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Spioni etiopi, ma il cyber orecchio è europeo

par Massimo Lauria

Publie le mercoledì 26 marzo 2014 par Massimo Lauria - Open-Publishing

Secondo Human Rights Watch il governo etiope spia gli oppositori servendosi di software e microspie cinesi ed europee. Tra i ficcanaso c’è anche l’Italia.

Ficcanaso nostrani in salsa etiope per spiare le comunicazioni dell’opposizione al governo di Adis Abeba. È quanto denuncia l’organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch, che getta l’allarme sul presunto giro di intercettazioni illegali volute dal primo ministro dell’Etiopia, Hailè Mariàm Desalegn. Il governo, stando alla Ong, sta utilizzando tecnologie importate dall’estero per spiare cellulari e computer dei suoi oppositori.

Sotto accusa, oltre a Mariàm Desalegn, ci sono aziende cinesi ed europee, le stesse che hanno prodotto e consegnato alle barbe finte di Adis Abeba la strumentazione necessaria per le attività di spionaggio. Non è la prima volta che l’organizzazione per i diritti umani accusa il premier e il suo esecutivo di condurre attività repressive nei confronti di opposizioni e giornalisti. Ma ora la questione è più delicata.

Hailè Mariàm Desalegn, infatti, è anche presidente di turno dell’Unione Africana, carica che lo mette in una posizione imbarazzante rispetto agli altri primi ministri. Il premier etiope è costretto a difendersi dalle accuse di voler mettere a tacere il dissenso interno. Centinaia di testimonianze - tra cui oppositori ed ex funzionari dell’intelligence - sembrano inchiodare Mariàm Desalegn.

Le voci, raccolte tra il settembre 2012 e il febbraio di quest’anno, fanno parte dell’ultimo rapporto presentato dalla Ong internazionale. Il documento ha costretto il portavoce del governo e il ministro dell’Informazione etiope, Redwan Hussein, a respingere le accuse. Davanti ai microfoni dell’agenzia di stampa francese Afp hanno dichiarato che si tratta di un documento teso a «diffamare il governo e a destabilizzarne l’azione».

In Etiopia i contratti per la telefonia e le connessioni a internet sono gestiti da un’unica società, che - guarda caso - è di proprietà dello Stato. «Le forze di sicurezza etiopi - si legge nel rapporto - hanno potenzialmente un accesso illimitato alle conversazioni di tutti gli utenti telefonici e ai navigatori del web. Possono dunque registrare le telefonate senza doversi attenere ad alcun tipo di protocollo legislativo».

Licenza di spiare, dunque. E che sia legale o meno poco importa. Quello che conta è servire il potente di turno, garantendogli impunità e continuità politica. Solo che ad aiutare il premier etiope a ficcare il naso negli affari privati dei suoi cittadini sono state società che hanno sede in Cina, Regno Unito, Germania e anche Italia. Ognuna di queste aziende potrebbe essere chiamata a rispondere dell’accusa di collaborazione in attività illecite.

«Le aziende produttrici di questi dispositivi - ha detto Arvind Ganesan, direttore dell’organizzazione per la divisione business e diritti umani - dovrebbero assumere delle misure immediate per impedire l’uso improprio dei loro prodotti». Ma quante probabilità ci sono che le aziende coinvolte accoglieranno il suo appello, considerando che si tratta dei marchi più importanti del mercato internazionale delle telecomunicazioni?

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