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Una domanda ad Asor Rosa: fuoriuscire dal comunismo per andare dove?
Publie le lunedì 18 agosto 2008 par Open-Publishing1 commento
Una domanda ad Asor Rosa: fuoriuscire dal comunismo per andare dove?
di Fosco Giannini
Le questioni poste da Alberto Asor Rosa nell’intervista (sabato 2 agosto) su "Liberazione" sono sì di grande densità, ma non di grande novità, nel senso che la loro essenza moderata incrocia lo spirito dei tempi (certo, non rivoluzionari) per approdare, inevitabilmente, all’abbandono del comunismo e alla riproposizione di una sinistra ad una sola dimensione: quella di governo. Nulla - appunto - di nuovo, anche se ciò che è detto è detto bene (è Asor Rosa) e ha il vantaggio di presentarsi in una forma compiuta: quella socialdemocratica classica. E sappiamo che poggiarsi su forme concrete e storicamente realizzate aiuta ad apparire verosimili e seri. Anche se sussunti dall’ordine presente delle cose.
Dell’intervista tentiamo di enucleare alcuni punti. Si dice, marciando: che la linea uscita vincente, con Paolo Ferrero, dal Congresso del Prc sarebbe gruppettara; che la forma partito sarebbe il grande limite di Rifondazione Comunista; che bisogna decisamente fuoriuscire dal comunismo e dalle sue forme di rappresentanza del conflitto sociale. Non poco.
Partiamo dall’accusa di gruppettarismo, evidentemente lanciata in virtù del fatto che nel documento congressuale vincente si afferma chiaramente che, a partire dalla delusione prodotta dal governo Prodi e dalla conseguente e bruciante sconfitta elettorale, occorre che il Prc si rimetta alla testa del conflitto nel doppio obiettivo di ricostruire i rapporti con la classe e mutare i rapporti di forza sociali, per non cadere più nel facile, attraente e disastroso cretinismo parlamentare.
Come la pensa, invece Asor Rosa? Afferma, contro i gruppettari, che non del conflitto c’è bisogno ma «di un ripensamento degli strumenti e del programma fino ad arrivare ad una strategia che disegni le future alleanze politiche. In caso contrario si rischia di rimanere nel minoritarismo per l’eternità».
E’ - in effetti - la ricollocazione del Prc all’opposizione che spinge il Professore alla definizione di gruppettari. E la cosa è davvero strana, poiché nemmeno nella cultura socialdemocratica il ruolo dell’opposizione è interpretato come estremista, ma come quello che è proprio della stessa concezione capitalista: l’altra faccia del governo nel sistema chiuso delle istituzioni democratico-borghesi.
Asor Rosa ricicla in pieno il dalemismo: primato assoluto della politica come politicismo; autonomia totale dai rapporti sociali e dalla relazione concreta con la situazione concreta; mitizzazione della "politica" come entità sovrastrutturale volta alla gestione aconflittuale dell’alternanza tra ceti politici "diversi" ed essenzialmente intercambiabili, tutto in nome della continuità del capitale.
Asor Rosa parla, mutuando Revelli, della fine della forma-partito e dice ciò anche riflettendo sul difficile congresso del Prc.
Qui siamo alla solita litania finto-modernista. E diciamolo subito, per levarci il dente: questa "esigenza", sentita fortemente da alcuni intellettuali di sinistra (e non di destra: si pensa alla Lega), di superare la forma-partito, è - circa duecento anni dopo - la stessa esigenza che aveva la borghesia di ostacolare la costituzione della forma-partito, per impedire al proletariato di organizzarsi e assumere una coscienza collettiva. "No" alla forma partito, dicevano i borghesi, e "sì" alle associazioni, ai comitati, ai rappresentanti transeunti delle diverse istanze - economiche, sociali, civili - dei cittadini (e non della classe).
Sarà proprio Marx tra i grandi costruttori teorici dell’esigenza del partito per la classe, a partire dall’analisi di uno Stato borghese non neutrale ma principale diffusore della cultura della classe dominante. Sarà Marx a porsi il problema - del tutto attuale - di come il proletariato deve, sotto il dominio totale del capitale, organizzare la propria controcultura e la propria lotta, per dar corpo - attraverso la prassi - alla propria autonoma strategia rivoluzionaria. Per Marx la risposta è il partito, il partito comunista. Sono i comunisti che più di tutti vogliono, storicamente e per le ragioni di Marx, il partito, la forma-partito. Quando, dunque, si parla di forma-partito si parla in verità e innanzitutto del partito comunista. E quando si dice che si vuol superare la forma-partito si dice in verità che si vuol superare il partito comunista.
