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"Stiamo vivendo un dannato inferno. L’unica cosa che ci resta è fuggire via"

Publie le giovedì 1 gennaio 2009 par Open-Publishing

«Stiamo vivendo un dannato inferno. L’unica cosa che ci resta è fuggire via»

di Valerio Venturi

Amina Odeh, giornalista palestinese specializzata in diritti umani, riporta un quadro desolante della situazione che c’è oggi in Palestina, dopo l’offensiva militare sferrata dall’esercito israeliano. La sua vita è sempre stata difficile: abituata a vivere e scrivere tra case diverse, posti di blocco, perquisizioni, sospetti, una tensione continua.

Ma ora la situazione è precipitata. Ci scrive dai territori assediati cercando il tempo e la pace interiore per rispondere alle nostre domande sul tragico momento che sta vivendo il suo popolo. Gli israeliani attaccano i palestinesi con furia devastante, i palestinesi piangono vittime e gli estremisti da ambo le parti danno fuoco ai cannoni e si riarmano.
«Di fatto stiamo vivendo un dannato inverno di fiamme e morte, ma noi vogliamo una vita normale; questo accade a causa delle scelte del ministro della difesa israeliano, che ha dichiarato l’inizio della guerra trasformando Gaza in una desolante Gaza-Grad grazie alle bombe che si abbatono sulle case della gente sulla popolazione civile; tutto questo per soddisfare le esigenze di una certa leadership di Israele, una classe politica vecchia e screditata. La guerra è arrivata quindi come un tragico "regalo’ di Natale" per i palestinesi, siano essi cristiani o musulmani».

La situazione è drammatica. E gli abitanti dei Territori seguono gli sviluppi della guerra con ansia e paura, la stessa che percorre le parole di Amina Odeh: «Non sappiamo quante persone sono morte o sono disperse; quanti i bambini, le donne decedute sotto i bombardamenti della Striscia; quante le infrastrutture danneggiate. C’è un chiaro piano, militare e politico per rioccupare Gaza. Gli interessi di certi occidentali non dovrebbero stimolare certe azioni. Ora c’è il rischio che si generi una nuova Intifada».

E intanto la paura si impossessa dei palestinesi che, dopo le minacciose dichiarazioni del premier israeliano Olmert, attendono nuovi raid e nuove incursioni dell’esercito: «I palestinesi sono preoccupati, occupano il loro tempo a guardare la tv, giorno e notte nel tentativo di capire gli sviluppi della guerra. Sono preoccupati e arrabbiati, del tutto ostili alla guerra; si cercano su internet informazioni sui dispersi, notizie sui bambini alla radio...Ma il desiderio di guerra degli israeliani è in tal senso significativo; credo che abbiano perso il senso della ragione. Gaza non è l’Iraq, e questi attacchi non sono giustificati, anche esistessero giustificazioni parziali.

Israele ha attaccato ospedali, le moschee... Considerando la natura della striscia di Gaza, l’incredibile densità abitativa - 4117 persone per chilometro quadrato - è impossibile colpire solo quelli che vengono definiti target strategici: e così chi paga il prezzo più alto è la popolazione civile. Il pericolo è per tutti, e le autorità lo sanno bene»

Chiediamo a Odeh se c’è ancora una speranza per il futuro, ma la sua risposta non lascia spazio all’ottimismo, almeno nel breve termine: «Noi vorremmo cercare di vivere in dignità e pace gli uni con gli altri; ma così l’unica cosa che ci rimane da fare è fuggire. Il prima possibile».