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TRE RAGIONI PER VOTARE NO

Publie le mercoledì 21 giugno 2006 par Open-Publishing

Referendum confermativo sulla riforma costituzionale, 25 e 26 giugno 2006

TRE RAGIONI PER VOTARE NO

Il governo di centro-destra, allo scadere del mandato parlamentare, ha fatto approvare, con i soli voti della maggioranza, una profonda modifica della Costituzione repubblicana nata e ispirata dalla resistenza antifascista, modificando o sostituendo ben 53 articoli su un totale di 139. Tali modifiche, se approvate dal voto del referendum, cambierebbero profondamente la natura stessa della Repubblica, non più basata sulla centralità del Parlamento e sulla divisione dei poteri e creerebbe differenze sostanziali fra i cittadini in materie fondamentali quali l’istruzione, la sanità, la sicurezza e l’imposizione fiscale.

Modifiche istituzionali

Nella formulazione proposta dal centro-destra il Primo Ministro (nuova denominazione, ripresa dal ventennio fascista, in luogo dell’attuale Presidente del Consiglio) che assumerebbe l’incarico direttamente in base al risultato elettorale e non più su designazione del Presidente della Repubblica e dopo aver ottenuta la fiducia dal Parlamento, acquisirebbe il potere di ricusare i ministri e di sciogliere le Camere. Sarebbe modificato a favore della maggioranza del Governo l’attuale rapporto numerico dei membri della Corte Costituzionale e del Consiglio superiore della magistratura, limitandone l’indipendenza. Il Presidente della Repubblica, non più garante della Costituzione e dell’unità nazionale, diventerebbe il garante della Federazione di Regioni e perderebbe il potere di nominare il capo del Governo, di approvare la scelta dei ministri, di sciogliere le Camere se non su richiesta del Primo Ministro. In pratica, eliminando o limitando l’autonomia del Parlamento e degli organismi di garanzia si attuerebbe una sorta di dittatura elettorale, che non ha riscontro in nessun Paese democratico del mondo, ma che richiama funestamente l’impostazione del progetto della P2 di Licio Gelli.

Riforma dell’ordinamento regionale

Alle Regioni passerebbe la legislazione esclusiva sull’assistenza e sull’organizzazione sanitaria; sull’organizzazione scolastica e su parte dei programmi scolastici; su una nuova polizia amministrativa; verrebbe modificato in senso localistico il sistema fiscale. Questo significherebbe violare in settori fondamentali la parità dei cittadini, diritto sancito dall’art. 3 della Costituzione.

Formazione delle leggi

La riforma proposta modificherebbe l’attuale sistema di bicameralismo perfetto, lasciando alla Camera dei deputati la competenza sulle leggi che riguardano lo Stato, creando un Senato delle Regioni (i cui membri verrebbero eletti su base regionale in concomitanza con le elezioni dei Consigli regionali) con competenza sulle leggi a carattere regionale, e la facoltà di esprimersi anche su quelle nazionali (entro trenta giorni dall’approvazione della Camera) peraltro senza potere decisionale. La Camera a sua volta potrebbe annullare leggi regionali che ritenesse lesive di interessi nazionali. Si tratta, come è facile intuire e come d’altra parte è parere unanime di tutti i costituzionalisti, di un intricato percorso che presenta ad ogni snodo pericoli di conflitti di competenza (la cui soluzione verrebbe assegnata alla Corte Costituzionale) con il risultato di bloccare o comunque di rendere estremamente farraginosa l’attività legislativa.

PER RESPINGERE QUESTA RIFORMA PERICOLOSA E SBAGLIATA
PER DIFENDERE LA COSTITUZIONE NATA DALLA RESISTENZA

IL 25 E IL 26 GIUGNO VOTIAMO NO