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Andiamo a Scienze Politiche per Travaglio che parla del Piano di Rinascita di Gelli. Tantissimi studenti in un silenzio di tomba. Occupato ogni minimo spazio. Il capo del dipartimento di fisica tenta di evacuare l’aula dicendo che c’è troppa gente e viene sonoramente fischiato mentre gli gridano che di gente in piedi o seduta per terra ce n’è anche a lezione. Travaglio fa un riepilogo di Gelli e company e soci.E’ presentato da Mario Guarino, come uno dei giornalisi italiani con ancora la schiena dritta.
(Mario Guarino fu’ uno dei primi a scrivere libri inchiesta su Gelli e Berlusconi, vedi:
http://www.unilibro.it/find_buy/findresult/libreria/prodotto-libro/autore-guarino_mario_.htm
Alla conferenza Guarino ha detto che si sospettava che il vero capo della P2 fosse Andreotti e che i nomi pubblicati nell’81 erano 972, ma 1600 nomi non comparvero e restarono nella lista che Gelli teneva in una sua villa in Uruguai. Inutile chiedere: perche’ questi 1600 nomi non sono mai usciti? Perche’ negli ultimi 30 anni non c’e’ mai stata una nuova inchiesta della P2?
Quello che la P2 tramava non somigliava affatto ai golpe militari sudamericani (anche la Gladio di Cossiga invece si’) ma intendeva mantenere formalmente la repubblica, svuotando di sostanza tutte le sue istituzioni. La democrazia sarebbe diventata una specie di apparato esteriore con dentro nessuna applicazione democratica, come adesso e’.
A parte il controllo che Berlusconi prese sui media e che Gelli sottovaluto’, appare oggi abbastanza chiaro che tutte le riforme che sono state attuate sia da destra che da sinistra negli ultimi 30 anni hanno contribuito allo stesso modo a realizzare il piano di Licio Gelli.
Gelli dava molta attenzione ai giornali, i due maggiori si dovevano scalare (Berlusconi lo tento’ col Corriere della sera tramite Ricucci), e negli altri si dovevano infiltrare giornalisti di fiducia per rendere l’informazione remissiva al potere (cosa che oggi appare gia’ attuata). Gelli pensava che questi infiltrati dovessero essere pagati mentre, come dice Travaglio, la realta’ e’ anche peggiore e i giornalisti si sono asserviti da soli anche senza pagamento.
Al momento della scoperta della lista il premier era Forlani e alcuni della P2 erano ministri del suo governo, ma nella lista, come sappiamo c’era di tutto, politici e generali, magistrati e carabinieri, c’erano anche collaboratori di Montanelli e anzi lo stesso Montanelli fu convocato da Gelli ed usci’ sconvolto dall’incontro come avesse parlato con uno squinternato, invece molti accettarono, fecero carriera e sono oggi al potere.
Molto curioso il fatto che i tre Maestri che stavano immediatamente sotto Gelli erano Maurizio Costanzo, Roberto Gervaso (quello che sembra tanto innocuo e parla di amenita’ con farfallino) e l’incredibile prof. Trecca (uno che sta alla pari con Biscardi).
Al tempo dell’uccisione di Moro, quando Cossiga era ministro degli Interni, i fatti strani si moltiplicarono, troppi suicidi sospetti nei servizi segreti, troppe morti misteriose, traffici d’armi, la CIA, la mafia, una ragnatela con a capo Gelli, i cui rapporti con la mafia, poi, sono sempre stati strettissimi.
Viene il crack dell’Ambrosiano e Calvi e Sindona sono della P2.
Nel 1976 Berlusconi ricevette da Gelli due miliardi di lire dell’epoca, una somma enorme da passare a Delfino per far scindere il MSI di Almirante (c’era il giovanissimo Fini) e creare un nuovo partito Democrazia Nazionale, forse Gelli non si fidava di Almirante, e si vede che col delfino gli e’ andata meglio, vista la sua subordinazione a Berlusconi e visto che anche la Prestigiacomo giura sulla nobilta’ di Dell’Utri, notoriamente condannato a 9 anni per collusione mafiosa.
