericolosa) dei movimenti stessi.

In un quadro politico, come quello odierno, caratterizzato
dall’esistenza di una miriade di partiti e partitini, di gruppi,
movimenti, associazioni politiche e sociali, Sinistra Europea potrà
dunque essere un elemento di aggregazione, nella misura in cui saprà
davvero rappresentare un modo nuovo e diverso di intendere (e di
praticare) la politica. Un modo di fare politica che parta, in primo
luogo, dalla capacità di intraprendere una specie di “Osservazione
partecipata” delle realtà sociali, in cui noi, gli osservatori, si sia
parte del contesto di osservazione, ma al tempo stesso si sia anche un
elemento attivo di confronto con i soggetti che compongono quel
contesto. I partiti che oggi operano nelle istituzioni, purtroppo,
riteniamo abbiano perduto questa capacità, non per un rifiuto
intrinseco, ma per una reale difficoltà e incapacità di essere duali:
forma rappresentativa e partecipata, insieme, nella dinamica delle
trasformazioni sociali. Si ragiona per macroeventi, per
macrosituazioni,
non si riesce più a cogliere il micro, a causa di una perdita di
interesse per l’inchiesta, per la conoscenza diretta, per l’indagine di

tutto ciò che ci circonda.
La sfida di Sinistra Europea deve essere invece proprio quella di
mutare
questo modus operandi, interloquendo costantemente con la società, con
i
movimenti, con le realtà locali, con tutti i coordinamenti operanti in
Italia e non, insomma: indirizzandosi all’apertura, al dialogo, al
rinnovamento. Se queste saranno le basi di Sinistra Europea, donne e
uomini si spenderanno per questo progetto, inizieranno un lavoro
politico di grande respiro, entrando in contatto con tutti, avendo
soprattutto la capacità di dialogare con tutti. Veniamo tutti da
esperienze diverse, con un portato personale importante, che non va
ridotto ma, anzi, va convogliato in una trama più larga di tutte le
esperienze dei partecipanti.

Alla luce di quanto detto, non possiamo esimerci dal muovere una
critica
propositiva a un punto della nostro Pre-Statuto della Sinistra Europea,

nello specifico a quello titolato “Per una nuova sinistra in Italia”.
La
logica che sembra emergere da quel testo, infatti, ci sembra essere
ancora quella della politique politicienne, della preoccupazione per
gli
schieramenti e le aggregazioni del ceto politico tradizionale, in
particolare là dove si analizzano i prevedibili effetti della scomparsa

dei Democratici di Sinistra e si parla di «una sfida al Partito
Democratico», di «una responsabilità supplementare» che spetterebbe a
Sinistra Europea. Il rischio, ci sembra, è quello di continuare a
ragionare in termini di contesto politico-partitico, anziché in termini

di rinnovamento complessivo della politica. Noi, come Sinistra Europea,

siamo già – per composizione, connotati, cultura, operatività – una
realtà diversa dai partiti tradizionali, non dobbiamo supplire ai
fallimenti altrui, ma dobbiamo rappresentare piuttosto l’alternativa a
un modo di “essere partito” che, nel corso degli ultimi decenni, ha
prodotto solo guasti e passività, in qufinito per allontanare
la
stragrande maggioranza delle persone dalla partecipazione, dalla lotta,

dalla pratica diretta della democrazia.
Sinistra Europea, in altre parole, non è (e non vuole essere) la pura e

semplice aggregazione di alcuni settori del ceto politico della
sinistra
anticapitalistica, siano questi legati ai partiti, ai sindacati o ai
movimenti. Da questo elemento di aggregazione formale, pur necessario e

indispensabile, Sinistra Europea vuole invece partire per mettere capo
a
un’esperienza sociale e politica di tipo nuovo, capace in primo luogo
di
recuperare un rapporto (che oggi risulta gravemente indebolito, se non
quasi del tutto assente) con i gruppi sociali maggiormente colpiti
dalla
ristrutturazione capitalistica. E per andare in questa direzione è
indispensabile che Sinistra Europea (nel momento in cui andrà
impiantandosi, concretamente, nelle singole città e realtà
territoriali)
metta al centro delle proprie iniziative e del suo stesso modo di
presentarsi un’attività rivolta ad aggregare quante più forze è
possibile, nei movimenti ma anche (e forse soprattutto) in quella
vastissima area di compagne e di compagni che negli ultimi anni hanno
scelto di tenersi ai margini delle varie forme organizzate della
sinistra. Nelle singole realtà locali Sinistra Europea non può e non
deve presentarsi come un “contenitore” di ciò che già oggi esiste (in
termini di partiti, gruppi, frazioni di vecchio ceto politico alla
ricerca di una nuova collocazione), ma come elemento di aggregazione a
partire da una serie di contenuti, come strumento di azione politica
per
favorire l’apertura di un nuovo ciclo di lotte anti-capitalistiche.

