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Travaglio a “La Sapienza”. Conflitti d’interesse e malainformazione sono il morbo italiano

Publie le venerdì 18 luglio 2008 par Open-Publishing

Travaglio a “La Sapienza”. Conflitti d’interesse e malainformazione sono il morbo italiano

di Daniele Ferro

Alle 19 di martedì 15, le gradinate del Rettorato sono già gremite per assistere all’incontro organizzato dalla libreria Rinascita nell’ambito della manifestazione “Un’estate alla Sapienza”, evento che si svolge da quattro anni all’interno della città universitaria romana. Marco Travaglio presenta il libro “Se li conosci li eviti” (ed. Chiarelettere) scritto insieme a Peter Gomez, e durante l’incontro sempre più persone - per la gran parte giovani - giungono per ascoltare le sue parole.

Occhiali da sole e fascio di giornali sotto il braccio, il giornalista torinese sale sospinto dagli applausi sul palco posto alla spalle della grande statua della Minerva, ed esordisce spiegando che il libro “non è un’istantanea, ma di seicento pagine” per colpa dei politici italiani, che danno modo di scrivere molto.

Travaglio parte dalle elezioni per tessere un discorso che tra molta informazione e ironia si dipanerà per due ore. Critica la legge elettorale - “chi l’ha fatta, ora è Ministro della Semplificazione per non farne più” - e non risparmia chi propone oggi il sistema elettorale tedesco, “un tema da leccarsi i baffi”.

A suo parere il libro, uscito a marzo, è molto più interessante dopo le elezioni, anche se “è un po’ come piangersi addosso”. Del resto il titolo di copertina è chiaro: Travaglio sostiene che “se sappiamo chi sono [i politici] sappiamo cosa faranno. Quindi se un Presidente del Consiglio ha una televisione abusiva e quattro processi in corso, si può prevedere a cosa sarà interessato durante la legislatura”.

Ma Silvio Berlusconi è solo “il caso più eclatante” di un intero sistema che non funziona, e Travaglio porta un esempio categorico parlando degli “avvocati che di mattina lavorano nel loro studio ed il pomeriggio in Parlamento”. Sostiene che tali avvocati saranno interessati ad una legge che depenalizzi i reati dei clienti - sia che siano innocenti o colpevoli - per poterli scagionare facilmente, mostrarsi capaci nel lavoro e ricevere così parcelle più alte.

Questo perché “non c’è una legge sul conflitto d’interessi”.

Travaglio tocca dunque il tema che insieme al diritto negato dei cittadini ad essere informati costituirà l’intelaiatura del suo discorso.

Il giornalista afferma che “di queste cose non si parla, si parla del sistema elettorale tedesco” e riceve grandi applausi quando sottolinea che tra l’altro “manco si discute se si potranno scegliere i candidati apponendo una croce o meno”.

Dalle sue parole s’intende che il problema fondamentale del sistema-Italia risiede tutto qui: da una parte abbiamo una classe politica immobile che trae vantaggio dai conflitti d’interesse, dall’altra un’informazione succube e collusa che non svela i meccanismi di falsità e corruzione del sistema.

Travaglio nell’intervento porta una serie di esempi così ampia da lasciare il pubblico frastornato: le tasse, il caso Alitalia, la criminalità organizzata, l’emergenza rifiuti in Campania, lo scontro elettorale tra Alemanno e Rutelli, i cosiddetti “pacchetto sicurezza” e il “reato di clandestinità”, la manifestazione di Piazza Navona ed il sondaggio di Mannheimer, la legge sulle intercettazioni, sono temi che il giornalista tocca, lascia e riprende per spiegare il groviglio della situazione italiana.

Consideriamone alcuni; innanzitutto la mafia e l’emergenza rifiuti in Campania, poiché Travaglio sembra assumerle a massimo esempio dell’inerzia politica.

Egli spiega che nel nostro Paese “quando affrontiamo i problemi non sappiamo da dove arrivino, li chiamiamo gli «annosi problemi »”. perché “abbiamo un’informazione indecente, umiliante, mortificante”, quindi “vediamo la coda dei problemi ma non la testa”.

“E così”, prosegue Travaglio, “abbiamo gli «annosi problemi», come la corruzione e la mafia, che la stiamo combattendo da centocinquant’anni. Ma non bisogna combatterla, bisogna sconfiggerla [...] Del Turco era presidente della Commissione Antimafia: potete capire perché si dice «dobbiamo combattere la mafia» e non «sconfiggerla» [...] Se uno va a vedere la radiografia degli autoeletti in Parlamento capiamo perché non la vogliono sconfiggere”.

Il pubblico è sensibile al tema ed applaude (ci mancherebbe pure, a dire il vero: siamo nel cuore dell’università italiana).

Applaude quando il giornalista dice di non aver mai pensato che Berlusconi sia di destra o che Veltroni sia di sinistra, perché gli interessa che qualcuno sconfigga la mafia.

Ma soprattutto un applauso scroscia a lungo quando afferma: “Non mi interessa che Borsellino fosse di destra e Falcone tendenzialmente di sinistra, ma che abbiano cercato di sconfiggere la mafia”.

È consolante il lungo applauso, ma un brivido percorre le gradinate e sale su per le vertebre. Perché il 19 luglio saranno sedici anni dall’attentato fatale a Borsellino ed ancora la Sicilia è stretta nei tentacoli mafiosi - basti pensare che nel quartiere Zen di Palermo i cittadini pagano il pizzo alla mafia per avere acqua e luce, come emerso dall’indagine “Addiopizzo 3” - ed insieme alla Trinacria è l’intero nostro Mezzogiorno ad essere affetto alla radice dalla criminalità organizzata.