Berlusconi, pur essendo in quel tempo a latere della politica, faceva gia’ favori alla P2. La storia di Berlusconi la sappiamo, e’ un signor nessuno, un bel giorno riceve non si sa da chi enormi somme di denaro, compera terreni non edificabili, ottiene che diventino edificabili dagli amici socialisti, ci investe questi capitali oscuri, crea Milano2, Brugherio, Milano3... riesce persino a vendere l’invenduto a certo Ferruccio de Lorenzo (padre del de Lorenzo che conosciamo) che glielo compra per mille miliardi. Tutto questo accadeva 32 anni fa..
Guarino fu uno dei primi a raccontare fatti e misfatti di Berlusconi gia’ nel 1980 con "FRATELLO P2 1816 -L’epopea piduista di Silvio Berlusconi".
Sempre nel 1980 il Corriere invece (noto per tenere i piedi sempre in piu’ staffe) pubblicava un bellissimo articolo apologetico su certo signor Gelli, intervista fiume molto esaltante firmata Maurizio Costanzo. Quindici giorni prima, vedi il caso, lo stesso Corriere aveva intervistato il giovane imprenditore emergente Silvio Berlusconi, qui la firma e’ Roberto Gervaso. Costanzo compare nella lista P2 col n° 1010, Gervaso col n° 1813, Selva col 1814, Berlusconi col 1816 (insomma vengono a ruota). Costanzo e’ nel reparto "informazione" perche’ la P2 e’ divisa per reparti.
Il direttore del Corriere, al tempo della presentazione elogiativa al pubblico di questi bei personaggi, era Angelo Rizzoli, anche lui della P2. Nella P2 troviamo Enrico Manca (gia’ ministro di Cossiga, poi presidente della televisione, fondatore del PSR con Cicchitto e ora fondatore del movimento per il “rinnovamento della democrazia”, che con la “rinascita democratica” ha una certa assonanza), Publio Fiore (prima Dc poi An e ora in una delle tante piccole DC), Massimo Donelli (direttore di canale 5).. e tanti bei personaggini, insomma chi entra nella P2 non resta disoccupato, la P2 fa curriculum.
Antonio Martino stava per fare la tessera e non ci riusci’ perche’ arrivarono i carabinieri, poi c’era Nebbiolo (del tg5), Picchioni, presidente della fiera del libro, Ciuni che dirige la Nazione e ora scrive sul Foglio, Cicchitto, che ha la tessera n° 2232 (16 iscrizioni dopo Berlusconi), Bisignani, consulente del gruppo Ferruzzi che riciclo’ la maxitangente Enimont e ora traffica con Mastella. E c’e’ anche il professor Trecca, il botolo che su rete4 si occupa di medicina e sembra un personaggio folkloristico (tanto che gli ascoltatori lo associano al mago Otelma e lo inneggiano come un eroe del pop trash) e che invece con Gelli era uno dei tre maestri principali, con Gervaso e Costanzo.
E fu Gervaso che recluto’ l’ambizioso Berlusconi e che aveva le mani sul Conto Protezione che prendeva i denari deviati da Calvi (quello morto impiccato perche’ non parlasse) che verso’ 10 miliardi dell’epoca a Craxi per contrastare un’altra corrente sostenuta dai petrodollari.
Gelli che reclutava i nuovi massoni ma anche preparava dossier sugli stessi per eventuali ricatti, aveva una cartellina su Martelli e il Conto Protezione, aperta dal Larini, dove c’era una ricevuta di Martelli stupidamente fatta su carta intestata della Camera dei deputati, tanto per autoinfamarsi meglio.
E nella P3 c’era anche Vittorio Emanuele di Savoia, cosa che sconfessa Gelli quando dice che nella P2 entrava solo gente di grande intelligenza, ma anche lo pseudo-re aveva la sua importanza perche’ trafficava in armi e aveva il suo business.
