Home > Tra Beccaria e Dostoievski
Le mie convinzioni in materia penale una volta si basavano sulle concezioni illuministe che Cesare Beccaria aveva sviluppato nella sua celeberrima opera Dei delitti e delle pene, in cui sentimento umanitario e logica implacabile si univano per fustigare la spietatezza ed irrazionalità del sistema penale di allora. Pietro Verri si collocava sulla stessa linea.
Oggi, nel revival delle illusioni bipartisan legate agli slogan della Legge & Ordine, questa tradizione sarebbe quanto mai attuale e da rilanciare, ma ahimé, le mie opinioni in materia sono cambiate, facendo si più estreme e meno smerciabili sul nostro mercato politico. Sono diventato dostoievskiano.
In Ricordi da una casa di morti, il grande romanziere russo (per altri versi un assoluto reazionario, che nei Demoni è addirittura ripugnante), racconta il comportamento del popolo siberiano quando nelle stradine dei suoi villaggi vedeva passare la colonna dei forzati, che dal bagno penale venivano condotti alle fatiche giornaliere. Nonostante l’aspetto orrendo di questi ultimi, dovuto alle catene e al cranio rasato a metà, la gente del popolo si avvicinava senza paura, e donava loro dolciumi e monete spicciole. E’ interessante come, all’approssimarsi della colonna dei forzati, la gente si passasse la notizia dicendo "arrivano i disgraziati". Questa parola, "disgraziati", significava letteralmente "coloro colpiti da disgrazia", e in quanto tali erano fatti oggetto di pietà.
Per la religiosità del popolo russo, in altre parole, la "disgrazia" era una cosa che si abbatteva su vittime e carnefici allo stesso modo, e i discorsi che oggi si fanno nella democraticissima e assi più evoluta Italia quando si dice "Non dimentichiamo i parenti delle vittime", sottintendendo che debba esserci un di più di sadismo nella punizione del reo, a misura di compensazione per il dolore causato, secondo la logica del taglione, sarebbero stati accolti da quei contadini analfabeti con incomprensione e disprezzo. Cosa sarebbe stato delle loro già difficili esistenze se si perdeva la pietà, il sentimento di fratellanza, e la riluttanza a giudicare per non essere giudicati?
Tra le ragioni per cui Giovanna Reggiani, la vittima dell’atroce delitto di Tor Di Quinto, è stata scelta per la campagna di odio anti-Romeno innescata da Gianfranco Fini, Walter Veltroni (l’amico dei morti di fame africani!), e quasi tutti i TG nazionali, vi era il fatto di essere la moglie di un ufficiale di marina. Che vittima simbolicamente e mediaticamente perfetta, per un opinione pubblica alimentata a Reality Show e pettegolezzi su Lady D.!
Le notizie dell’ultima ora ci raccontano che Angelo Spagnoli, il cecchino di Guidonia, che dal balcone di casa sua ha ucciso un uomo e ferito gravemente altri tre, è un ex ufficiale dell’esercito. Che occasione ghiotta per ribaltare i presupposti sensazionalitici dell’evento mediatico di Tor di Quinto! Potrebbe essere stato uno dei "nostri ragazzi" a Nassirya! Potenzialmente è un bello strappo sulla vernice di ufficialità patriottarda così subdolamente usata nella tragedia di Tor di Quinto.
Ma come si fa a dichiarare di volere una società migliore e intanto manipolare i codici ed i simboli con lo stesso squallore professionale di Gianni Riotta, e riproporre la sua stessa operazione invertendone i presupposti? Vorrei chiedere a tutti coloro che lottano per modificare l’esistente di non cadere in questa tentazione, e imparare la lezione dei contadini analfabeti siberiani: pensate ad Angelo Spagnoli come a un "disgraziato", e abbiate pietà di lui.