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Sotto la spocchia cova il conflitto

Publie le venerdì 7 novembre 2008 par Open-Publishing

Sotto la spocchia cova il conflitto

di Francesco Piccioni

Colaninno «azzera» chi non firma

Buffo destino, per la parola «coraggio». Silvio Berlusconi, ieri, l’ha usata per ringraziare gli imprenditori che hanno aderito alla sua «cordata», nonostante lui stesso avesse temuto che potevano anche «rinunciare». E quindi, «grazie a questi coraggiosi imprenditori che vogliono fare di Alitalia una compagnia dedita al profitto». Ci mancherebbe... Il capocordata si era sentito già omaggiare con lo stesso termine. Da Massimo D’Alema, però. Ricordate? Fu quando Colaninno scalò Telecom - che doveva restare una public company - per poi liberarsene in un batter d’occhio e in un frullar d’assegni (i debiti finirono a Tronchetti Provera).
Ma un «capitano» con quelle doti è anche un generoso. E quindi ha riservato lo stesso aggettivo - «coraggiosi» - ai quattro sindacati che hanno accettato, senza chiedere una virgola di modifica, il suo diktat in quattro documenti (i tre contratti per piloti, assistenti di volo e personale di terra, più i «criteri di selezione» del personale futuro).

Domanda: se questo è il «coraggio», cosa potrà mai combinare chi ne è privo?

Le organizzazioni che non hanno firmato quei documenti passano da un’assemblea di lavoratori all’altra per decidere - insieme - il da farsi. Qualche idea comincia a venir fuori, e anche l’isolamento sociale si va sgretolando. Un centinaio di studenti ieri ha invaso lo scalo di Fiumicino volantinando in solidarietà con i dipendenti. Nei prossimi giorni la visita dovrebbe essere restituita all’università. La Fiom (vedi sopra) ha fatto sentire la sua voce. Che la soluzione della vertenza Alitalia costituisca insomma un problema politico, oltre che sindacale, comincia a esser chiaro per molti.

D’altro canto, le cinque sigle sindacali del cosiddetto «fronte del no», hanno ribadito di esser «disponibili a redigere i necessari documenti, se coerenti con quanto concordato a plazzo Chigi in settembre». Un nodo del contendere, su cui molta stampa padronale s’è spesa, riguarda i «criteri di selezione» per la nuova compagnia. e spiegano: «se corrisponde al vero quanto dichiarato da esponenti cai (non saranno esluse le madri con figli a carico e chi abbia fatto ricorso alla legge 104, ndr) non vedremmo alcun problema nell’esplicitarle chiaramente nel verbnale di intesa». Se non avviene...

A Palermo, ieri mattina, c’è invece stato un sit-in in piazza Pretoria. 160 dipendenti dello scalo dovrebbero esser licenziati, secondo il piano della Cai. Al loro fianco, un migliaio di addetti al call center Alicos, che ha fin qui gestito prenotazioni e quant’altro per conto della compagnia di bandiera.

Nel frattempo, l’attesa partenza della nuova compagnia viene sempre subordinata a condizioni che non dipendono né dai lavoratori, né dal governo. E’ il caso del parere della commissione europea sul prestito-ponte concesso in aprile (da Prodi, dopo le elezioni, su richiesta di Berlusconi). Sarà quasi certamente «negativo», ossia imporrà la restituzione dei 300 milioni allo stato. Ma chi dovrà restituirli? Non Cai, che accetterà solo i debiti (minimi) relativi ad attività operative. Non Alitalia, ovvero la bad company in liquidazione per mano di Fantozzi, che dovrà - per decreto (lo stesso che «regola» la cig dei licenziati) - soddisfare prima tutti gli altri creditori; compresi i dipendenti in attesa del tfr.

E si vengono a conoscere alcune «chicche». Come quella per cui la Compagnia aerea italiana (Cai) verserebbe a Fantozzi appena 100 milioni di euro in contanti (valutando zero ogni altro asset, compresi gli slot - diritti di atterraggio - posseduti in Italia e all’estero). Tradotto in italiano: a Cai viene letteralmente «regalata» una struttura industriale costata decenni di investimenti pubblici. E consapevolmente massacrata, negli ultimi venti anni, per arrivare a un risultato simile a quello prospettato oggi.

Il commissario Augusto Fantozzi ha spedito ieri le lettere di messa in mobilità a tutti i dipendenti del gruppo. Per «cessata attività». In questo modo, secondo una norma infilata di soppiatto tra i codicilli minori del «decreto Alitalia», i lavoratori potrebbero trovarsi tra l’incudine (il licenziamento senza nemmeno gli ammortizzatori sociali) e il martello (l’accettazione del contratto Cai). Tutti i lavoratori. Indipendentemente dalla mansione (volo o attività di terra) e dal sindacato cui si è iscritti.
In ogni altro settore industriale una simile tagliola verrebbe definita con un solo termine: «caporalato».