Il Piano di Rinascita Democratica fu dato brevi manu da Gelli a Leone "per rendere l’Italia migliore" e non appariva affatto come un colpo di stato. Anzi, nello Stato la P2 si trovava benissimo con tutti i politici sotto controllo, semmai la minaccia del golpe era tirata fuori ogni tanto per far paura agli sciocchi, ventilando la minaccia dei comunisti. Gelli non pretendeva nemmeno di cambiare la Costituzione, poteva restare benissimo la’ dove stava come un trombone sfiatato, mentre tutto il suo progetto tendeva a svuotare la democrazia dal suo interno, rendendo le istituzioni prive di valore e sgretolando il potere degli elettori. Si dovevano indebolire gradatamente tutti i poteri di controllo che non erano influenzati con i soldi o il ricatto: esautorare il Parlamento, moltiplicare i partiti, comprare la stampa, depotenziare la magistratura, inquinare la corte costituzionale, sfibrare i pubblici ministeri.. mentre doveva aumentare il potere del premier (come ieri chiedevano d’Alema e Berlusconi e come oggi chiedono proprio alla stessa maniera Veltroni e Berlusconi).
Uno dei punti espressamente richiesti per eliminare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura era la separazione delle carriere cosi’ da mettere sotto il potere politico gli organi giudicanti, poi si dovevano spaccare i sindacati (cosa che Pezzotta e Angeletti hanno fatto benissimo). C’e’ persino la richiesta di prove psicoattitudinali per i giudici, come chiese poi il benemerito Castelli (e mi ha fatto senso sentire per radio una ascoltatrice leghista piuttosto sgrammaticata che chiedeva la stessa separazione con grande insistenza al suo rappresentante leghista, forse perche’ troppo offesa dalla condanna a Maroni perche’ aveva morsicato un poliziotto al polpaccio o per la tangente Enimont di 100 milioni a Bossi).
Gelli vide benissimo molte cose. Il suo unico errore fu di aver sottovalutato il potere della televisione, potere che invece Berlusconi capi’ benissimo (o per lui Gonfalonieri). E il grande passo Berlusconi, grazie a Craxi, lo fece proprio passando dalle sue tante tv via cavo a 3 tv via etere, questo fu il punto che segno’ la sua vittoria.
Ma il passo decisivo sarebbe stato il passaggio da una repubblica parlamentare a una repubblica presidenziale (e qui Veltroni si mostra degno erede).
In USA la sovranita’ popolare si esplica col parlamento che puo’ anche avere un capo opposto al presidente e puo’ stoppare le sue decisioni, in Italia invece, grazie a destra e a sinistra, a poco a poco il parlamento e’ stato esautorato fino a non contare piu’ nulla, e’ diventato un’assemblea di yes man, le nomine dipendono oggi da poche persone e la sovranita’ popolare praticamente non esiste piu’ essendo le liste prefabbricate,
Se Gelli svalutava la televisione, dava invece un’importanza esagerata alla stampa (visto anche che non siamo un popolo di lettori) ma capiva l’importanza della pubblica opinione e la necessita’ di una metodica disinformazione. Cosi’ stanzio’ 40 miliardi dell’epoca per controllare giornali e sindacati. Una cosa imponente. Tento’ anche di iscrivere alla P2 tutti i giornalisti italiani. Voleva intimidire e assoggettare i magistrati, intanto si doveva vietare loro di parlare (come si pretende adesso), poi non si dovevano mai chiamare per nome e cognome sulla stampa, cosi’ da poterli attaccare e far fuori in modo anonimo (si noti che e’ quello che pratico’ poi Castelli).
L’Italia doveva mantenere una parvenza di democrazia ma diventare una democrazia svuotata da dentro.
Appare chiaramente che molte di queste idee che allora sarebbero state considerate autentiche bestemmie e gravi attentati allo Stato, oggi passano come cose normali e sono presentate da tutti i partiti con la massima naturalezza, per il semplice fatto che o sono state attuate o stanno per esserlo. E anzi oggi va anche peggio perche’ Gelli si guardava bene dal parlare di riforme della Costituzione, mentre Berlusconi l’ha riformata a colpi di maggioranza come si trattasse di una legge ordinaria e il Governo successivo stava per fare la stessa cosa (e noi non riusciamo a dimenticare gli orrori della bicamerale), e oggi parlare di riforma della Costituzione appare come una cosa scontata, anzi un po’ noiosa. Mentre tutti fanno a chi chiede i piu’ per l’Italia una repubblica presidenziale. Altro abominio! Ma ormai i tempi sono abominevoli!
