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Stato d’assedio
di Mahmoud Darwish*
Qui, fra spirali di fumo, sui gradini di casa,Non c’è tempo per il tempo.Come chi s’innalza verso Dio,Dimentichiamo il dolore.Nulla qui riecheggia Omero.I miti bussano alla nostra porta, se vogliono.Nulla riecheggia Omero. Qui, un generaleScava alla ricerca di uno stato addormentatoSotto le rovine di una Troia che verrà.Voi, ritti in piedi sulla soglia, entrate,Bevete con noi il caffè arabo.Sentirete che siete uomini come noi.Voi, ritti in piedi sulla soglia delle case,Uscite dalla nostra alba.Ci sentiremo sicuri di essereUomini come voi!Quando gli aerei scompaiono, spiccano il volo le colombeBianchissime, lavano la gota del cieloCon ali libere, riprendono il bagliore e il possessoDell’etere e del gioco. In alto, ancora più in alto volano viaLe colombe bianchissime. Ah, se il cieloFosse vero… (mi ha detto un uomo correndo fra due bombe).I cipressi, dietro i soldati, minareti che s’innalzanoPer non far crollare il cielo. Dietro la siepe di ferroPisciano i soldati - al riparo di un tank -E la giornata autunnale conclude la sua traiettoria dorataIn una strada vasta come una chiesa dopo la messa domenicale…(A un assassino) Se avessi contemplato il volto della vittimaE riflettuto, ti saresti ricordato di tua madre nella cameraA gas, avresti buttato via le ragioni del fucileE avresti cambiato idea: non è così che si ritrova un’identità.L’assedio è attesa,Attesa su una scala inclinataDove più infuria l’uragano.Soli, siamo soli a bere l’amaro calice,Se non fosse per le visite dell’arcobaleno.Abbiamo dei fratelli dietro quella spianata,Fratelli buoni, che ci amano. Ci guardano e piangono.Poi si dicono in segreto:"Ah! Se quest’assedio venisse dichiarato…"Lasciano la frase incompiuta:"Non lasciateci soli, non abbandonateci".Le nostre perdite: da due a otto martiri, giorno dopo giorno.E dieci feriti.E venti case.E cinquanta ulivi…Aggiungeteci la perdita intrinsecaChe sarà il poema, l’opera teatrale, la tela incompiuta.Una donna ha detto alla nube: copri il mio amatoPerché ho le vesti grondanti del suo sangue.Se non sei pioggia, amor mioSii alberoColmo di fertilità, sii alberoSe non sei albero, amor mioSii pietraSatura d’umidità, sii pietraSe non sei pietra, amor mioSii lunaNel sogno dell’amata, sii luna(Così una donna che dava sepoltura al figlio)O ronde della notte! Non siete stancheDi spiare la luce nel nostro saleE l’incandescenza della rosa nella nostra ferita,Non siete stanche, ronde della notte?Un lembo di questo infinito assoluto azzurroBasterebbeAd alleviare il fardello di questo tempoE a spazzare via la melma di questo luogo.Che l’anima scenda dalla sua cavalcaturaE cammini con passi di setaAl mio fianco, mano nella mano, come due amiciDi vecchia data che condividono il pane seccoE un bicchiere di vino della vecchia vigna,Per poter attraversare insieme questa strada.Poi i nostri giorni seguiranno sentieri diversi:Io al di là della natura, e lei,Lei preferirà inerpicarsi su un’altra vetta.Siamo lontani dal nostro destino come gli uccelliChe fanno il nido negli anfratti delle statue,O nella cappa del camino, o nelle tendeDove riposava il principe andando a caccia.Sulle mie macerie spunta verde l’ombra,E il lupo sonnecchia sulla pelle della mia capra.Sogna come me, come l’angelo,Che la vita sia qui… non laggiù.Quando si è assediati, il tempo diventa spazioPietrificato nella sua eternitàQuando si è assediati, lo spazio diventa tempoChe ha fallito il suo ieri e il suo domani.Questo martire mi assedia ogni volta che vedo spuntare un nuovo giornoE mi chiede: Dov’eri? Annota sui dizionariTutte le parole che mi hai offertoE libera i dormienti dal ronzio dell’eco.Il martire mi spiega: Non ho cercato al di là della spianataLe vergini dell’immortalità, perché amo la vitaSulla terra, fra i pini e gli alberi di fico,Ma era inaccessibile, così ho preso la miraCon l’ultima cosa che mi appartiene: il sangueNel corpo dell’azzurro.Il martire mi avverte: Non credere alle loro storieCredi a me, padre, quando osservi la mia foto e chiedi piangendo:Come hai potuto scambiare le nostre vite, figlio mio,Perché mi hai preceduto? C’ero io, c’ero prima io!Il martire non mi da tregua: mi sono solo spostatoCon i miei mobili consunti.Ho posato una gazzella sul mio letto,E una falce di luna sul mio dito,Per alleviare la mia pena.L’assedio continuerà, per convincerci a scegliereUna schiavitù che non fa male,In piena libertà!Resistere significa: accertarsi della forzaDel cuore e dei testicoli, e del tuo male tenace:Il male della speranza.In quel che resta dell’alba, cammino verso il mio involucro esternoIn quel che resta della notte, ascolto il rumore dei passi rimbombare al mio internoSaluto chi come me insegueL’ebbrezza della luce, lo splendore della farfalla,Nell’oscurità di questo tunnel.Saluto chi beve con me dal mio bicchiereNelle tenebre di una notte che entrambi ci avvolge:Saluto il mio spettro.Per me i miei amici preparano sempre una festaDa Dio, una sepoltura serena all’ombra delle querceUn epitaffio inciso nel marmo del tempoE sempre ai funerali li precedo correndo:Chi è morto… chi?La scrittura, un cucciolo che morde il nullaLa scrittura ferisce senza lasciar tracce di sangue.Le nostre tazze di caffè. Gli uccelli, gli alberi verdiNell’ombra azzurrina, il sole che scivola di muroIn muro con balzi di gazzellaL’acqua delle nubi dalla forma illimitata - tutto quel che ci resta.Il cielo. E altre cose dai ricordi sospesiRivelano che questo mattino è potente splendore,E che noi siamo i convitati dell’eternità.
* Questa poesia è stata scritta nel 2002 da Mahmoud Darwish, il massimo poeta palestinese, morto un anno fa. Ringraziamo "La Casa della Poesia" ( www.casadellapoesia.it ) per avercela suggerita.