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TREDICESIME PIU’ LEGGERE, PESA L’IRPEF

Publie le domenica 18 novembre 2007 par Open-Publishing
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VENEZIA - I dipendenti italiani che si attendono per dicembre 2007 l’agognato ’doppio stipendio’ avranno un’amara sorpresa: dai 15 ai 74 euro in meno rispetto al 2006. Ad affermarlo è il team dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre che ha condotto un’ indagine sul tema per diversi scaglioni di reddito.

"La dieta forzata della tredicesima - spiega la Cgia in una nota - è la conseguenza del fatto che nel calcolo delle ritenute entrano in gioco solo le aliquote Irpef corrispondenti agli scaglioni di reddito e non si considerano le detrazioni, né gli assegni familiari che nell’ultimo anno sono state particolarmente ’generose’ per i redditi medio bassi e per coloro che hanno familiari a carico". Sempre secondo la ricerca della Cgia di Mestre, chi ha un reddito di 20 mila euro all’anno senza familiari a carico al posto dei 1.184,62 euro del 2006 si troverà 1.169,38 euro con una perdita, quindi, di 15,2 euro.

Di circa 25 euro, invece, l’impoverimento della tredicesima per chi ha 23 mila euro di reddito con un figlio a carico. Mentre sale a 33,7 euro il decremento della tredicesima di chi percepisce un reddito di 30 mila euro ed ha moglie e un figlio a carico. Arrivando poi a redditi di 50 mila euro con moglie e figlio a carico, la tredicesima verrà ridotta di 46,5 euro. Circa 75 euro in meno, infine, si ritroveranno coloro che dichiarano un reddito di 80 mila euro ed hanno moglie e due figli a carico. Gli esperti dell’associazione artigiani di Mestre hanno poi confrontato il netto in busta paga tra il 2006 e il 2007: il risultato complessivo è confortante almeno per chi ha un reddito al di sotto dei 40 mila euro, tanto da compensare la delusione della decurtazione della tredicesima.

"La ragione sta nel fatto che la Finanziaria 2007 ha rimodulato sia gli scaglioni di reddito sia le aliquote Irpef, - precisa Giuseppe Bortolussi, Segretario della Cgia di Mestre - aumentando di molto le detrazioni e gli assegni familiari, favorendo i redditi sino a 40.000 euro". Riconsiderando i medesimi scaglioni utilizzati per indagare sulle tredicesime, l’Ufficio Studi ricompone dunque un po’ di ottimismo, talvolta peraltro davvero impercettibile.

E’ il caso dei single con un reddito di 20 mila euro: nel 2007, l’aumento netto è stato di 17,3 euro. Mentre è una cifra sostanziosa - ben 455 euro - per chi ha un figlio a carico e 23 mila euro di reddito annui. Scende a 334,8 euro l’aumento rilevato per la stessa fascia di reddito se il contribuente ha moglie e figlio a carico. Supera invece i 360 euro l’incremento in un anno di chi ha un reddito di 30 mila euro e moglie e figlio carico.

A perderci sono i contribuenti con redditi che partono dai 40 mila euro ed hanno moglie e figlio a carico: per loro in un anno la perdita netta é stata di 252 euro. Mentre arriva a quota 1.044 euro la diminuzione per i contribuenti con 80 mila euro di reddito e con moglie e due figli a carico.

33 MLD TREDICESIME, 28 IN FUMO TRA TASSE E MUTUI
La tredicesima attesa per tutto l’anno sfumerà in gran parte in scadenze fiscali, mutui e rimborsi dei debiti più che in regali e tempo libero. Secondo l’Adusbef, nelle tasche degli italiani resterà appena il 16% della tredicesima mensilità, mentre l’84% verrà letteralmente "mangiato" da imposte, mutui, assicurazioni e bolli. Secondo l’associazione dei consumatori il monte tredicesime in arrivo a dicembre sarà quest’anno di 33,4 miliardi. Categoria per categoria, ai pensionati arriveranno 9,9 miliardi, ai lavoratori pubblici 8,6 miliardi e ai dipendenti privati di agricoltura, industria e terziario 14,9 miliardi.

Circa il 60% sarà però assorbito da fisco e rate, mentre un altro 24% servirà per pagare i prestiti contratti in un anno "durissimo di rincari e aumenti che hanno falcidiato i redditi delle famiglie", con una perdita di potere d’acquisto del 6% rispetto allo scorso anno. A "bruciare un’ampia fetta" sarà innanzitutto l’Ici: entro il 20 dicembre, spiega l’Adusbef, saranno infatti versati in totale 5,6 miliardi di euro (il 16,7% del totale). La rc auto "mangerà 4,5 miliardi", circa il 13,5% delle tredicesime, mentre 4,6 miliardi (13,7%) di euro serviranno per pagare le rate dei mutui per la casa, sui quali peraltro "incombe un pesante rischio di insolvenza per circa 1,9 milioni di famiglie".

"Il salasso per le famiglie - continua l’ associazione - non finisce qui: 3,5 miliardi se ne andranno infatti per pagare le tasse di auto e moto (10,5%), mentre 1,5 miliardi spariranno per il canone Rai (4,5%)". E non solo: "la tredicesima per la maggior parte delle famiglie è già stata ipotecata per tasse, ratei e bollette delle utenze domestiche (Enel, Telecom, Eni), ma un ulteriore 24,8%, pari a 8,3 miliardi di euro, servirà per pagare i prestiti contratti con banche, finanziarie, parenti e amici dato che stipendi e pensioni non bastano più per far quadrare i bilanci familiari".