A farla breve Gelli e’ stato scavalcato.
Gelli diceva: "Se trovassimo un uomo in sintonia col nostro club andremmo piu’ veloci". Fu accontentato.
Oggi la P2 non e’ piu’ un pericolo paventato, e’ un successo avvenuto. Le classi dirigenziali hanno scoperto che era un sistema comodo e pratico per far carriera, ottenere soldi, eludere i controlli, scavalcare il mercato. La P2 ha vinto. Con Berlusconi, ma anche con tutti gli altri, il piano di Licio Gelli ha avuto una magnifico successo, schiacciando completamente l’Italia.
..
da
Nuovo Masada 636
Messaggi
1. Travaglio a Scienze Politiche, 22 febbraio 2008, 11:20
un liberista che crede nel capitalismo etico e solidale. Insomma tipo il suo "maestro" montanelli o il radicale pannella . Complimenti, ora andiamo a lezione anche da questo.
1. Travaglio a Scienze Politiche, 22 febbraio 2008, 13:09, di viviana
Non capisco nemmeno il senso di questa mail. Ormai l’incoerenza regna sovrana e si può attaccare chiunque in nome di qualunque cosa, così a caso. Travaglio è un giornalista specializzato soprattutto nei processi e nei reati di Berlusconi, Non si è masi saputo che sia o sia stato un no global. Non mi risulta che abbia mai parlato di capitalismo etico e solidale. Non parla né di etica né di finanza e non gli ho mai sentito pronunziare la parola capitalismo. In genere parla di processi e di reati politici. E mo’ questa mail che c’entra?
viviana
2. Travaglio a Scienze Politiche, 22 febbraio 2008, 14:52
e certo, questa gente tanto rivoluzionaria e tanto onesta, dicono loro, poi va a lezione da travaglio, di pietro, grillo e roba del genere.
sai che bellezza.
questi ancora credono che basta parlare male di berlusconi che sono tanto fashion e per questo fanno due palle a tutti postando cinquanta messaggi al giorno.
ma si mettessero a lavorare.
3. Travaglio a Scienze Politiche, 22 febbraio 2008, 15:40, di viviana
Ma di che stai parlando? L’aula di scienze politiche era strapiena di studenti che volevano sentire Travaglio perché è uno dei migliori giornalisti italiani. Nessuno si vanta di essere più rivoluzionario o più onesto degli altri. Parlar male di Berlusconi dovrebbe essere il dovere di ogni persona onesta. Non occorre essere super rivoluzionari né super onesti per valutare Berlusconi quello che é: uno che ha fatto carriera riciclando denaro del narcotraffico e mettendosi a servizio di una cricca di massoni deviati che voleva fare un golpe morbido e lo ha pure fatto. Se credi che qualcuno possa onestamente e in buona fede parlare bene del tuo eroe, sarebbe bene si facesse visitare da uno psichiatra
viviana
4. Travaglio a Scienze Politiche, 22 febbraio 2008, 16:34
ESSENDO IO ANCORA COMUNISTA...
RIPORTO PERLE DI SAGGEZZA DEL VATE...
Per chi voti?
«Sono sempre stato un liberale conservatore. Quando c’erano elezioni cruciali seguivo il consiglio di Montanelli: mi tappavo il naso e votavo Dc. Altrimenti Pli o Pri. Sempre anticomunista, finché c’erano i comunisti».
completa:
Intervista
Marco Travaglio - Sette
(Pubblicata il 09/11/2003 -
Molti lo considerano un tremendo forcaiolo, un acritico giustizialista, un demonizzatore degli avversari politici che vorrebbe vedere tutti in galera. Per altri è un idolo, un coraggioso Robin Hood che combatte i ricchi e i potenti in difesa della legalità e contro la corruzione. Da quando Marco Travaglio parlò, nella trasmissione di Daniele Luttazzi, dei sospetti di rapporti mafiosi che si addensavano sul capo del leader di Forza Italia, è costantemente al centro di feroci polemiche. Per la Rai non esiste più, è come un fantasma. Ma i suoi libri vanno ugualmente in testa alle classifiche da quando lui, per presentarli, ha praticamente lasciato casa intraprendendo un giro d’Italia che non finisce mai.