Rileggiamo alcuni brevi passaggi di un articolo di Marx, pubblicato sul Pariser Vorwärts (7 agosto 1844) e volto a dimostrate l’esigenza del partito: «Dal punto di vista politico, lo Stato e l’ordinamento della società non sono due cose diverse. Lo Stato è l’ordinamento della società. Nella misura in cui lo Stato riconosce l’esistenza di disarmonie sociali ne ricerca le cause o in leggi naturali che nessuna forza umana può controllare o nella vita privata che è da esso indipendente, o nell’inefficienza dell’amministrazione, che da esso dipende… tutti gli Stati ricercano la causa in deficienze accidentali o intenzionali dell’amministrazione, e quindi in misure amministrative il rimedio, dei loro mali… questa lacerazione, questa infamia, questa schiavitù della società civile sono il fondamento naturale su cui poggia lo Stato moderno, così come la società civile della schiavitù era il fondamento naturale dello Stato antico. L’esistenza dello Stato e l’esistenza della schiavitù sono inseparabili».
La classe - dice Marx - tende invece a contrapporre la sua Gemeinwesen, cioè l’essere umano, a quella del capitalista disumanizzato dal (dis) valore totalizzante del profitto. Per arrivare a tanto e costruire questa opposizione reale, bisogna che il proletario si faccia essere umano, e non può farlo se non si organizza in partito e cioè nella rappresentazione stessa di questo nuovo essere umano e rivoluzionario.
Sull’ultimo punto di Asor Rosa (fuoriuscire dal comunismo) potremmo cavarcela dicendo che è un suo punto di vista, che - in ultima analisi - è un’esigenza sua. Tuttavia colpisce il fatto che il Professore, per motivare la necessità della fine del comunismo, non parli di un modo nuovo con cui superare l’estrazione legalizzata del plusvalore dalla forza lavoro, ma di questioni tutto sommato laterali (e ciò ci rammenta il Luigi Pintor che asseriva: abbonda nei particolari se il tutto ti sfugge).
Prendiamo un solo passaggio dell’intervista ad Asor Rosa relativo al comunismo (e all’esito del congresso del Prc): «Non mi sembra che abbia molto senso rilanciare l’opzione comunista nel momento in cui essa esce di scena dal mondo».
Quante cose in poche righe! Così tante che non si può rispondere, se non rozzamente. Primo, siamo al vecchio provincialismo italiano: i partiti e i governi comunisti del mondo ti potranno o non potranno piacere. Ma non puoi dire che non sono nel mondo: Cina, Vietnam, Giappone, Nepal, Russia, India, Sud Africa, Europa, America Latina: tra tanta parte dell’umanità operano i partiti comunisti (assieme alle crescenti forze antimperialiste e rivoluzionarie) e solo chi non vuole vedere non vede. Secondo: torna - inconsapevolmente? - in Asor Rosa il vizio eurocomunista dell’ultimo Pci: è l’Europa il banco di prova dell’universo mondo e se qui il comunismo non vince il comunismo è morto. Il mondo fuori dell’Europa non è mondo. Terzo: torna in Asor Rosa il vizio della destra Pci: se non vi è il faro comunista mondiale, se non vi è una nuova Urss, il comunismo, in Italia, è impraticabile. E’ il meccanicismo, altra faccia - come sapeva Gramsci - della subordinazione.
Asor Rosa tenta (crediamo invano) di destrutturate un intero sistema di pensiero ed una grande storia: quella del comunismo. E poi cerca di offrire alternative. Ma sembrano povere, poiché afferma: «Faccio appello all’ottimismo della disperazione per dare il via ad una elaborazione che porti ad un vero rinnovamento politico». Detto così non ci sembra un grande manifesto. Cosicché ci viene da dare un nostro titolo - cattivo - a tutta l’intervista al Professore, un titolo che potrebbe essere mutuato da Borges: "Il nulla e la spocchia".
Messaggi
1. Una domanda ad Asor Rosa: fuoriuscire dal comunismo per andare dove?, 19 agosto 2008, 07:54, di Genuino
Incredibile come nel 2008 si possa ancora fare riferimento al Partito Comunista Cinese, una organizzazione che non esita a reprimere nel sangue la richiesta di libertà di espressione dei propri cittadini.
Non è un caso, allora, che nel comunicato N.100 si esalta Beppe Grillo (un neo-comunista?) capace di CENSURARE nel suo blog in barba ai suoi proclami per la WEB DEMOCRAZIA e che in molte stanze anche qui i commenti vengono cancellati, come quelli che portano al link dove giosby mostra chiaramente le censure di Grillo che, evidentemente, INGANNA i suoi utenti!
eccolo:
giosby.splinder.com/tag/beppe+grillo
Anche qui l’inganno è di casa!
Tanto è vero che il link di giosby che mostra le CENSURE di Grillo è stato cancellato e che egli non può più replicare!
Cercate giosby su google!
Chi cerca trova!
Dai, adesso cancellate anche questo!