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Tessera Gc, togliete quel muro e lasciateci la speranza

Publie le giovedì 18 dicembre 2008 par Open-Publishing

Tessera Gc, togliete quel muro e lasciateci la speranza

di Andrea Folchitto, coordinatore Giovani Comunisti Roma

Caro direttore,

nel 2005 votai, al congresso del Prc, il documento "L’alternativa di società" (primo firmatario Fausto Bertinotti).

Una delle ragioni principali di quel voto fu la condanna esplicitata nel documento, non solo dello stalinismo, ma anche del movimento operaio «laddove si è costituito in stato nelle società post-rivoluzionarie». Dico, non solo dello stalinismo, perché spesso questa è stata la panacea di noi comunisti. Alle critiche al socialismo reale ribattevamo che l’unico problema era Stalin e che esso ha semplicemente rappresentato una parentesi negativa, una degenerazione. La storia ha dimostrato che il problema non è stato il solo Stalin. Mi scuso per la sintesi e la superficialità, ma è impossibile in un articolo riassumere la storia del movimento operaio, l’unica cosa che mi preme sottolineare è che quel documento mi convinse in quella analisi.

Detto questo, ritengo che la speranza del socialismo reale è stata fondamentale per lo sviluppo dell’umanità tutta. E’ stata, e per me lo è tutt’ora (ancorché è ovvio che lo stato di cose presenti sia ben diverso da quello del secondo dopoguerra), una speranza reale. Non l’oppio del proletariato ad uso e consumo della borghesia come sono le religioni. Una speranza reale di cambiamento dello stato di cose presenti.

Nonostante ciò, la propaganda occidentale ha dipinto il comunismo come male assoluto, e questo indottrinamento ha sbancato persino in un partito che ha nel suo nome il suo obiettivo: rifondare il concetto stesso di comunismo, che è ben diverso dal negarlo semplicisticamente.

Il problema è una nuova declinazione di questo pensiero in relazione col cambiamento dei tempi, che però parta dalle basi dell’ideale stesso: cioè una alternativa realmente egualitaria al capitalismo. Mi sembra quantomeno inopportuno abdicare proprio oggi, nel momento in cui i giovani in piazza urlano «Noi la crisi non la paghiamo». La crisi è quella del sistema capitalista e, ad oggi, l’unica alternativa a questo sistema si chiama comunismo. Possiamo migliorarlo, ammodernarlo, ma le basi, dopo 150 anni, non sono cambiate.

Dicevo che l’indottrinamento occidentale ha rappresentato il pensiero comunista, e la sua realizzazione, come il "male assoluto". Una volta che il "male assoluto" entra in crisi e implode, l’umanità tutta dovrebbe trarne giovamento. Così però non è stato, il capitalismo vittorioso dopo la caduta del muro di Berlino si è fatto più selvaggio, più barbaro; le popolazioni che potevano avere una speranza concreta di cambiamento tramite un ideale che propaganda l’uguaglianza (compresa quella tra uomo e donna), la pace, ecc., si sono gettati verso ideali che parlano di comunità (ad esempio Umma), di disuguaglianza (non solo tra i sessi), tutto nel nome di un condivisibile odio nei confronti dell’imperialismo occidentale, che però rischia di tradursi, in molti casi, in una risoluzione del problema peggiore del problema stesso.

Il crollo di quel muro, se per l’est europeo ha significato la libertà - anche se su questo si può discutere, perché se possiamo darlo per assodato nel caso della Germania, non possiamo dire certo lo stesso per la Russia -, per un’altra parte del mondo ha significato la fine della speranza di una società più giusta e la degenerazione in una contrapposizione all’imperialismo occidentale assolutamente identitario/religioso che dubito possa significare un reale miglioramento delle condizioni di vita di quei popoli.

Per fortuna c’è la speranza del Sud America che sviluppa la dottrina marxista e pone tra le sue basi ideologiche un grande pensatore comunista: Gramsci. Non è un caso che dalle righe del suo giornale piovono critiche a questa esperienza e ai suoi artefici (da Chavez a Castro).

La caduta del muro di Berlino è ormai un simbolo più che meramente un fatto storico. E’ un simbolo che rappresenta la vittoria del capitalismo e la fine di una speranza di sistema alternativo.

Non penso che tale simbologia sia positiva per noi Giovani Comunisti, e credo che sia assolutamente sbagliato (oltre che provocatorio, rispondendo infatti ad un dibattito interno, di chi vuole tagliare i ponti col pensiero comunista) inserire l’immagine della caduta del muro sulle tessere dei Gc.

Se verrà fatto questo, propongo di fare un adesivo che copra tale immagine e ne inserisca un’altra. Ci sono già delle proposte e vorrei farne una anch’io. Nel capodanno del 1959 Fidel Castro entrava a L’Avana e cacciava Batista proprio nel giardino di casa degli Usa. Nel 2009 ci sarà perciò il cinquantesimo anniversario di tale rivoluzione, capisco che ormai l’essere rivoluzionario è un elemento totalmente abdicato da una certa parte del partito, però lasciate almeno la speranza a noi giovani.