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«Una nuova pratica oppositiva»

Publie le domenica 22 giugno 2008 par Open-Publishing

«Una nuova pratica oppositiva»

di Loris Campetti

su Il Manifesto del 21/06/2008

FIOM. Intervista al segretario generale Gianni Rinaldini dopo la nomina della segreteria Cgil. Senza un’idea alternativa di globalizzazione solo sconcerto e depressione. Giudizio diametralmente opposto, dei tre sindacati confederali, sulla manovra approvata dal consiglio dei ministri e che avrà il via libera entro l’estate. Bonanni propone al governo «un patto per la crescita». Ma dalla Cgil arriva una sonora bocciatura. E Epifani annuncia scelte conseguenti nel direttivo di lunedì

«Il governo Berlusconi si muove con una certa abilità e una buona dose di populismo. Il suo senso di marcia è chiaro: la completa deregulation del lavoro, in piena coerenza con i processi in atto in Europa». Gianni Rinaldini disegna un quadro preoccupante, «dentro una fase segnata da una globalizzazione che crea i problemi sociali e impone persino le risposte», mentre un’idea alternativa non è rintracciabile « nella sfera politica né in quella sindacale». Ne parliamo con il segretario della Fiom dopo l’elezione della segreteria Cgil, mentre si apre il confronto con Confindustria sulla riforma del sistema contrattuale e con il governo sulla finanziaria.

Berlusconi, Tremonti e Sacconi vanno avanti per la loro strada in assenza di reazioni proporzionate al livello dell’attacco. Come giudichi i primi atti del governo?

Se guardo al mercato del lavoro, dai contratti a termine al part time, dalle norme sulle dimissioni alla pretesa di ripristinare le poche forme di precariato eliminate dal governo Prodi, prendo atto che Berlusconi riparte dal Patto per l’Italia e dalla legge 30 per completare la deregolazione del lavoro. Ricordo che la Cgil non si limitò a schierarsi contro, chiamò alla mobilitazione il paese. Il governo sta già procedendo alla riforma del sistema contrattuale, prima ancora del confronto tra sindacati e Confindustria. Le varie iniziative prese dagli ultimi governi hanno ribaltato la scelta giusta compiuta dal primo Prodi, nel ’96, quando l’Ulivo decise una sovracontribuzione sulle ore di straordinario, per far sì che all’impresa costassero più del lavoro ordinario. Il secondo governo Prodi, invece, ha cancellato la sovracontribuzione e quello attuale ha addirittura defiscalizzato il lavoro straordinario, con il risultato che oggi all’impresa il lavoro straordinario viene a costrare il 20% in meno delle ore ordinarie. E in Europa il nostro governo, insieme a quello francese, ha cambiato posizione sul tetto delle 48 ore settimanali, aprendo la strada a un eventuale voto di Strasburgo che allungherebbe ad libitum l’orario di lavoro.

Non mi sembra che la risposta sindacale, in Italia e in Europa, abbia mostrato la volontà di bloccare questo processo...

Noi abbiamo chiesto alla Ces (Confederazione europea dei sindacati, ndr), che si è espressa contro lo sfondamento del tetto delle 48 ore, di organizzare una grande manifestazione prima del voto del Parlamento europeo. Non dobbiamo pensare soltanto alle normative dei paesi dell’Ue ma anche al messaggio che mandiamo a livello globale. Questa settimana in Brasile si è tenuto il Consiglio mondiale dell’auto, e la notizia dell’accordo tra i ministri europei è caduta come un macigno sulla testa di chi, come i lavoratori brasiliani, si sta battendo per conquistare il contratto nazionale e le 40 ore. Mi hanno detto: «se da voi va così, che fine possono fare le nostre battaglie?».

Torniamo al governo italiano e alla pratica dell’obiettivo nella riforma del sistema contrattuale.

La detassazione del premio di produttività va in direzione opposta alla necessità di utilizzare tutte le risorse disponibili per intervenire a favore dei salari, a partire dai più bassi: si utilizza la leva fiscale per un intervento mirato all’aumento dell’orario e per limitare la contrattazione al salario varabile. Così gli aumenti di salario, per chi potrà usufruirne, verranno pagati dalla collettività con il fisco e dai lavoratori con un aumento e un’intensificazione delle ore lavorate. Il confronto con la Confindustria, dunque, non può prescindere dall’azione del governo. Aggiungo che l’idea di federalismo che avanza si trascina il tentativo di regionalizzare i contratti, ripristinando in qualche modo le gabbie salariali.

Insisto: vedi risposte adeguate, sia sul versante politico che su quello sociale?

No, vedo solo sconcerto e depressione. Dobbiamo ricostruire una pratica oppositiva a questi processi. C’è un’offensiva a tutto campo della destra e dell’impresa che tiene insieme la globalizzazione e la sua risposta sul terreno della sicurezza. Fatica a farsi spazio un’idea alternativa di globalizzazione che vada oltre la denuncia. Gli aggiustamenti dell’opposizione dentro lo schema della globalizzazione liberista porta alla depressione.

Emerge forse un segnale diverso dalla discussione nella Cgil?

Il processo che ha portato all’elezione della nuova segreteria evidenzia un deficit strategico di fondo, rimuove la domanda: quale Cgil nella globalizzazione? Il congresso di due anni fa, piegato sulla contingenza politica e sulla scommessa sul governo Prodi, non l’ha affrontata. Penso personalmente che quel congresso è finito, si apre una fase nuova sapendo che il tentativo padronale e della destra di riformare il sistema contrattuale punta al ridisegno del profilo stesso del sindacato. Il congresso di due anni fa è finito, così come il gruppo dirigente che ne era scaturito. Una nuova articolazione del gruppo dirigente dovrà passare attraverso una discussione di merito, facendo pulizia delle chiacchiere sul «rinnovamento» a prescindere dal merito.

E’ una richiesta di congresso straordinario? E perché, date le critiche di merito e di metodo della Fiom alla confederazione, avete votato a favore della nuova segreteria?

Dico soltanto che è necessario accelerare i tempi del congresso, dove misurare anche l’articolazione delle diverse posizioni. Il voto in direttivo è coerente con la critica che avanziamo sulla mancata discussione sul futuro della Cgil e sulle scelte strategiche. A questo punto è doveroso che il segretario si assuma la responsabilità di scegliere una segreteria che conduca a un congresso vero e libero. Io ho preso atto della segreteria proposta, esprimendo una valutazione negativa su alcune scelte, come quella di Susanna Camusso di cui si parla come della futura segretaria generale.