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Tremonti Bond - Io non vedo, tu non parli, lui non sente ....

Publie le martedì 3 marzo 2009 par Open-Publishing
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Sono costose. Non convengono alle banche. Che però accetteranno di ricapitalizzarsi con le obbligazioni del Tesoro. Per continuare a nascondere le loro perdite nei bilanci. Anche a costo di tornare ostaggio della politica

E’ notizia della scorsa settimana la firma da parte del ministro del Tesoro del decreto che istituisce i cosidetti “Tremonti Bond“, la nuova invenzione creata dalla fervida mente del commercialista di Sondrio per permettere alle banche di “ricapitalizzarsi“, tramite la sottoscrizione da parte dello Stato di obbligazioni subordinate emesse dalle banche stesse.

SUBORDINATO? SISSIGNORE! - Cosa sarebbero queste obbligazioni subordinate? In pratica alle banche sarebbe concesso di emettere dei bond che lo Stato si impegna ad acquistare entro un certo importo. Si dicono subordinate perchè, in caso di fallimento dell’emittente, sarebbero rimborsate solo dopo che tutti gli altri creditori fossero soddisfatti (cioè in pratica quasi mai). Inoltre pagano gli interessi solo nel caso che l’emittente produca un utile, rimanendo quindi infruttifere in caso contrario. Per questi motivi vengono considerate sia a livello di Basilea2 come facente parti del Tier1 (l’indice di solidità delle banche), sia da parte di Bankitalia come Patrimonio di Vigilanza, cioè quel patrimonio in base al quale le banche possono prestare più o meno soldi ai loro clienti.

STATO USURAIO O BENEFATTORE? - Leggendo così le cose sembrerebbe che questi bond siano un ottimo affare per gli istituti di credito. E infatti Intesa-S.Paolo e Unicredit si mettono già in coda per 3 miliardi di euro ciascuno, seguite da tutte le altre banche nazionali, MPS, Banco Popolare, ecc con tagli minori. Ma rimane un problema di fondo che “stranamente” persino il Sole 24 Ore nel suo articolo di mercoledì scorso non accennava. Ovvero, il tasso di remunerazione di questi bond: dal 7,5 all’8,5%. Considerato che le emissioni di obbligazioni subordinate destinate al mercato negli ultimi mesi sono state remunerate con tassi pari all’Euribor più uno spread che al massimo arrivava al 1-2% (spesso anche meno), per un tasso finale ad oggi del 3-4%, ci si chiede perchè queste devono rendere il doppio allo Stato rispetto che agli altri sottoscrittori. Ma soprattutto ci si chiede quali banche siano messe così male da dover pagare il doppio di prima, un tasso che loro stesse non riuscirebbero ad applicare ai loro stessi clienti, se non a quelli ad altissimo rischio. Inoltre il decreto prevede che qualora le banche non rimborsassero i bond entro quattro anni, i tassi salgano progressivamente ogni anno. Un meccanismo che sembra preso paro paro dai prestiti usurai, ma allora perchè si stanno tutti mettendo in coda per prenderli questi bond?

IL BUONO, IL BRUTTO, IL CATTIVO - Facciamo a rigor di logica quindi qualche ipotesi. Ipotesi “buona“: le più importanti banche italiane sono messe tutto sommato bene come vuole anche la vulgata governativa, specialmente quella del pres.del.cons. quando deve smentire le sue sparate sulle nazionalizzazioni. Quindi questi pochi miliardi servirebbero giusto per dormire sonni ancora più tranquilli, portare il Tier 1 di tutte le banche interessate sopra il 7% e, visto gli utili che si continueranno a produrre, esse non avranno problemi a pagare la cedola dell’8,5%, magari inferiore al ROE e quindi comunque conveniente, e a rimborsare i bondi entro i quattro anni previsti. Ipotesi “brutta“: le banche italiane hanno l’acqua alla gola e questa iniezione di liquidità, seppur costosa, gli permetterebbe di tirare avanti per qualche tempo in attesa che la crisi molli la presa. Tanto poi la previsione per il prossimo anno è magari di vacche magrissime e senza utili (Intesa-S.Paolo ha già annunciato che non staccherà alcuna cedola per i suoi azionisti ad esempio) e quindi è pure probabile che questi bond non saranno remunerati. Inoltre questa soluzione che non prevede l’entrata dello Stato direttamente nel capitale placherebbe qualsiasi polemica di nazionalizzazione e manterrebbe i vecchi manager al sicuro sulle loro poltroncine. Ipotesi “cattiva“: i bilanci delle banche italiane sono messi come quelli delle altre banche europee, cioè che l’attuale valore in Borsa rispecchi realmente la qualità del loro attivo: un bagno di sangue.

BUSTA UNO O BUSTA DUE? - In settimana, a firma Alessandro Penati, è uscito su Repubblica un articolo che prova a dare una risposta a questa domanda: “Ho provato a sottoporre le banche italiane a un mio personale stress test, sulla falsariga di quello di Obama per gli istituti di credito americani. A fine 2008, il Pil italiano era sceso del 2,9%. Ho pertanto ipotizzato che le sofferenze lorde delle banche crescano almeno ai livelli del 1994, e che il loro valore sia il 40% del nominale. Ho dimezzato il valore dell’avviamento in bilancio; e ho ridotto del 15% la sola componente azionaria dei titoli in portafoglio al 30/9 (metà della discesa di Borsa); del 35% i titoli di capitale non negoziabili, e del 10% la posizione in derivati. Con questi risultati, le potenziali perdite possono spazzar via tra il 72% e l’87% del patrimonio delle maggiori banche. Per assorbire perdite servirebbero 130 miliardi“. Quindi, conclude Penati, i Tremonti bond sono inutili, i capitali stanziati sono insufficienti. E sono ulteriori debiiti che le banche si accollano (pagandoli salati), quando il problema è invece di costringerle a fare pulizia e assorbirne le perdite.

CHI HA VINTO? - In questa situazione qualche miliardo di euro non sarebbe che una goccia nell’oceano. Un paravento col quale il governo può aspettare che l’UE si decida a prendere unanimemente una soluzione drastica alla “Obama“, cioè una svalutazione delle attività nei bilanci delle banche ai reali valori di mercato, e tacitare i critici dicendo che intanto qualcosa si sta facendo. Del resto anche le banche non costrette ancora a questa purga, metterebbero formalmente a posto i loro dati patrimoniali posticipando la resa dei conti, mentre i loro azionisti, soprattutto le ricche Fondazioni, che avrebbero ben altri capitali disponibili per una vera opera di capitalizzazione, ritornerebbero i veri centri di potere economico come nei meravigliosi anni della prima Repubblica.

IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI - Nel mentre però queste domande non trovano alcuna risposta dalla carta stampata. Il famoso “cane da guardia del potere” in questa questione ha avuto la grinta di Fuffi. Come detto, il Sole 24 Ore all’annuncio non ha nemmeno detto il tasso della cedola dei Tremonti-Bond, mentre nessuno dei famosi analisti del Corriere ha pensato di porsi alcuna domanda. Solo Penati si è posto un paio delle nostre domande. Il problema è però se vogliamo davvero tutti noi la risposta.

Alessandro Guerani

http://www.giornalettismo.com/archives/20286/tremonti-bond-io-non-vedo-tu-non-parli-lui-non-sente/

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