Home > UDINE : Idealservice, vittoria sulla coop
Cinque lavoratrici reintegrate, 15 accettano la buonuscita
di ORSOLA CASAGRANDE
Si è conclusa con una vittoria la vertenza che ha visto coinvolte le venti lavoratrici della cooperativa Idealservice, rappresentate dall’associazione difesa lavoratori. «Siamo riusciti a strappare cinque posti di lavoro a tempo pieno - spiegano i rappresentanti sindacali - e per altre quindici persone abbiamo ottenuto un reddito non previsto da alcun ammortizzatore sociale». La vicenda è presto riassunta: a giugno del 2004 la cooperativa (che si occupa di riciclaggio di rifiuti) comunica a venti lavoratori (la maggior parte donne e migranti) dello stabilimento di Rive d’Arcano (in provincia di Udine) di voler trasformare il loro contratto da full time a part time. Per i lavoratori significa vedersi decurtato lo stipendio in maniera drastica. Trecento, trecentocinquanta euro è ciò che porterebbero a casa con il part time. Una miseria. La Cgil (alla quale molte delle lavoratrici sono iscritte) suggerisce di accettare il tempo parziale. Ma alle lavoratrici la cosa non sembra giusta. Chiedono consiglio allo sportello degli invisibili e decidono di spostarsi verso l’associazione difesa lavoratori, che apre una vertenza con l’azienda per molti versi inconsueta. Quattro mesi di lotta che hanno visto protagoniste le donne colpite dal provvedimento dell’impresa (che un mese fa ha aperto le procedure di mobilità). Sono state le donne a prendere la parola e a decidere le iniziative: ci sono stati scioperi, manifestazioni, presidi. E, senza mai perdere di vista la loro condizione di migrante (che le rende doppiamente ricattabili), hanno unito la loro lotta a quella contro la costruzione del centro di permanenza di Gradisca, in Friuli. Perché perdere il lavoro, grazie alla legge Bossi Fini, potrebbe significare per molte il rimpatrio, visto che il permesso di soggiorno è legato al contratto.
La vertenza aperta dall’associazione difesa lavoratori ha coinvolto non soltanto la coop ma anche le istituzioni. Ed anche questo è stato per molti versi un passaggio inedito. Nel senso che alle istituzioni il sindacato di base ha chiesto di garantire del reddito, e non semplicemente di offrire solidarietà. In altre parole, la richiesta alle istituzioni è stata quella di offrire alternative a queste lavoratrici, da un posto di lavoro alla possibilità di accedere a corsi di qualificazione che permettessero alle lavoratrici di imparare nuove mansioni e quindi di essere più spendibili nel mercato del lavoro. Ma la vertenza ha anche scoperchiato la realtà di molti lavoratori nel nord est (e non solo): salari bassi (alla Idealservice un full time è di 750 euro al mese, un part time di 350) e condizioni di lavoro insopportabili. Non a caso proprio l’Idealservice (che è una cooperativa con sei stabilimenti e 620 dipendenti, di cui un buon 20% è rappresentato da lavoratori migranti) era stata protagonista di un’altra protesta. Nello stabilimento di Ballò di Mirano (in provincia di Venezia), infatti, i lavoratori sono costretti a sostenere ritmi di lavoro stressanti alla linea di separazione dei rifiuti e hanno diritto a due pause di 15 minuti l’una.
La vertenza a Rive d’Arcano si è conclusa con il reinserimento di cinque persone licenziate a tempo pieno e con le dimissioni volontarie di altre quindici. A queste è stata pagata, alla fine di una trattativa, una buonuscita ritenuta dignitosa. Questo esempio di lotta dal basso, che ha avuto come protagoniste le lavoratrici, sostenute dalla vertenza di San Precario (come la definiscono adl e sportelli degli invisibili) dimostra che è possibile intavolare trattative e soprattutto raggiungere obiettivi anche quando le premesse non sono delle più rosee (nel settore non sono previsti ammortizzatori e si è comunque riuscito a strappare un reddito). L’auspicio degli invisibili è che questa forma di lotta si espanda.
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/30-Aprile-2005/art70.html