Perché ci è voluto un ragazzo del ’79 per portare alla ribalta nazionale - e poi mondiale - i decennali intrighi economici e sociali della camorra, e dalla pubblicazione di “Gomorra” Roberto Saviano vive sotto scorta.

Ma riprendiamo il filo per toccare l’«emergenza rifiuti » .

Travaglio ricorda che essa è iniziata quasi quindici anni fa, quando l’allora Presidente del Consiglio Ciampi istituì il Commissariato per l’emergenza rifiuti in Campania, e poi aggiunge: “Non hanno la più pallida intenzione di rimuovere la monnezza, altrimenti non si capirebbe perché in tutto il mondo l’immondizia viene smaltita e in Campania no”.

Seguendo questo ragionamento, Travaglio spiega che il Commissariato è stato usato per “sistemare” parenti ed amici dei politici, e così la situazione non è stata risolta, perché il mantenimento dell’emergenza sarebbe funzionale al sostentamento clientelare.

Che non ci sia la volontà di sanare realmente la situazione lo dimostrerebbe la responsabilità ricondotta in capo a Bertolaso, il quale “è tornato nel luogo del delitto, su un problema che ha contribuito lui stesso ad aggravare”.

In seguito Travaglio offre vari esempi per parlare della mistificazione operata dall’informazione italiana.

Riguardo lo scontro elettorale tra Alemanno e Rutelli, ricorda come si fosse incentrato sul tema della sicurezza partendo da uno stupro compiuto da un uomo di nazionalità romena, con la conseguenza che l’illegalità diffusa sembrava essere causata dalla presenza di immigrati in Italia.

Al giornalista, per ricevere applausi, basta affermare che gli stupri “per il 75% avvengono tra le mura domestiche ad opera di maschietti italiani, all’interno di questa meravigliosa famiglia tradizionale da tutti decantata”.

Poi afferma che “quando Berlusconi definisce «metastasi» la magistratura, si dice che è stata una battuta. L’avessero detto Grillo o la Guzzanti li avrebbero crocifissi”.

Passa al sondaggio di Mannheimer - secondo il quale un terzo del totale tra gli elettori è a favore della manifestazione in Piazza Navona - e sostiene che “quando i sondaggi non osservano la linea editoriale del giornale [nella fattispecie il «Corriere della Sera», ndr ] si nascondono” all’interno delle pagine.

Analizzando i dati di Mannheimer, Travaglio ne ricava una crisi di consenso per i partiti. In particolare per il Partito Democratico: “Il 48% degli elettori è a favore della manifestazione di Piazza Navona. Visto che il 100% dei dirigenti del PD non lo è, ci si chiede chi rappresenti quegli elettori”.

Riguardo il «pacchetto sicurezza» afferma che “anche uno che va a Pontida vestito da Obelix capisce che non c’entra nulla con la sicurezza [...] è spot, non esiste”.

E spiega che anche il «reato di clandestinità» a tutti gli effetti non esiste, perché per andare al fresco l’immigrato irregolare dovrebbe reiterare il “reato” d’ingresso in Italia per sette-otto volte, ogni volta farsi acciuffare da un poliziotto nell’esatto momento in cui tocca il suolo italiano, dare sempre lo stesso nome e cognome, ed infine chiedere all’avvocato di non voler accettare la prescrizione.

In questo caso l’immigrato - che quindi dovrebbe essere particolarmente sfortunato e stupido - potrebbe superare i tre anni di condanna necessari per entrare in galera.

“Ho letto solo un articolo che smentisce questo cosiddetto «reato di clandestinità»”, afferma Travaglio, “Valerio Onida su «Il Sole 24 Ore»”.

Da ultimo il giornalista parla della legge sulle intercettazioni. Spiega come essa, oltre ad essere un danno per la giustizia e la libertà d’informazione verso i cittadini, sia stata giustificata in base ad un calcolo errato del Ministro della Giustizia Angiolino Alfano - “i famosi tre milioni di cittadini intercettati” - e sui costi eccessivi delle intercettazioni.

Ma Travaglio, riprendendo il tema del conflitto d’interessi, afferma che “le intercettazioni potremmo anche non pagarle: in Francia, dove c’è uno Stato, questo impone a France Telecom di concedere gratuitamente le linee per fini di giustizia”. Però in Italia, “dato che il sig.Tronchetti Provera e gli altri gestori sono amici degli amici, nessuno si sogna di dirgli nulla”.

Quando l’allievo di Montanelli scende dal palco tra l’ovazione, il sole è ormai calato sullo sguardo statuario della Minerva: i lampioni della città universitaria tingono d’arancione gli edifici dinanzi le gradinate, la penombra ammanta l’accademia e la luna quasi piena s’è alzata a metà cielo.

Chi resta per continuare la serata alla Sapienza e chi esce da Piazzale Aldo Moro.

Forse ci si chiede se Travaglio abbia davvero presentato il libro oppure se la stretta attualità abbia dominato il suo discorso.

In ogni caso il messaggio è univoco: se li conosci, li eviti.

Sarà la bella sera estiva, sarà il Ponentino che spira dolcemente, viene tuttavia da pensare che qualcuno bisognerà pure incontrarlo.

E vista la grave situazione in cui versa l’Italia, il detto “meglio tardi che mai” vale ben poco.

Megachip