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Strada attacca Prodi e Karzai "Responsabili della morte di Adjimal"

Publie le lunedì 9 aprile 2007 par Open-Publishing
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Il fondatore di Emergency rivela: "Rahmatullah Hanefi
consegnò i due milioni che il governo pagò per riavere Torsello"

KABUL - E’ un fiume in piena Gino Strada. Il fondatore di Emergency torna a chiedere la liberazione del direttore afgano dell’ospedale di Emergency a Lashkar Gah, Rahmatullah Hanefi, che i servizi segreti afgani accusano di aver collaborato con i Talebani per il sequestro Mastrogiacomo. Usa toni forti Strada, chiama in causa Prodi e Karzai ("sono responsabili della prigionia di Rahmatullah e della morte di Adjmal Nasqebandi"), attacca i servizi di Kabul ("gentaglia, tagliagole, assassini e delinquenti mettere in giro simili calunnie") e rivela: "E’ stato Rahmatullah che portò i due milioni di dollari che il governo italiano pagò per ottenere la liberazione di Gabriele Torsello". Torna così d’attualità la vicenda del fotoreporter sequestrato in Afghanistan dai Talebani il 12 ottobre scorso e liberato il successivo 3 novembre. Una ricostruzione che però Torsello non commenta: "Chiedete a Strada i dettagli. Lui li conosce bene, se fa queste sparate e se ne esce con questi scatti d’ira".

Ma Strada non arretra e chiama in causa il governo italiano: "E’ stata fatta questa insinuazione assolutamente infame e infondata che Rahmatullah possa essere addirittura dietro il rapimento di Mastrogiacomo. Mi sarei aspettato dal governo italiano una dichiarazione immediata per dire chi è Rahmatullah Hanefi, quanto sia affidabile".

Ed è a questo punto che il fondatore di Emergency rivela il ruolo che il suo collaboratore ebbe nel sequestro Torsello. "A Rahmatullah Hanefi furono affidati esattamente due milioni di dollari che arrivavano dal governo italiano per riportare a casa Torsello - continua Strada -. Quante persone conoscono, quelli del governo, che con due milioni di dollari non prendono la prima strada a destra o a sinistra e spariscono nel nulla? Rahmatullah non è sparito". "Al governo italiano chiediamo una cosa sola, di restituirci Rahmatullah Hanefi, non vogliamo nessun grazie dalla politica" conclude il fondatore di Emergency.

Parole che cozzano con la ricostruzione che i servizi segreti afgani fanno del ruolo avuto da Hanefi. Per Kabul infatti sarebbe stato lui a consegnare Mastrogiacomo, il suo autista e il suo interprete a Haji Lalai, ad un collaboratore del mullah Dadullah. Una ricostruzione che Strada bolla senza mezzi termini: "Solo calunnie di una cricca di tagliagole".

Ma Strada non risparmia critiche anche ai vertici politici italiani e afgani. E chiama in causa Prodi e Karzai. "Sono loro i responsabili della morte di Adjmal Nasqebandi" dice il fondatore di Emergency che accusa i due leader politici di non aver fatto quanto era necessario per la liberazione dell’interprete e di non fare abbastanza per il rilascio di Hanefi.

(9 aprile 2007) www.repubblica.it

Messaggi

  • “Lo abbiamo scritto a più riprese: è Gino Strada il grumo torbido che fa bassa demagogia, inquina la lotta al terrorismo e degrada l’immagine italiana nel mondo. Ma ora c’è qualcosa di ben più grave: è l’evidente legame intessuto di connivenze e ricatti sotterranei tra il sedicente operatore umanitario e il governo della Repubblica”.

    Così apre il quotidiano Il Giornale, nell’editoriale firmato dal fondamentalista neoconservatore Massimo Teodori. E’ furioso Teodori, non si controlla e scaglia parole come pietre: “Gino Strada il grumo torbido…”, “le connivenze e ricatti sotterranei tra il sedicente…”. Il governo della Repubblica connivente con un pacifista… Qualunque cosa significhi sarebbe una notizia. E bella.

    Avevamo previsto ieri che le parole -indubbiamente gravi- di Gino Strada, avrebbero creato uno show mediatico anti-Emergency e soprattutto anti-pacifista. Soprattutto anti-pacifista perché nessun merito, nessuno spazio, deve essere concesso alla cultura antimilitarista, soprattutto quando questa diventa parte attiva della soluzione delle catastrofi create dalla guerra. Nessun merito, nessuno spazio va riconosciuto a chi tesse reti, a chi dialoga e mostra che il re del militarismo, quello che finora “infiniti lutti addusse” in quell’enorme Vietnam nel quale è stato trasformato il Medio Oriente fin quasi all’India, è nudo ed ha infilato la coalizione occidentale e il mondo in un vicolo cieco.

