Home > Un caso, una denuncia e l’assurdità del voto all’estero

Un caso, una denuncia e l’assurdità del voto all’estero

Publie le giovedì 10 aprile 2008 par Open-Publishing

«Sono un italiano di Germania. Hanno provato a rubarmi il voto»

Vittorio Agnoletto eurodeputato

La denuncia dalla Germania e l’assurdità del voto per i nostri connazionali dimenticati dalla politica

Mi chiamo P.M., sono un calabrese residente in Germania, nella Saar, zona che ha subito negli ultimi decenni un forte flusso migratorio italiano, soprattutto dalla Calabria e dalla Sicilia. Ho 53 anni, lavoro da 20 sempre nella stessa fonderia in cui produciamo freni per macchine. Desidero rendere nota la conversazione sostenuta l’altra mattina incrociando un mio collega siciliano dopo aver staccato dal turno di notte. Riporto di seguito le testuali parole: “Ciao, ti sono arrivate le schede elettorali?”, mi chiede il collega. “Si, ieri è arrivata a me e il giorno prima a mia moglie. Perché?”. “Me le puoi dare?”. “Come?”. “Sai, c’è mio figlio che sta chiedendo in giro le schede elettorali per poter dare il voto a Berlusconi e consegnarlo ai rappresentanti della lista del PdL qui in Germania”. “Cosa? – gli rispondo - Io voto per la sinistra, mica ti posso dare le mie schede e poi quello che sta facendo tuo figlio è contro la legge”. “Ah, tu voti per quei ladri e i delinquenti?”. “Si”. Non aggiungo altro. Perplesso, rabbioso e preoccupato mi avvio verso l’uscita della fabbrica... Mille dubbi affiorano. Penso a quanti intrallazzi possono celarsi dietro questo voto all’estero e a quanta ignoranza ci possa essere, dovuta anche alla disinformazione che subiamo vivendo comunque lontani dall’Italia. Augurandomi che il resoconto di questa mia lettera venga ascoltato da più persone possibile perchè non si continui a nascondere lo schifo che continua ad esistere anche fuori dai confini italiani, le porgo i miei più

distinti saluti.

Questa è la lettera che ho ricevuto pochi giorni fa da un nostro concittadino emigrato in Germania, (le cui iniziali del nome sono state modificate da chi scrive per tutelare l’autore della grave segnalazione). È la storia, è la vita di uno dei tanti ragazzi del Sud Italia che hanno lasciato il nostro Paese anni fa, in cerca di lavoro e di un’esistenza migliore. È la storia di un operaio qualificato, sposato, con tre figli di 3, 11 e 17 anni, che lavora e vive in un paesino di circa 5mila abitanti, nel distretto della Saar. La sua settimana è scandita dai turni in fonderia, un’impresa di proprietà nordamericana, passata da quest’anno ad un proprietario indiano. La ditta sta vivendo un momento di crisi, non relativamente alla produzione, che anzi va benissimo, quanto alla situazione finanziaria. Per questo i dipendenti hanno straordinari del 2007 non ancora pagati. Vi lavorano in 1600, per la maggior parte immigrati di nazionalità russa, polacca, algerina, turca ed italiana. È un periodo difficile: oltre ai tre turni, dalle 6 alle 14, dalle 14 alle 22 e dalle 22 alle 6, gli operai sono costretti (ebbene sì, non hanno scelta) a lavorare il sabato e la domenica per 80 euro. È il frutto di un accordo tra sindacati ed azienda che sostituisce gli straordinari con questo modello, detto “flexible orario”. La solita beffa della flessibilità come opportunità a senso unico, solo per i padroni, ma questa è un’altra storia… A fine anno riceveranno per questo loro impegno extra un benefit di 300 euro.

P.M. ne guadagna oggi 1900 netti, dopo vent’anni di fonderia, e andrà in pensione a 67 anni. Arriva al pelo alla fine del mese, mi ha raccontato in un colloquio successivo alla sua lettera, perché il costo della vita in Germania non è lo stesso della Calabria. La sua – ci tiene a spiegare – è una famiglia di vecchi socialisti, ben prima dell’avvento di Craxi, e il momento del voto ha sempre avuto un valore particolare per lui. Ora si trova coinvolto in un episodio scandaloso. E legittimamente si chiede se «il figlio del collega siciliano» raccolga le schede elettorali per sua iniziativa personale, ovviamente in ogni caso illegale, o se lo faccia per soldi, per conto di qualche esponente del Popolo delle Libertà. Si sente offeso nel profondo, ancora più solo di fronte a queste manipolazioni. Chiede perché, come accade per le amministrative, gli italiani all’estero non possano votare presso i consolati, invece di dover inviare per posta la loro preferenza alle rappresentanze diplomatiche italiane, che a loro volta inviano le schede al ministero dell’Interno.

Sui meccanismi di monitoraggio e garanzia del voto all’estero commentatori, politici, giornalisti hanno più volte espresso i loro dubbi. Certamente la lettera di P.M. merita una riflessione approfondita. Ai sostenitori del centro-destra, ai paladini della “sicurezza” e della crociata contro gli immigrati, i rom e i mendicanti, potrebbe ricordare che l’emigrazione italiana è stata tra i flussi migratori del Novecento uno dei più importanti e che anche dei nostri concittadini vivono oggi la dimensione di migrante. In Paesi che per fortuna, mi auguro, non cavalcano la deriva xenofoba come il nostro.

A sinistra il caso di questo compagno dalla grande etica civile può rappresentare l’occasione per rammentare che ci sono compagni/e lontani/e che non solo votano ma vivono la politica italiana, per quanto possibile, e che non andrebbero lasciati soli. P.M. e la moglie hanno ricevuto alcuni depliant elettorali da Berlusconi (uno da Veltroni). Ma il resto dell’anno, anzi della legislatura, si sentono abbandonati dai partiti che sostengono. O forse si preoccupano di loro solo i delinquenti che cercano illegalmente di comprarne i voti.