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Sistema giudiziario e carceri in Turchia: l’Europa si fida?
Publie le martedì 22 maggio 2007 par Open-Publishingde Vittorio Agnoletto
Dalla risposta della Commissione Europea a un’interrogazione riguardante le condizioni di salute di
Ocalan, un interessante spunto di riflessione. L’Unione Europea sembra credere alle autorità giudiziarie
turche, nonostante sappia che Ankara non ha ancora ratificato protocolli specifici contro la
tortura. Una posizione che solleva non pochi dubbi.
Ricorderete probabilmente dell’interrogazione posta dal gruppo della Sinistra Europea al Parlamento
Europeo in merito alle condizioni di salute di Abdullah Ocalan e alla notizia di un suo possibile
avvelenamento. In quel documento chiedemmo alla Commissione di attivarsi per verificare lo
stato di salute del leader curdo e ottenere garanzie relativamente al rispetto dei suoi diritti come
detenuto.
È di pochi giorni fa la - francamente sconcertante - risposta del Commissario per l’Allargamento,
Olli Rehn. La Commissione ha deciso di dare credito alla versione del procuratore generale di Bursa,
che avrebbe comunicato l’esito negativo dell’inchiesta promossa dagli avvocati di Apo. Di fronte
alla denuncia degli avvocati di Ocalan, pertanto, l’Europa ha chiesto solo il parere dei magistrati
turchi, sulla cui indipendenza dalla politica ci sarebbe comunque molto da dire … Com’è possibile?
È sufficiente il riscontro di un magistrato per escludere l’avvelenamento ai danni del leader curdo?
Ad ogni modo, è la stessa Commissione a confermare i nostri dubbi. Sempre secondo Rehn, infatti,
«la creazione di un meccanismo indipendente per il controllo delle strutture di detenzione è una
priorità a breve termine del partenariato per l’adesione della Turchia». Ma «nella relazione del
2006 sui progressi compiuti dalla Turchia, la Commissione ha rilevato che le prigioni civili e militari
non sono aperte ai controlli indipendenti». Ankara non ha infatti ancora ratificato il protocollo opzonale
della Convenzione contro la tortura delle Nazioni Unite, firmato dalla stessa Turchia il 14 settembre
2005, che prevede la creazione di un Sotto-Comitato per la prevenzione della tortura, il cui
compito è quello di effettuare regolari ispezioni nei luoghi di detenzione presenti sul territorio degli
Stati contraenti.
Dunque nessuna Ong, nessuna autorità indipendente (né tanto meno nessun parlamentare europeo)
può ad oggi visitare gli istituti penitenziari in Turchia, incluso quello dove è detenuto Ocalan.
Non possiamo quindi dire qual è la situazione all’interno delle carceri e se, e in che misura, vengano
rispettati i diritti dei detenuti.
Non si tratta di questioni sulle quali l’Europa può tergiversare, affidandosi a un sistema non trasparente
né democratico: il rispetto dei diritti civili dev’essere centrale nelle trattative tra l’Ue e Ankara.
Non ci stancheremo di ripeterlo.