    Ma nelle parole di Teodori c’è di più. C’è l’odio quasi irrazionale per chiunque si metta tra i piedi degli interessi statunitensi, alla difesa dei quali ha dedicato la vita e la sua carriera di parlamentare della Repubblica (italiana), ma c’è perfino un evidente messaggio trasversale, apertamente mafioso. L’editoriale sul Giornale è anche un pizzino recapitato dal “partito americano” a Silvio Berlusconi, reo di aver abbassato i toni. L’immagine italiana, ribatte Teodori a quello che (formalmente) è il suo capo partito, si salva alzando e non abbassando il livello dello scontro, non legittimando mai il “nemico”, un nemico indifferenziato, Prodi, Strada, Bin Laden sono la stessa cosa. Ma se Teodori può farlo, Berlusconi, che da capo del governo trattò come e meglio di Prodi, non può farlo.

    Ed ecco la furia di Teodori. Di fronte ai prioritari interessi atlantisti, messi a rischio non dai rovesci bellici, riconosciuti da tutti gli stati maggiori, ma dai “ricatti del sedicente operatore umanitario” come si permette un Berlusconi qualsiasi di non attaccare a testa bassa?

    Era già successo la notte dell’omicidio di stato di Nicola Calipari. Silvio Berlusconi, allora capo del governo, si era sentito tradito dall’Alleato che gli rimandava cadavere il più alto in grado dei suoi uomini a Baghdad. In quella notte tumultuosa Berlusconi arrivò a chiedere spiegazioni all’Alleato, prima di essere zittito, scavalcato e riportato alla “ragion atlantica” -così diversa dall’interesse nazionale italiano- innanzitutto dal suo ministro degli esteri, Gianfranco Fini.

    “Gino Strada il grumo torbido”, scrive Teodori. Potrebbe attaccarlo in quel pacifismo integrale che si fa ideologico, quando Strada stesso sceglie in maniera stridente di non condannare i talebani che hanno sgozzato l’agnello Adjmal Naqshbandi, servito nel giorno di Pasqua al nemico crociato in un barbaro rituale indiscutibilmente, oggettivamente “terrorista”. Verso il coltello che taglia a sangue freddo la gola di un ragazzo inerme, è fragile, insufficiente, inaccettabile la risposta di Strada: “e’ colpa della guerra”. E’ colpa, criminale, del talebano Dadullah. Anche la penna di Igor Man, sulla Stampa di Torino di oggi, addita le preponderanti responsabilità del greve Quisling di Kabul, Hamid Karzai. Ma non possiamo accusare Karzai e glissare sul tagliagole Dadullah. E’ un fianco scoperto che Strada presta ai suoi detrattori quando il pacifismo integrale si fa ideologico.

    Ma, paradossalmente, non è lì che attacca Teodori. Non gli interessa cosa pensa Strada, neanche quando sarebbe facile colpirlo. Gli interessa di più quello che fa Strada, quello che può fare Strada. Quello che teme, e Teodori vuole colpire, è il potere di Gino Strada. Un potere che anche con la tragica conclusione del caso Mastrogiacomo, si è palesato come enorme.

    Solo Strada ha il potere di trattare, solo Strada beneficia della rendita di posizione della neutralità. Mentre le truppe anglosassoni lanciano l’ennesima scellerata e infruttuosa offensiva e francesi e italiani continuano riottosi a prendersi la libertà di negarsi all’escalation vietnamita, Teodori percepisce quel potere di trattare come inarrivabile e preziosissimo. E perciò da demonizzare.

    E’ il potere della trattativa e della pace che ha Strada, tanto più rilevante di fronte all’impotenza sempre più manifesta delle cannoniere. Gli stessi generali del Pentagono affermano di aver perso e solo Teodori, Bush e il suo cane Barney, rifiutano di guardare in faccia alla realtà e alle loro responsabilità.

    Il potere della pace è intollerabile per Teodori. Il pacifismo imbelle degli striscioni e delle bandierine, che manifesta ma non ferma la guerra, è innocuo. Al contrario il pacifismo che si fa attore, si fa parte in causa e magari si sporca le mani, il pacifismo dei Gino Strada, o delle due Simone, lapidate come i talebani lapidano le adultere, il pacifismo dei giornalisti non embedded, Torsello, Sgrena o il povero Baldoni, è un’arma potentissima. E’ quel pacifismo che per i Teodori è il vero nemico.

    k.