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Stati uniti, vent’anni di declino
di Roberto Zanini
«Meno dominanti»: il rapporto del National intelligence council per Obama. «Superagenzia» Usa: addio potenza unica, il mondo torna multipolare
Un presidente fa, la bandiera degli Stati uniti d’America era «a new american century», un nuovo secolo americano. Un presidente fa, il nemico numero uno degli Usa - e quindi del pianeta - era il terrore islamico chiamato Al Qaeda. Un presidente fa, il mondo era unipolare e lo sarebbe rimasto a lungo.
A poche settimane dalla vittoria di Barack Obama, a meno di due mesi dall’addio di George W. Bush alla Casa Bianca, all’improvviso il pianeta è cambiato. Lo dice l’«agenzia delle agenzie» di intelligence, il National intelligence council, che come ogni quadriennio ha preparato per il nuovo presidente il suo rapporto più corposo. Si chiama Global Trends 2025, aggiorna il precedente Global Trends 2020 che venne consegnato a George W. nel 2004. È il quarto rapporto ventennale presentato dal National intelligence council, e aggiorna le previsioni sul mondo così come lo conosciamo. A credere alle parole degli analisti, non ne resterà molto.
La parola chiave è «declino». Secondo il Nic - un organismo nato nel 1979 e composto da tutte le agenzie di informazione degli Stati uniti, compresa naturalmente la Cia - il prossimo sarà il ventennio del declino americano.
Addio mondo monopolare nato dalle ceneri dell’Urss, addio fine della storia, addio «prosecuzione del dominio americano» (era la previsione del Global Trend 2020): gli Stati uniti «resteranno l’attore principale del pianeta, ma saranno meno dominanti» e nel prossimo ventennio alcuni giganti cresceranno ulteriormente, a spese del più grande di tutti. Cina, India, Brasile: la sfida allo strapotere americano arriva da questi paesi piuttosto che dall’Europa, condannata secondo gli analisti essere «un gigante azzoppato» a causa della sua incapacità di tradurre il proprio peso economico in influenza globale.
E insieme ai limiti della (ex?) superpotenza unica, arrivano anche gli effetti collaterali: l’avanzamento della democrazia come la si considera in Occidente non può essere dato per certo, e nemmeno l’avanzamento dei suoi strumenti - per così dire - come il libero mercato, che anzi potrebbe perdere terreno. La crisi finanziaria in corso sarebbe «il segno di una riorganizzazione generale dell’economia» che potrebbe avere effetti profondi. Il dollaro potrebbe smettere di essere la moneta di riferimento del pianeta. E i movimenti di capitali cambieranno: «Oggi la ricchezza - dice il Global Trends 2025 - si sta muovendo non solo da ovest a est ma si sta concentrando sempre di più sotto il controllo degli stati. Dopo la crisi finanziaria globale del 2008, il ruolo dello stato in economia potrebbe guadagnare appeal nel mondo».
Previsione facile, la Cina sarà «il paese che avrà più impatto sul mondo nei prossimi vent’anni» e per il 2025 sarà la seconda economia mondiale (a spese dell’Europa che scende al terzo posto), e il principale inquinatore del pianeta. La Russia riguadagnerà il terreno perduto, forte delle sue risorse naturali (che orienteranno anche paesi affamati di energia come Germania e Italia)e di politiche non precisamente democratiche, in questo caso smentendo il Global Trend 2010 secondo il quale dopo il crollo dell’Urss difficilmente Mosca sarebbe riuscita a ristabilire governi forti.
Se il rapporto 2025 non è viziato dalla volontà di compiacere Barack Obama e la sua bandiera di cambiamento, il prossimo ventennio sarà davvero spericolato e contraddirà in tutto e per tutto il credo di quella setta politico-religiosa chiamata neocons.
Al Qaeda, ad esempio, «potrebbe sparire più in fretta di quanto la gente non pensi», a causa dell’impopolarità dei suoi metodi presso il mondo musulmano.
Va tutto preso con le molle, naturalmente. Come ogni analisi a lungo termine anche quelle del Nic, per quanto supportate dalle più potenti agenzie di intelligence del pianeta, sono destinate a scontrarsi più che misurarsi con la realtà. Il rapporto si premura infatti di segnalare che nessuna tendenza è certa e che molto dipenderà dai leader politici mondiali. E non sempre in passato gli analisti del Nic hanno colto il bersaglio. Ai tempi di Reagan prevedevano che la Russia avrebbe superato gli Usa sul piano militare, fornendo al futuro presidente un ottimo strumento nella sua vittoria su Jimmy Carter. Più recentemente, gli analisti del Nic avevano correttamente previsto la caduta di Saddam (e il capo del Nic, Thomas Fingar, sarebbe stato tra i pochi a non prestarsi alla truffa delle armi di distruzione di massa irachene e al riarmo nucleare iraniano, mentre mezza Cia si sbracciava per adattare le proprie analisi alla linea di Bush, Cheney e Rumsfeld).
Il declino americano non è privo di effetti collaterali. Il rischio nucleare, ad esempio, sarà più elevato che in passato. La crescita della popolazione e la nascita di ceti medi nei paesi emergenti farà crescere del 50% la domanda di cibo mondiale. Questo, e le probabili conseguenze del cambiamento climatico, faranno aumentare i conflitti «sul modello di quelli del diciannovesimo secolo» per accaparrarsi cibo, acqua e altre risorse naturali, oltre al probabile rinforzo del crimine su larga scala. Il mondo sarà anche tornato unipolare, ma il disordine resta grande.