È vero che aderisci maniacalmente alle sentenze dei tribunali?
«Io faccio il cronista giudiziario e racconto casi di corruzione. Non aderisco maniacalmente a niente».
Lo sostengono in molti.
«Pubblico documenti che danno fastidio. Le indagini di cui parlai a Satyricon non le ho fatte io. Esistevano e la tv non ne aveva mai parlato».
Non sarà che ti sei montato la testa e che pensi che senza di te la democrazia è in pericolo?
«La famosa intervista al giudice Borsellino sui rapporti fra Berlusconi e Vittorio Mangano, presunto stalliere e sicuro mafioso, l’avevano offerta al Tg1 che l’ha rifiutata».
Il direttore era Gad Lerner.
«Gad l’ha anche rivendicato. Dice che non era una notizia. La realtà è che in tv non sta bene dire certe cose di un politico importante».
Stai parlando di uno dei campioni della sinistra.
«Gad ha tanti pregi ma non il coraggio. Sapeva benissimo che trasmettendo l’intervista di Borsellino non sarebbe durato a lungo. Intendiamoci, lo stesso rischio l’avrebbe corso dicendo qualcosa di pesante su un leader del centro-sinistra. C’è una convenzione non scritta ma rispettata da tutti: certe cose in tv non si dicono».
Stai dicendo che chiunque si comporterebbe così?
«Se uno diventa direttore del Tg1 conosce i suoi limiti. Longanesi diceva: "Certe onorificenze non basta rifiutarle. Bisogna non meritarle"».
Le sentenze sono giuste anche quando condannano te? Sei stato condannato a risarcire Previti perché lo avevi diffamato.
«Era un processo civile, non penale. Ha accertato un danno, non un reato. E poi avevo scritto una cosa vera: il giudice non ha potuto darmi ragione perché il mio avvocato non ha prodotto la prova che mi scagionava».
Nel frattempo, se tu chiami «pregiudicato» Pomicino, lui dice che semmai pregiudicato sei tu.
«Eh no. Nessuna sentenza dice che io ho commesso un reato. Nel caso di Pomicino, invece, i giudici del processo Enimont dicono che ha preso cinque miliardi illegalmente».
Pomicino dice che è stato condannato solo una volta per finanziamento illecito di partito e assolto 30 volte.
«Singolare difesa. Non ho mai sentito uno che va in giro dicendo: "Non sono un assassino perché ho solo una condanna per omicidio, le altre 30 volte mi hanno assolto».
Perché dicono che hai una passione per la galera e le manette?
«E’ una simpatica campagna avviata da Giuliano Ferrara e da un’ampia lobby trasversale per squalificarmi».
Anche a sinistra è pieno di gente che ritiene che tu sia un manettaro.
«Quelli che la pensano come D’Alema».
Però a volte sembra proprio che la galera ti interessi.
«Abbiamo decine di persone che invece di stare in galera stanno in Parlamento. E visto che governano anche me, questi sono fatti anche miei. Non voler essere amministrati da ladri non è poi una gran pretesa».
Passi per precisino. Ma hai commesso errori. Hai confuso un Casini per un altro. Un Fallica per l’altro.
«Tutti sbagliano. Ma c’è la buona fede. Erano casi di omonimia».
Hai scritto cose sbagliate su Ayala.
«E mi dispiace: l’Ansa aveva dato per amnistiato un suo reato. Non era vero. Senti: di solito non sbaglio, ma quando sbaglio lo ammetto, chiedo scusa e pago di tasca mia».
Il senatore Franco Debenedetti ti ha querelato.
«Dice. Se è vero è una medaglia. Sfido chiunque a prendere per i fondelli il fratello del suo editore. Aspetto che Belpietro prenda in giro sul Giornale Silvio Berlusconi, se l’editore è Paolo, o Paolo Berlusconi, se l’editore è Silvio».
Dove hai cominciato a fare il giornalista?
