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Un miracolo? Solo retorica da zio Tom Spike Lee non ha capito nulla

Publie le mercoledì 1 ottobre 2008 par Open-Publishing

Un miracolo? Solo retorica da zio Tom Spike Lee non ha capito nulla

di Cosimo Rossi

Bianco o nero, giallo o rosso, un razzista è sempre un razzista. Edotto o all’insaputa, celebre o ignorante, un indifferente è sempre un indifferente.

E Spike Lee si è dimostrato un razzista nero e indifferente. Niente più.

Dove sbagliano gli ex partigiani e i loro apostoli dell’Anpi è nell’intonare la solita litania sulla resistenza negata, tradita, revisionata da un’opera di fantasia. Stiano tranquilli, che non sarà Lee a riscrivere la storia italiana né un suo film tratto da un romanzo.

Pare pure che Miracolo a Sant’Anna non sia un gran che e tantomeno c’è l’obbligo di vederla. A proposito della guerra civile che ha dilaniato l’Italia, del resto, il presidente della camera Gianfranco Fini ha detto parole che possono essere considerate definitive e condivise da una sinistra moderna, cosciente e senza complessi di retaggio tardo dottrinario.

Lasciamo perdere i partigiani traditori. Che ci sarà pure chi ha ceduto alla tortura o alla paura: è umano e più che umano. Lasciamo perdere i civili inermi. Che ci sarà pure chi si è approfittato lasciando giusto un pagherò per il saccheggio. Lasciamo perdere.

Piuttosto sono Sant’Anna e tutto lo stazzemese che non sentivano il bisogno di razzismo e indifferenza. Tantopiù nel momento in cui si firma sotto il nome loro e dei loro morti. Questo proprio no.

Non questione della legittima sceneggiatura da un romanzo di fantasia. E’ questione che non si può volere la moglie ubriaca e la moglie piena. E allora: o si dice che si tratta di fantasia oppure si pontifica sulla guerra di liberazione in Italia. Le due insieme no, sono una pretesa arrogante. Di quell’arroganza tutta statunitense che magari non t’aspetti nell’autore di Lola darling , Fa la cosa giusta , Malcom X .

Ma di quell’arroganza tutta grana, limousine, party esclusivi, manie eccentriche, guardie del corpo e fastidio per la plebe che tanta intellighenzia progressista d’oltreoceano invece dispensa a piene mani. Compreso Lee evidentemente.

Lasciamo perdere la resistenza. Ma non Sant’Anna, quella no: non i suoi morti, non le loro famiglie, non la sua storia viva.

Basta esserci stati, da quelle parti, per sapere. Per sapere, ad esempio, di che tempra son fatti sulle Apuane: montanari a picco sul profumo di mare. Per sapere che originale meticciato sono di anarchia, comunismo e fede cristiana. Per sapere che su quelle montagne passava quella "via della libertà" attraverso cui cavatori e partigiani anarchici conducevano giù ebrei, ricercati, disertori oltre la linea Gotica verso i territori liberati.

Per sapere che tra quelle gole d’amore, d’anarchia, miseria e carità non c’è bisogno di retorica da zio Tom né lezioni di brigata Buffalo per avere in spregio plurisecolare la discriminazione e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Per sapere che i tedeschi li avrebbero accoppati a vangate e messi volentieri sotto sale per mangiarseli d’inverno (e si dice forse su qualche cucuzzolo l’abbian pure fatto), tanto li detestavano tutti quanti.

Per sapere che i partigiani erano di famiglia lungo quelle creste che in parte avevano reso anzitempo zona franca, attraverso cui i tedeschi potevano passare indenni consegnando le armi in ritirata. Per sapere che da quelle parti c’erano brigate partigiane capaci di vietarsi e vietare la pena di morte con più disciplina civile degli eserciti regolari.

Per sapere che all’alba tersa di quel 12 agosto 1944 dei bengala dalla costa dettero il segnale di partenza alla spedizione nazista di Walter Reder. Per sapere che era guidata dalle Ss italiane, cioè dai repubblichini.

Per sapere che procedette man mano verso la vetta in una mattanza di impiccagioni, plotoni d’esecuzione, mitragliatrici, bombe a mano e fiamme purificatrici. Per sapere che culminò alla chiesa di Sant’Anna di Stazzema dove donne, bambini e anziani furono spinti, chiusi e massacrati a colpi di granata. Per sapere che non c’è persona che almeno una volta non sia salita su in cima fino all’ossario un 12 agosto.

Basta esserci stati per saperlo. E Spike Lee c’è anche stato. Solo che non c’era.

Sapesse quante aspettative aveva suscitato nei giovani e nei meno giovani per il solo fatto che proprio lui andava a girare il suo film: quante attese, quanta curiosità, quanto entusiasmo. Ma Lee non si è mai fatto vedere né ha mai dato considerazione alcuna a chicchessia: sempre trincerato dietro schiere di gorilla, vetri oscurati, residenze e set invalicabili.

Non che avrebbe cambiato la storia di fantasia del film. Figurarsi. Avrebbe solo dato a Lee l’occasione di conoscere una storia vera e viva, che palpita ancora in una comunità dove gran parte delle famiglie piange una vittima; l’occasione di conoscere Sant’Anna oltre che filmarla liberamente.
Ma per abbassarsi a conoscere quel che si benedice col proprio talento artistico occorre appunto non aver la puzza al naso del razzismo, dell’indifferenza e dei quattrini a palate. E invece Lee ce l’ha. Peccato per il suo naso.