I dati di Bankitalia mostrano del resto, nota l’Adusbef, che nel secondo trimestre del 2007 l’indebitamento dele famiglie è cresciuto del 9% sfiorando i 538 miliardi di euro. Per scopi più piacevoli, conclude l’associazione, restano quindi all’incirca 5,4 miliardi di euro complessivi, il 16% del monte di partenza, "che potranno essere spesi per cenone, regali e qualche viaggio". Per l’associazione si tratta di "una miseria che non servirà a rilanciare i consumi, né ad alleviare le preoccupazioni delle famiglie".

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  • Stipendi, ecco la foto del declino
    In 5 anni persi migliaia di euro

    Dal 2002 al 2007 la perdita cumulata di un lavoratore è stata di 1.896 euro. Tra le cause: ritardi nel rinnovo dei contratti, scarto tra inflazione programmata ed effettiva, inadeguata redistribuzione della produttività e mancata restituzione del fiscal drag. Tra i più svantaggiati ancora i giovani: tutti sotto i 900 euro. I risultati dell’indagine Ires-Cgil

    di FEDERICO PACE

    Gli stipendi non vanno. I prezzi, purtroppo, invece sì. E a rimetterci, lungo questa corsa impari, sono soprattutto impiegati e operai, che negli ultimi anni hanno visto le proprie finanze alleggerirsi di un peso che vale, in un anno, quasi duemila euro. I calcoli sono quelli dell’ultima indagine dell’Ires-Cgil (“I salari dal 2002 al 2007”) presentata oggi a Roma.

    Secondo gli autori della ricerca, tra il 2002 e il 2007 chi aveva una retribuzione di fatto pari a 24.890 euro ha subito una perdita complessiva pari a 1.896 euro. Di questi, 1.210 euro sono dovuti alla diversa dinamica tra inflazione e retribuzioni e 686 euro imputabili alla mancata restituzione del fiscal drag (vedi tabella).

    Lo scenario del declino degli stipendi non può lasciare indifferenti. "Serve una nuova politica dei redditi - ha detto il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani a margine della presentazione del rapporto - che affronti il problema della crescita bassa, dei salari bassi e della produttivià bassa. E’ auspicabile che da gennaio, visto che si parla di riforme, sia elettorali che istituzionali, un capitolo sia dedicato a questo fondamentale tema".

    Se si guarda ai nuclei familiari si scopre che le cose sono andate ancora peggio e che, in questi anni, si è assistita ad una divaricazione della forbice tra chi ha più e chi ha meno. “La perdita di potere d’acquisto dei redditi della famiglie di operai e impiegati – dice Agostino Megale, presidente dell’Ires – si contrappone ad una crescita del potere d’acquisto delle famiglie degli imprenditori e dei liberi professionisti. Con le manovre fiscali del centro destra si è registrato un ulteriore allargamento della forbice a sfavore dei bassi redditi”.

    In termini di dati si ritrova che il potere d’acquisto dei redditi familiari di imprenditori e liberi professionisti è cresciuto di 11.984 euro mentre quello degli impiegati è diminuito di 3.047 euro e quello degli operai di 2.592 euro.

    Oggi, dicono quelli dell’Ires, oltre quattordici milioni di lavoratori guadagnano meno di 1.300 euro al mese e di questi circa 7,3 milioni non superano neppure i mille euro al mese.

    Tra gli impiegati generici, solo l’11,9 per cento guadagna più di mille e trecento euro. Il 13,2 sta sotto gli 800 euro, il 15 per cento guadagna meno di mille euro e il 24,9 per cento tra 800 e mille euro. Simili percentuali per gli operai specializzati. Quanto agli impiegati di concetto solo il 24,3 per cento supera i 1.300 euro mensili.

    La modesta crescita delle retribuzioni, secondo gli autori dell’indagine, è da imputare allo scarto tra l’inflazione programmata (utilizzata per rinnovare la parte economica dei contratti) e l’inflazione attesa ed effettiva, i ritardi registrati nel rinnovo dei contratti e l’inadeguata retribuzione della produttività attraverso la contrattazione di secondo livello.

    Se si guarda poi all’età delle diverse componenti della forza lavoro, si scopre che sono ancora i giovani a portare il peso più gravoso. Tutti ancora sotto i novecento euro al mese. Tutti quasi sulla soglia della povertà. Secondo i dati presentati oggi un apprendista con meno di 24 anni guadagna al mese solo 736,85 euro, un collaboratore occasionale arriva a 768,80 euro mentre un co.co.pro o un co.co.co si deve accontentare di 899 euro.

    Dalle rilevazioni Istat, ricordano quelli dell’Ires, si ricava poi l’evidenza che il 13,7 per cento dei giovani (tra 18 e 34 anni) sono poveri. La situazione diventa ancor più gravosa se il giovane vive in coppia con tre o più figli: in questo caso sono poveri il 45,8 per cento.

    L’inadeguato incremento retributivo è anche imputabile alla lenta crescita della produttività della nostra economia che dal 1998 al 2007 è cresciuta di poco meno del 3 per cento mentre in Germania si sono registrati valori intonro all’8,5 per cento, nel Regno Unito pari al 20 per cento e negli Usa hanno addirittura toccato punte del 25 per cento.