«In un piccolo giornale torinese cattolico, Il nostro tempo. Lì ho conosciuto Giovanni Arpino che mi presentò a Indro Montanelli. Ho fatto l’abusivo al Giornale come vicecorrispondente da Torino dall’87 al ’92. Il corrispondente era Beppe Fossati, bravo e simpatico, ma con poca voglia di lavorare. A volte scrivevo pure i suoi articoli e lui mi dava cinquantamila lire al pezzo».
C’era anche Mario Giordano a Il nostro tempo.
«Me lo ricordo. Arrivò tutto bello grassottello da Canelli con le guanciotte bianche e rosa. Era bravo».
Dice che lui era di sinistra e tu berlusconiano.
«Balla clamorosa. Vede talmente tanti berlusconiani che non può più immaginare l’esistenza di gente diversa».
Per chi voti?
«Sono sempre stato un liberale conservatore. Quando c’erano elezioni cruciali seguivo il consiglio di Montanelli: mi tappavo il naso e votavo Dc. Altrimenti Pli o Pri. Sempre anticomunista, finché c’erano i comunisti».
C’è una destra accettabile oggi?
«Un solo nome, Giovanni Sartori. Quella è la destra che mi interessa, liberale, legalitaria, einaudiana».
Se tutti ti attaccano magari qualche ragione ce l’hanno?
«Se chi mi attacca mi elogiasse mi preoccuperei».
E’ un rischio che non corri.
«Trovo del tutto normale che un giornalista sia detestato dal potere».
Ti detestano anche i dalemiani. Cuperlo, portavoce di D’Alema, scrisse che la tua assunzione all’Unità era fra gli eventi più infausti del 2002.
«E arrivarono molte lettere che dicevano: "Travaglio non si tocca". Ma chi è Cuperlo?».
Non lo conosci?
«Non frequento i politici. Montanelli diceva: "La corruzione comincia davanti a un piatto di pastasciutta. Non bisogna dare del tu ai politici né andarci a pranzo"».
Spesso ti lamenti perché vieni rifiutato nei dibattiti televisivi.
«È un’altra medaglia. Molti hanno paura del confronto diretto. Tipo Marco Boato: non voleva che parlassi nemmeno alla presentazione di un mio libro e cominciò a urlarmi Fascista! Fascista!"».
Filippo Facci dice che anche tu ti scegli gli interlocutori.
«Ma se faccio continui dibattiti con lui. Se alludi al caso di Cortina d’Ampezzo, è il giudice Davigo che non ha voluto incontrarlo avendolo querelato un sacco di volte».
Non è che la querela del giudice Davigo sia un giudizio divino.
«Per il gusto della polemica, io personalmente dibatterei anche con Belzebù. Ma se fossi un giudice e un giornalista mi accusasse di crimini inesistenti, forse farei lo stesso».
E sbaglieresti. Hai detto di ispirarti a un’aurea frase del Vangelo: «Il tuo dire sia sì sì no no, il resto viene dal maligno». È la prova che sei manicheo?
«Non credo che Gesù fosse manicheo. Io intendo quella frase come antidoto all’ipocrisia, agli equilibrismi, ai paraculismi».
Definisci il voltagabbana.
«Uno che cambia idea quando gli conviene».
C’è qualcuno che la cambia quando non gli conviene?
«I voltagabbana a perdere. Come Formentini e Vertone. Hanno lasciato la Casa delle Libertà alla vigilia di una sicura vittoria approdando all’Ulivo votato a sicura sconfitta. E poi Montanelli che mollò Berlusconi mentre quello diventava il padrone d’Italia».
Il più voltagabbana?
«Paolo Guzzanti su Repubblica prendeva in giro Berlusconi che voleva la Sme. Diceva: è un uomo dalla liquidità languida, cioè non ha una lira. Confrontalo con quello che Guzzanti scrive oggi. Ma i peggiori sono quelli che nuotano nella grande marmellatona del "bipartisan". Con D’Alema ma non contro Berlusconi, con Berlusconi ma non contro D’Alema. Scalfaro ha detto che ci sono lustrascarpe così lustrascarpe che non alzano neanche la faccia per vedere a chi le lustrano».
Parliamone.
