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Sull’articolo di Nichi su Liberazione "Il cattivo congresso e la buona politica"
Publie le venerdì 11 luglio 2008 par Open-PublishingCompagno Nichi, alla fine dell’attenta lettura del tuo articolo/appello di ieri su Liberazione, continuo a non capacitarmi di questa tua indifferenza nei confronti dei processi degenerativi che hanno cambiato la natura del nostro partito nel sud e in qualche luogo del nord.
Mi scuserai se utilizzo il tuo appello per sottolineare quanto speravo di leggere e che non ho trovato.
di Franco Cilenti, Federazione di Torino
Lettera aperta al mio partito su come evitare che prevalga lo spirito di dissoluzione e su come ricostruirci
Il cattivo congresso e la buona politica
Nichi Vendola
Quando avremo guadagnato una sufficiente CAPACITA’critica dalla nostra incandescente vicenda congressuale, forse riusciremo a leggere nelle nostre stesse parole e nei nostri stessi gesti quei sintomi che dicono chiaramente di una crisi profonda: che è della politica, della società, della cultura, del costume E DEL MALCOSTUME CHE SI E’ IMPADRONITO DI TANTE SOGGETTIVITA’ LOCALI CHE PENSAVAMO IMMUNI.
Una crisi di cui noi siamo parte, anche se spesso ci riteniamo immuni e brandiamo i termometri con cui misuriamo la febbre degli altri. Anche la nostra febbre è alta. La malattia è anche dentro di noi PERCHE’ IN ALCUNE REALTA’ VERIFICHIAMO CHE “GLI ALTRI” SONO DENTRO DI NOI. QUESTA INTROMISSIONE DI CORPI ESTRANEI riguarda la frattura di tutte le forme di comunità, ANCHE DELLA NOSTRA, così come si sono concretamente prodotte nella storia novecentesca.
Riguarda l’implosione degli alfabeti della vita pubblica: un poderoso processo di "privatizzazione della politica" (e di americanizzazione della società) che ha travolto tutto e tutti, anche qualcosa della nostra coscienza e del nostro immaginario. Varrà la pena di tornare più approfonditamente, in futuro, a riflettere su di noi con spirito di verità e con sguardo impietoso.
Oggi, ora, a questo punto del processo congressuale, e dei suoi persino nevrotici guazzabugli procedurali e statutari e politici, RIBADENDO LA MIA ADESIONE ALLE REGOLE E AGLI ORGANISMI DI CONTROLLO CHE IL NOSTRO PARTITO SI E’ DATO è possibile evitare che prevalga quello spirito di dissoluzione che tutti, a parole, dicono di voler bandire, e che invece rischia di prodursi come una dinamica fatale?
Si può distillare, dalla contesa in corso, un succo politico, una cifra progettuale, un’idea rifondativa di noi stessi e della sinistra? E si può dunque disincagliare il partito dalle secche di una rissosità, IMPOSTE DA CORPI E VOLONTA’ ESTRANEI, che ormai ha superato ogni soglia di razionalità e di decenza?
DI FRONTE AL BARATRO CHE SI PRESENTA DAVANTI AI NOSTRI OCCHI, NONCHE’ AI NOSTRI CUORI, ripropongo come tema di ricerca, la questione dell’odio. L’odio come confine che separa, irreparabilmente, gli uni dagli altri, che li contrappone con virulenza marziale e persino belluina, che alimenta passioni livide. INDOTTI ALL’ODIO RISCHIAMO DI TRASFORMARCI in una comunità povera di sentimenti e ricca di risentimenti. FATTI INQUALIFICABILI CI HANNO PORTATO AD ACCUSARCI reciprocamente delle cose più inverosimili. Ci si delegittima, ci si inchioda a sentenze inappellabili, ci si annulla (come persone prima che come voti congressuali).
Eppure attorno a noi accadono cose terribili, per le quali dovremmo insieme rimetterci tutti e tutte in cammino: una girandola di pulizie, etniche e classiste, lega una dirompente domanda di giustizia sociale con un rischio crescente per le libertà individuali. Mentre la destra prende le impronte ai piccoli rom, noi ci prendiamo le impronte tra di noi? Mentre il lavoro regredisce a merce povera e disperata, mentre la precarietà scandisce la vita del mercato e il mercato della vita, mentre si cerca di rinserrare il cerchio della maledizione sulla sofferta libertà delle donne, noi ci chiudiamo in un congresso? In un congresso che ci chiude?
NO, NON CHIUDEREMO LA COMUNITA’ DI RIFONDAZIONE COMUNISTA
QUESTA E’ LA MIA RISPOSTA ai nostri compagni CHE si chiedono e ci chiedono se arriveremo a Chianciano. Bisogna dire con chiarezza che andremo a Chianciano per ricominciare, per ricostruire questo nostro partito, questa nostra comunità e la sua efficacia come strumento di rappresentanza politica di interessi oscurati ed esclusi: per riaprire il cantiere dell’innovazione. Perchè questa è stata Rifondazione: una scommessa sul futuro e mai un’ipoteca sul passato.
Possiamo fermare la deriva in corso? Possiamo archiviare la brutta pagina della soluzione burocratico-autoritaria della contesa congressuale RISPETTANDO LE REGOLE CHE CI SIAMO DATI? Lo dico con sincerità a nome mio e della mozione che rappresento e che AVRA’, SPERO, la maggioranza RELATIVA dei consensi: si può immaginare che su quello zero virgola qualcosa che fa la differenza tra una maggioranza relativa e L’ALTRA META’ DEL PARTITO si celebri un’ordalia?
Io non sento sulle mie spalle una responsabilità al QUASI 50% (virgola più o virgola meno): penso a tutto il partito e a tutto ciò che, fuori da noi, attende un esito che non sia la stupida dissipazione di un patrimonio DOPO UNA STUPIDA BATTAGLIA CHE POTEVAMO PREVENIRE.
A noi si chiede di essere capaci di mettere in campo un percorso alternativo AI PEZZI DI gazzarra confusa e regressiva di Piazza Navona: di essere capaci di spargere semi buoni, di quella buona politica che non altera il proprio volto con rancori giustizialisti o con conati di volgarità sessista, PUR NEL RISPETTO DELLA LIBERTA’ DI SATIRA E DELLA RABBIA POPOLARE CONTRO LE IMPUNITA’ DELLA CASTA POLITICA. La buona politica mette al centro la vita e il lavoro, i singoli e i corpi sociali, e cerca di mordere alla radice quei rapporti di potere che mercificano, avvelenano, corrodono il senso medesimo del "bene comune". Ho detto buona politica, mentre vivo un cattivo congresso. Dico buona e penso alla politica dei comunisti di questo nuovo millennio. (La "cattiva politica" invece è quella che introietta il cannibalismo della società del frammento, dei surrogati identitari, DELLE SOGGETTIVITA’ POLITICHE INDISTINTE, delle fobie collettive).
E allora chiedo al mio partito: si può, anche dopo una sconfitta e uno schianto che non è solo elettorale, ritrovare il filo rosso della buona politica? Non vale la pena provarci? VALE LA PENA, COME PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA!
INFINE, CHIEDO SCUSA ALLE COMPAGNE E AI COMPAGNI DEL NORD PER L’ACCUSA DI LEGHISMO RIVOLTA NEI LORO CONFRONTI IN RISPOSTA ALLE CRITICHE SUI PROCESSI DEGENERATIVI VERIFICATOSI IN ALCUNI CONGRESSI DI CIRCOLO A ROMA E IN ALCUNE REGIONI DEL SUD.