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Storia di un giudice

Publie le mercoledì 17 febbraio 2010 par Open-Publishing
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La persona intelligente non legge certo i libri di un lecchino come Vespa, cortigiano cresciuto all’ombra del potere.

Un libro che potrei consigliarvi è “Storia di un giudice” di Francesco Cascini
Diario della sua lotta in Calabria contro la ‘ndrangheta.

"Le parole del procuratore ci annunciavano che stavamo per scendere in guerra. Con pochi uomini, poche risorse, pochi mezzi, nessuna possibilità di vittoria. Ci descrivevano un nemico sotto casa, gente che si incontra al bar, un lavoro molto diverso da quello che si fa in altre procure italiane.
Il procuratore diceva frasi solenni, le sue erano parole allarmanti, eppure il tono che usava era ordinario, non aveva nessuna concitazione. Sembrava che quella guerra non lo coinvolgesse più di tanto. Forse si era abituato, forse non la sentiva una guerra sua, forse sapeva di averla già persa. Forse non la sentiva una guerra sua, forse sapeva di averla già persa".

Ventiseienne magistrato a Locri in una procura in cui tutti sono di passaggio e aspettano con ansia un trasferimento che li porti lontano da quella che sembra un’altra Italia. Questa è la Locride, il centro della ’ndrangheta calabrese. Una situazione "difficile da comprendere senza aver respirato l’aria di posti come Africo o San Luca, se non ci si chiede quali sensazioni vivano gli uomini dello Stato che camminano per quelle strade, che attraversano il buio di quei paesi fuori dal mondo, pieni di persone schierate contro di loro".

Francesco Cascini è nato a Lucca nel 1970 ed è entrato in magistratura nel 1995. Ha svolto le funzioni di pubblico ministero a Locri dal 1996 al 2001, a Napoli dalla fine del 2001 al 2007, anche presso la direzione distrettuale antimafia. Dal febbraio del 2007 è direttore dell’ufficio ispettivo presso il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

E’ la storia del far west dove la legge del più forte sembra sovrastare quella dello Stato. Un racconto asciutto e appassionante sulla difficoltà di far valere la giustizia. Questo libro è il ritratto di un Paese pieno di storture. E qui, un giudice sembra destinato a perdere. Ma Cascini ha lo sguardo di un uomo pulito che crede nel potere della giustizia:

"Avevo fallito, avevo perso. Ma erano passati già diciotto mesi e mi stavo abituando ai fucili caricati a pallettoni, all’odore dei morti, alle autopsie, al Vicks, a rincorrere la verità. Soprattutto, mi stavo abituando a perdere".
Esiste un senso della giustizia definito naturale in quanto innato che impegna ogni singolo individuo ad osservare nei confronti dei propri simili. Comportamenti che rispondono a criteri di giudizio, a giustizia nel senso della vera onestà, correttezza e non-lesività del prossimo. È in questo senso che la giustizia diventa una morale da seguire. La giustizia per sé, per gli altri e per chiunque, è certamente un dovere-diritto che coinvolge chiunque appartenga a una certa comunità. La giustizia è la costante e perpetua volontà, tradotta in azione, di riconoscere a ciascuno ciò che gli è dovuto; e questo è il compito che il magistrato è chiamato a compiere. La giustizia, che è messa in atto sempre come volontà del popolo, è anche azione repressiva necessaria. Negare tutto cio’ è certamente vera ingiustizia.

Quando Cascini arriva nel suo ufficio calabrese trova 3500 pratiche arretrate e 357 processi al mese. Si presume che la ’ndrangheta nel 2009 abbia fatturato 43 miliatdi di euro. Pensate che la lotta alla ’ndrangheta possa essere fatta in queste condizioni)

http://masadaweb.org

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