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Sospeso il referendum I No Dal Molin in piazza

Publie le giovedì 2 ottobre 2008 par Open-Publishing

Sospeso il referendum I No Dal Molin in piazza

di Checchino Antonini

Un milione e 200mila metri quadrati di verde sottratti agli abitanti della terza città più inquinata d’Italia. Polveri che si alzeranno per 44 mesi almeno sulle case e sulle vite dei vicentini durante un cantiere che pagheranno al 41% i contribuenti italiani. Frutto velenoso dell’oscuro lavorìo di un sindaco ex camicia nera, poi verde e infine azzurra, con la locale confindustria padrona di buona parte di tv e giornali locali e con la diplomazia Usa ad andare e venire dalla città berica. E pranzi e cene riservati con le categorie produttive e proclami dell’allora capo del governo Berlusconi con promesse di appalti e azzeramento dei dazi per la locale filiera dell’oreficeria.

Oro e guerra. Poi è venuta la doccia fredda, dalla Romania ma a parlare fu Prodi, il 16 gennaio 2007: non sarebbe mutata la politica estera incatenata dalle clausole segrete dei patti atlantici. «Con assoluta evidenza, dopo tanta retorica atlantista, si ha paura di sapere cosa pensano veramente i vicentini - dice Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista - questa sospensione è un vulnus alla democrazia e considera i vicentini come sudditi e non come cittadini. Siamo un Paese a sovranità limitata e le basi militari straniere sono lì a ricordarcelo. Il Dal Molin rientra dentro lo scenario di guerra permanente. L’11 di ottobre la contestazione alla base di Vicenza avrà ancora più centralità. È un motivo in più per scendere in tanti a Roma». «Questa vicenda dovrebbe interrogare chiunque sia convinto che l’Italia è un paese democratico e non una colonia», dice anche Paolo Beni, presidente nazionale dell’Arci.

Ieri, dunque, il Consiglio di Stato ha accolto la richiesta di sospensione del referendum. Il ricorso è stato presentato da un consigliere provinciale di Forza Italia. La consultazione era stata promossa dal Comune per chiedere il parere dei vicentini sull’acquisto dell’area demaniale destinata alla base. Il nuovo sindaco, Achille Variati, democristiano per bene, già sindaco negli anni ’90, è stato eletto sull’onda del No alla base. E ha mantenuto l’impegno per il referendum.

Il quesito è semplice e diretto: chiede ai vicentini se desiderino l’utilizzo pubblico di quell’area anziché consegnarla all’esercito Usa per riunire la 173ma brigata aviostrasportata sempre in giro a esportare democrazia. Che poi il Veneto è pieno di siti nordamericani, spesso misteriosi, sicuramente velenosi, per la terra e la democrazia. Variati rientrerà da Roma a tarda sera e si unirà subito ai suoi concittadini che manifestano in Piazza dei Signori. Tende e sacchi a pelo sotto la Prefettura. Si sente tradito da un’ordinanza «incomprensibile, miserevole dal punto di vista del diritto e che avvolge in una nube di sospetto l’alta corte che l’ha emessa».

Il governo ha lavorato marcando stretto il Consiglio di Stato e i poteri forti locali hanno puntato sul non voto per sgonfiare il bottino di Sì. A partire da Costa, l’ex sindaco di Venezia, ex ministro dei lavori pubblici dell’Ulivo, ufficiale di collegamento tra Italia e Zio Sam in questa vicenda. Le grandi opere, e devastanti, sono il suo hobby e la democrazia un optional: ora spaccia per compensazione alla città una tangenziale che servirà solo a collegare la vecchia e la nuova base. Fino a Galan, il governatore, che sarà ricordato per il rigassificatore in Alto Adriatico e altre porcherie.
Se non è emergenza democratica questa.

Cinzia Bottene, portavoce del Presidio permanente, una delle anime del movimento No Dal Molin, ora consigliera comunale della lista Vicenza libera, annuncia una reazione immediata della città. La notizia piomba mentre è in corso una visita in città di una pattuglia di europarlamentari di Rifondazione e della sinistra (Musacchio e Agnoletto del Prc, Guidoni del Pdci e il verde e Kusstatscher. Luisa Morgantini è stata a Vicenza martedì) che hanno volantinato in centro, incontrato le donne del Presidio e poi la vicesindaca. Roberto Musacchio, capogruppo Prc a Strasburgo, racconta a Liberazione di aver trovato molta partecipazione in città. Già domani presenterà coi suoi colleghi un’interrogazione sulla sottrazione di democrazia su materie ambientali.

L’Ue, infatti, prevede la consultazione delle comunità su problemi specifici. E c’è sempre il problema della mancata valutazione di impatto ambientale visto che non esiste un progetto definitivo. «Sarà decisivo - spiega Musacchio - il modo con cui le istituzioni parleranno alla città». Già, perché in ballo c’è l’unità tra Giunta e movimenti, e tra le varie anime del movimento. «Va respinto il tentativo di dividere il movimento, di isolare i No Dal Molin», spiega anche Vittorio Agnoletto che ha incontrato il prefetto per contestare «le ingerenze del governo sulla consultazione». Ma il prefetto, infastidito dall’immediata mobilitazione di ieri sera, ha negato perfino le cariche del 6 settembre contro un sit-in pacifico di fronte l’aeroporto.

La Cgil avanza l’idea di una consultazione autogestita. «Domenica sarà comunque il giorno del voto», annuncia anche Francesco Pavin, del Presidio permanente. Il progetto è di montare gazebi davanti alle scuole dove si sarebbe dovuto votare. D’accordo anche Fava di Sinistra democratica. A fianco del Presidio si schiera Sinistra critica. Invece i leghisti esultano per lo scempio annunciato del "loro" territorio.