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Sylvie Vartan, 60 anni tra luci e ombre
Publie le martedì 12 ottobre 2004 par Open-Publishing2 commenti
Un compleanno festeggiato in Francia con la pubblicazione di un’autobiografia e un lungo tour dal vivo
di Gianni Lucini
Ve la ricordate quella biondina francese che quasi quarant’anni fa con l’aria sfrontata cantava parole ingenue che scandalizzavano gli adulti ed erano impugnate come una bandiera dalle ragazzine? «Come un ragazzo ho i capelli giù/porto il maglione che porti tu/e con la cinta mi tengo su i pantalon/Come un ragazzo mi ostino un po’/e quando guardi negli occhi miei/non sono quella che abbassa mai/per prima i suoi...Come un ragazzo ho una moto che/tocca i duecento quando mi va/e una gang di amici che/da retta a me/Come un ragazzo per la città per la città/cammino e vado di qua e di là/non ho paura di gente che/ce l’ha con me...».
Si chiamava e si chiama Sylvie Vartan. Da poco ha compiuto sessant’anni, quaranta dei quali passati tra palchi, sale di registrazione e studi televisivi. Negli anni Sessanta era divenuta, anche nel nostro paese, insieme a un pugno di antesignane delle attuali riot girls, uno dei simboli pop della nuova voglia di protagonismo delle adolescenti. Non era l’unica, ma era forse considerata un po’ speciale anche grazie alla sua lunga storia d’amore con Johnny Hallyday, il rocker ribelle d’oltralpe. La sua popolarità in Italia è stata grande, ma si è bruciata rapidamente. Da noi Sylvie Vartan è stata poco più d’una meteora. Un pugno di canzoni, qualche trasmissione televisiva e poi, siccome non si può restare giovani per sempre, alla prima rughetta d’espressione sul bel faccino, più niente.
E’ capitato a moltissime ragazze della canzone pop questo destino tanto che, forse, sarebbe necessario scriverci una storia prima o poi. Qualche tempo fa proprio su queste pagine, in occasione della scomparsa di Gabriella Ferri raccontavamo che nel nostro paese gli uomini e soprattutto le donne di spettacolo che invecchiano non possono vivere altro che nel ricordo, nell’immagine riprodotta della gioventù. Il sistema mediatico che ha eliminato la vita vera dall’immaginario collettivo non può sopportare, salvo rarissimi casi, l’incedere del tempo, la naturale decadenza del fisico. Anche a Sylvie succede, ma solo in Italia. Quando le luci mediatiche da noi si spengono, lei continua a lavorare nel suo paese, la Francia. Lì la giovane italo-bulgara Sylvie, figlia di Georges, attaché dell’ambasciata francese a Sofia, e di Ilona non è mai stata considerata un banale evento generazionale o, peggio, la moglie di Johnny Hallyday. Lo star system francese lascia che siano la sua voce, più che il suo faccino, a scrivere le tappe di una carriera che con il passare del tempo si fa sempre più importante. La sua popolarità non muore quando si lascia alle spalle i brani della fase adolescenziale, i concerti all’Olympia con i Beatles, Trini Lopez e tanti altri. Passa anche attraverso un paio di devastanti incidenti stradali, il secondo dei quali le lascia segni pesanti sul viso, cancellati quasi totalmente da una lunga serie di interventi chirurgici. Anche la fine della sua lunga storia con Johnny Halliday non lascia traccia sul suo destino. Attraversa gli anni Settanta, e poi gli Ottanta e poi ancora i Novanta maturando come interprete, misurandosi con progetti sempre nuovi ed evitando di farsi rinchiudere nell’angusto recinto della nostalgia.
La biondina dallo sguardo sfrontato lascia il posto a una signora della canzone per la quale si spendono grandi autori, da Cocciante a Barbelivien, da Michel Jouveaux a Jay Alanski, alla coppia Marc Lavoine/Aboulker, a Murat che per lei mette in musica una poesia di Baudelaire. Nel 1998 la Francia le conferisce la Legion d’Honneur all’Eliseo e l’anno dopo lei ringrazia portando all’Olympia un recital dedicato alla canzone francese dei primi anni del Novecento e alla figura della leggendaria cantante Mistinguette. Oggi, i suoi sessant’anni vengono festeggiati con la pubblicazione di un’autobiografia intitolata "Entre ombre et lumière" ("Tra luci e ombre"), con un nuovo album che sulla copertina ha soltanto il suo nome "Sylvie" e, soprattutto, con un lungo tour dal vivo che ha preso il via il 28 settembre con una decina di repliche al Palais des Congrès di Parigi.
Siamo contenti per Sylvie e vorremmo regalarle la vita eterna. Ci sarebbe piaciuto che anche altre storie qui da noi, in quest’Italia appiccicata al tubo catodico, fossero finite nello stesso modo. Ci avrebbe fatto un immenso piacere vedere interpreti nate artisticamente nello stesso periodo, come Mia Martini o Gabriella Ferri, festeggiare i quarant’anni di carriera con una lunga tournée. Non è andata così perché per loro il tempo che passa ha finito per diventare una malattia mortale. Auguri di cuore, Sylvie.
Gianni Lucini
giannilucini@libero. it





Messaggi
1. > Sylvie Vartan, 60 anni tra luci e ombre, 30 ottobre 2004, 18:28
Mi dispiace per il mio italiano che non scrivo tanto bene ma vorrei dire a voi:
Bravo per il vostro magnifico articolo sulla cantante francese Sylvie Vartan. Sono risponsabile d’un sito internet consacrato a la Sylvie (www.sylvievartanshow.com) e sono molto contenta che Sylvie e ancora famosa in Italia.
Graziè
Ciao
Vero (Svizzera)
sylvievartanshow@bluewin.ch
2. > Sylvie Vartan, 60 anni tra luci e ombre, 2 novembre 2004, 12:38
Condivido in pieno l’articolo di Gianni Lucini.
Ho riscoperto Sylvie Vartan proprio quest’anno dopo un viaggio a Parigi. La ricordavo bene per i suoi passaggi televisivi negli anni settanta alla nostra TV italiana e ogni tanto sono riuscito anche a trovare le sue vecchie incisioni dai rivenditori di dischi per collezionisti (a cifre esagerate, per altro, con la scusa che sono dischi che non si trovano facilmente!).
Sabato scorso, 30 ottobre, è stata anche ospite di Panariello nella trasmissione di Raiuno "Ma il cielo è sempre più blu" dove ha potuto dimostrare che effettivamente a 60 anni si può fare di tutto continuando a calcare i palcoscenici con la stessa vitalità di 40 anni fa! Panariello l’ha congedata dal pubblico dicendo che in Francia sta facendo "grandi cose".
Allora io mi domando: "Perchè qui in Italia ad un passo dalla Francia non è possibile avere normalmente i suoi dischi, ottenere che la sua autobiografia venga tradotta e che si possa avere anche una data del suo tour?".
Continuando a dimenticare tutti ben presto non ci sarà più nessuno che potrà ricordare anche a pochi che esiste qualche personaggio in grado di durare più di un contratto discografico o qualcosa di simile.
La stessa cosa vale per gli artisti di casa nostra che spesso hanno vita più lunga all’estero che non in Italia, proprio a Parigi nei negozi delle grandi catene multinazionali ho visto nomi di artisti italiani che non sono mai stati visti in Italia, e questo dimostra che anche se sporadicamente i loro agenti riescono a far lavorare gente che può esprimersi fin dall’inizio solo fuori di casa? Non è un po’ anacronistico?
Pier Giorgio De Simone