«Gli ambidestri, i multiuso, i transgenici. Sono come quelle statuine che segnano il tempo. Azzurre quando fa freddo, rosa quando fa caldo. Gli uomini Rai, Bruno Vespa per esempio. E poi i Klaus Davi, i Velardi, i Rondolino, i Polito, i Marco Boato. Qualunque cambio di regime li trova sempre in pole position. A disposizione».
Parliamo di Vespa.
«Il risotto di D’Alema, il tennis di Amato, le finte improvvisate di Apicella a Berlusconi, l’intervista sotto braccio a Forlani, lui curvo e Forlani dritto, l’intervista al capezzale di De Lorenzo, con De Lorenzo che pareva moribondo con la flebo. Scene indimenticabili. Prima-o-seconda repubblica, destra o sinistra: Vespa non fa differenze purché l’interlocutore abbia un minimo di potere. Se non conta niente, lo massacra».
Altri colleghi voltagabbana?
«Mario Cervi. Venne via dal Giornale con Montanelli scrivendo che aveva ragione Montanelli e torto Berlusconi. Poi diventò direttore del Giornale di Berlusconi. Non dovrei giudicarlo perché è un vecchio signore e un maestro di giornalismo, però ti cadono le braccia quando una persona di ottant’anni, potendosene fregare di tutto, accetta la poltrona da cui avevano cacciato il suo migliore amico. Poi c’è Vittorio Feltri, un caso clamoroso. Nel ’92 ’93 scriveva cose fortissime. Quando si suicidò Moroni scrisse che al posto suo si sarebbe suicidato due volte. Oggi ripete a pappagallo qualsiasi attacco ai magistrati».
Ti piacerà almeno Ferrara.
«Non riesco ad appassionarmi al dibattito sull’intelligenza di Ferrara. D’accordo, è intelligente ma è un’aggravante, viste le cose che scrive. Come per D’Alema, altro "intelligente a prescindere". Non ne ha azzeccata una, ha perso tutte le elezioni. Quante ne deve perdere ancora perché smettano di considerarlo intelligente?».
Vediamo allora a sinistra di D’Alema, i comunisti: Bertinotti? Santoro? Gino Strada?
«Bertinotti mi pare il più lontano di tutti dal comunismo. Di Strada non condivido molte analisi tipo "Bush uguale Saddam", un’equazione assurda. Ma capisco che possa venire in mente a un chirurgo che riattacca le braccia staccate dalle bombe. Difficile distinguere quelle staccate da una bomba di Bush o di Saddam. Santoro mi piace perché non obbedisce. Quando sbaglia, per esempio su Israele o sul Kosovo, non lo fa per compiacere qualcuno. Sbaglia di suo. Avrebbe fatto meglio a non andare a Mediaset però poi a Mediaset ha fatto una puntata su Dell’Utri e la mafia. Non credo che il padrone abbia gradito».
Tu sei uno di quelli che ritengono che c’è regime oggi in Italia?
«Sì. È un regime nuovo, inedito, mediatico. Basato sulla ripetizione continua di balle a reti unificate, tutte o quasi nelle mani di Berlusconi».
Ma che regime è se fa uscire tranquillamente i tuoi libri?
«È un rischio calcolato. Tutto purché non in televisione. Che qualche decina di migliaia di italiani leggano un mio libro non fa paura. Emilio Fede, con il tg più sfigato, raggiunge ogni sera il doppio dei lettori del quotidiano più letto».
Però l’informazione libera c’è.
«C’è, ma bisogna andarla a cercare. Dalla tv non passa più nulla. Giornali liberi ce ne sono, ma quanti leggono in Italia? I nostri libri escono da un piccolo editore molto povero: non sono mica capolavori, ma vendono. La Mondadori pubblica i libri di D’Alema, non mi pare che la gente se li strappi di mano».
Però si strappa di mano quelli di Bruno Vespa.
«Vespa è uno dei pochi giornalisti televisivi in grado di scrivere libri interessanti, stuzzicanti, pieni di indiscrezioni e di pettegolezzi politici. E poi fa il giro delle trasmissioni per presentarli, da A come agricoltura al Meteo. Gli manca solo la Messa della domenica mattina».
Quando accusi i colleghi di Mediaset di minimizzare i guai di Berlusconi, non ti viene in mente che anche tu hai un padrone?