Se non sapremo rappresentare e praticare questa alternativa, se saremo
l’ennesima riproposizione di un soggetto politico che si propone come
“casta”, desueto e afasico, non saremo utili a nessuno, ma soprattutto

crediamo – tradiremmo ciò per cui oggi ci troviamo in questa sede, con
delegazioni di diversa provenienza (culturale e ideale), uniti dalla
volontà di definire attraverso il confronto e lo scambio reciproco cosa

siamo, cosa vogliamo essere, come vogliamo essere rappresentati, di
quali spazi fisici dobbiamo dotarci nei territori, quali devono essere
i
nostri principi e i nostri valori, come vogliamo comunicare al mondo
esterno (ma anche al nostro interno) la nostra volontà di alternativa.
In questo senso ci preme sottolineare anche il significato della scelta

di adottare – come Sinistra Europea – una forma organizzativa di tipo
federativo, pluralistica e aperta al rapporto/confronto con tutti
quanti
si battono, nell’attuale fase storica, contro il capitalismo
neoliberista, le guerre imperialistiche, la devastazione dell’ambiente,

il razzismo e il sessismo. Una scelta che non è stata dettata –
vogliamo
ricordarlo – da ragioni contingenti, di procedura del processo
costituente, ma da una concezione ben precisa di ciò che Sinistra
Europea vuole essere, in sé, come nuovo soggetto politico, e che si
tratta ora di ribadire e di rafforzare, garantendo anche (a tutti i
livelli) il massimo di democraticità nei processi di elaborazione
politica e di formazione delle decisioni.

La questione di genere

Nella prassi politica degli ultimi 60 anni, anche all’interno dei
partiti e delle organizzazioni di sinistra, la partecipazione della
donna è stata per molti versi osteggiata da visioni maschiliste
discriminatorie, retrograde e opportunistiche. Mentre molte donne si
sono mosse nell’ombra di moventi politici, creando un’enormità di
proposte e risoluzioni a svariati problemi.
Le figlie di questo stato di cose, oggi, pretendono a ragion veduta di
contare ed essere fattivamente presenti nelle istituzioni, nei ruoli
chiave e soprattutto nei tavoli di discussione legati al mondo
politico.
Crediamo che il problema non sia affatto superato, ancora oggi, e che
questa visione monosessuata della politica sia dura a tramontare, ma al

tempo stesso crediamo anche che il modo migliore per contrastarla non
sia quello – un po’ opportunistico – delle “discriminazioni in
positivo”. La donna non è un mondo a parte, non è un soggetto a sé, è
pensante, agente, proponente, tanto quanto l’altra metà del genere
umano, e per questo deve essere valutata, non per una sterile retorica
sulla “tutela” che rischia di essere stucchevole, strumentale e – a
nostro avviso – superata, oltreché sottilmente umiliante per le donne
stesse. Non vogliamo che si passi da un padre padrone ad un tutore
legale
La nostra convinzione è che Sinistra Europea debba garantire il massimo

di rappresentanza a tutte le figure che vogliono parteciparvi, siano
esse donne o uomini. E che il diritto delle donne a fare politica non
sia garantito tanto da una norma statutaria, ma passi piuttosto per
l’adozione di uno stile di lavoro e di un costume interno (per così
dire) dai quali siano aboliti i pregiudizi maschilisti e le
prevaricazioni quotidiane. Questo deve essere, a nostro avviso, un
impegno preciso che Sinistra Europea assume formalmente, come cartina
di
tornasole della sua capacità di essere davvero una forza politica
nuova.
Donne e uomini con pari diritti, pari poteri, pari dignità, insieme per

creare, per sensibilizzare, per costruire. Il criterio della
rappresentanza di genere al 50% può essere uno stimolo in questo senso,

ma di per sé non costituisce alcuna garanzia di un effettivo
rinnovamento, sul quale dovranno essere invece le stesse compagne a
vigilare e a dare battaglia, se necessario.

Partecipanti all’assemblea di Roma 16/17 giugno 2007
Franco Cilenti
Giulia Bertelli
Dorino Piras
Elio Limberti
Marco Scavino
Luigi Sulla