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Tra innovatori e conservatori
di Francesco Moneta 31.7.08
Faccio alcune riflessioni sull’articolo di Ida Dominijanni. In primo luogo affermare che il congresso spazzi via una generazione di giovani innovatori dal Prc mi pare poco rispondente alla realtà e ingeneroso con quanti giovani ed «innovatori» hanno ritenuto di appoggiare il documento 1 al congresso ed hanno applaudito all’elezione di Paolo Ferrero.
Lo dico da militante del Prc che ha 32 anni e che è stato negli ultimi due segretario del Circolo di Primavalle, terzo per numero di iscritti di Roma e tra i circoli più attivi. Capisco che per voi che avete tifato per la mozione 2 è difficile avere la lucidità per vedere che la contrapposizione tra innovatori e conservatori è una mistificazione ed una sciocchezza. Il mio circolo votò le tesi «bertinottiane» a Venezia, come fecero Mantovani e Ferrero, che allora seguendo il ragionamento di Ida erano innovatori, mentre oggi si sono trasformati in paurosi e ritrosi conservatori.
Il voto del congresso ci dice che non c’è stata una volontà di vendetta e neppure il voler addossare le colpe della sconfitta solo ad alcuni di coloro che hanno diretto il partito; piuttosto molta parte della base militante ha ritenuto necessario dare un segno di cambiamento a pratiche e comportamenti che erano divenuti frustranti ed inaccettabili, come lo sono ancora i toni usati dal compagno Nichi Vendola nell’intervista da voi pubblicata (il manifesto 29 luglio).
Porto l’esempio di Roma che meglio conosco. La federazione è stata guidata da un segretario che Ida definirebbe un innovatore, Massimiliano Smeriglio, e la campagna elettorale per le amministrative dell’Arcobaleno da un’altra innovatrice Patrizia Sentinelli; il primo, di fronte a numerosi documenti del mio circolo nei quali si chiedeva un confronto per la scelta dei candidati alle elezioni, non ci ha risposto; l’altra, quando insistiamo di poter decidere noi sul territorio il programma di coalizione con il Pd ha pensato bene di firmare e depositarne uno identico per tutti i 19 municipi di Roma senza nessun confronto con la base.
Questi sono solo due episodi di una storia recente del partito che è stata ritenuta dalla base inaccettabile.Non dovrà più accadere che una classe dirigente che per anni ha svolto ruoli istituzionali e non ha più avuto alcun contatto con la militanza attiva venga a fare una predica agli iscritti dopo una batosta come quella del 13 aprile dicendo che abbiamo perso perché non abbiamo più fatto volantinaggi nei mercati.
Noi li abbiamo fatti, ma cosa dovevamo raccontare a quelle persone cui consegnavamo un programma, scritto in modo peraltro incomprensibile per un operaio o per una casalinga, se le pratiche dei nostri assessori cozzavano in modo evidente con quanto scritto. Innovazione è solo un altro totem da venerare se non si comprende che la grande novità di Rc, nel passato, è stata la rivoluzione delle pratiche, l’inclusione della base nelle decisioni e l’apertura verso l’esterno.
Se da domani riusciremo a sburocratizzare il partito e rimetterci in cammino non lo so, ma certo è l’unica prospettiva. Non gioisco per questa vittoria, e chiedo di non farlo a chi ha più responsabilità di me, perché la nuova classe dirigente avrà un compito da far tremare le vene: ricostruire Rc e ridare voce alla sinistra.