«Certo, ma nei miei libri si parla ampiamente delle tangenti di Carlo De Benedetti. Devo dire che, al contrario di altri, non ha addossato colpe ai suoi uomini, si è assunto le sue responsabilità ed è pure finito in prigione».
Questa è una sviolinata.
«Quando diventerà premier mi porrò altri problemi».
Sul Foglio ti hanno preso tanto in giro. Dicevano che nemmeno sulla Repubblica ti facevano scrivere.
«Scrivevo molto sulle pagine torinesi, visto che lavoro a Torino».
Non è che anche a Repubblica ti considerano un bieco giustizialista?
«Forse qualcuno, chissà. Adriano Sofri mi ha attaccato un paio di volte. È un giornale aperto».
Quanto guadagni con i libri?
«Pochissimo. La casa editrice è poverissima, non può pagare i diritti d’autore tutti insieme. Mi dà un tanto quando può».
Quantifichiamo.
«L’odore dei soldi ha venduto 300 mila copie. A mille lire a copia mi spetterebbero 300 milioni. Finora ne ho presi sì e no 50».
Tu sei molto citato nelle mie interviste. Bondi...
«James Bondi, ovvero il pallore gonfiato».
James Bondi dice che hai una perversione, vorresti condannare tutti.
«Non sono un pervertito. Lo è lui, innamorato cotto di Berlusconi».
Maria Laura Rodotà ha detto che non sei simpatico perché hai i capelli lunghi dietro.
«Guarda, li ho tagliati per farla contenta».
Lodovico Festa dice: «Salvo Travaglio perché essendo stupido è giustificato».
«Lui che è così intelligente ci spieghi come mai la Fininvest dava miliardi di pubblicità a un piccolo giornale comunista riformista come il suo, il Moderno, che non vendeva una copia».
Gioco della torre. Gruber o Lasorella?
«Butto Lasorella. Spero che la Gruber prima o poi si alzi in pieno tg e sbotti: "Ma perché devo leggere questa sbobba?"».
Mimun o Mentana?
«Butto Mentana perché fa finta di essere equidistante, l’altro è un maggiordomo dichiarato».
Santoro o Floris?
«Butto Floris».
Santoro ti invita e Floris no.
«No, Floris con tutti i meriti che ha, ha accettato certi limiti della Rai di regime. Se lui è in Rai e Biagi, Luttazzi e Santoro no, una ragione c’è».
Socci o Veneziani?
«Socci non è portato per la tv».
Studia. Dagli tempo.
«L’esercizio lo peggiora. Veneziani lo ricordo quando disse in tv: ma figuriamoci se verranno epurati Biagi e Santoro, se per assurdo accadesse scenderemo tutti in piazza. "Figuriamoci" lui, "figuriamoci" Mentana. Era la compagnia del "figuriamoci". Li hai poi visti in piazza? Si attendono girotondi».
Il Foglio o il Riformista?
«Butto quello più berlusconiano, il Riformista».
Li leggi?
«Il Foglio sempre per capire dove va la banda. Leggi Ferrara e sai quello che sta per dire Berlusconi».
Di Pietro o Violante?
«Butto Violante. Ha ballato troppi valzer. Non mi piaceva quando lasciava credere di essere il capo del partito dei giudici. Né quando difendeva i ragazzi di Salò: si vedeva che non ci credeva».
Fini o Bossi?
«Salvo Bossi. Nel ’94 ci ha liberati da Berlusconi. L’ho perfino votato nel ’96 per premiarlo del cosiddetto ribaltone. Quel giorno mi ha fatto godere».
Ma allora è vero che hai l’ossessione di Berlusconi. Se Berlusconi si ritira dalla politica tu che fai?
«Facevo il giornalista prima, lo farò anche dopo».
Ma prima non eri così famoso e visibile.
«Ho venduto moltissime copie dello Stupidario del calcio. Potrei tornare a occuparmi di qualcosa di meno trucido e di più divertente».
Previti o Dell’Utri?
«Salvo Previti. Lo considero uno di famiglia. Dopo la mia condanna vive con un quinto del mio stipendio. Gli passo gli alimenti».