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Una protesta «slow» contro l’esercito

Publie le martedì 15 luglio 2008 par Open-Publishing

Una protesta «slow» contro l’esercito

di Francesca Pilla e Adriana Pollice

Dopo l’arrivo dei militari, a Chiaiano tornano in piazza i no discarica. Che puntano a una «lotta di posizione». In corteo anche padre Zanotelli: «La nostra arma è la democrazia, la loro i militari»

I pali della luce sono pochi e insufficienti per offrire ombra alle centinaia di persone radunate davanti alla metro di Chiaiano. Ci risiamo, è il terzo corteo in meno di due mesi, il percorso è sempre quello, fino a via Cupa dei Cani, passando per piazzetta Titanic, quella della nave che affonda, divenuta famosa anche a Milano, Venezia, Genova.

I cittadini sono sempre gli stessi e a differenza di quello che poteva pensare Berlusconi o Bertolaso, non stanno cedendo. Piove o si schiatta dal caldo, nel centro cittadino o sulla tangenziale, comminando lentamente sulle strisce pedonali, bloccando il traffico o in un corteo autorizzato, protestano sempre, nemmeno fosse un lavoro. Da formiche. «Lo sappiamo che l’esercito è pagato e noi no.

Loro hanno la forza? E noi abbiamo la perseveranza», dicono mentre sono ancora in ordine sparso.

Duemila persone, un elicottero e centinaia di agenti, troppi visto il clima di tranquillità che si respira. Ma l’esercito, arrivato due giorni fa come da decreto, non viene mostrato ai cittadini. Le casalinghe di Marano con i ventagli, i figli con le bottigliette d’acqua sulla nuca, facce rosse come i cocomeri che qualcuno azzanna, prima di mettersi in cammino. Pietro Rinaldi, l’avvocato di Insurgentia, è al suo posto, tra i concittadini: «E’ chiaro che da parte del governo c’è la determinazione ad aprire la discarica, ma portarla a termine non sarà facile».

Gli abitanti e gli attivisti puntano alla lotta di posizione, convinti che impedire il passaggio quotidiano di 139 autocompattatori, in un quartiere sovrappopolato come il loro, sarà fin troppo semplice. Per oggi si manifesta alla luce del sole (inclemente), e si lancia un messaggio ai piani alti: nessuno ha accettato la pattumiera da 700mila tonnellate.
Padre Zanotelli si mischia alla folla, un eroe solo per il coraggio di portare la sciarpa arcobaleno anche a 40 gradi all’ombra: «E’ importante reagire all’occupazione militare - dice con quel solito tono pacato - avevano promesso due mesi per la bonifica e invece hanno mandato subito l’esercito. Non solo.

Il decreto impone con la forza dieci discariche e quattro inceneritori dimostra che non si vuole fare la raccolta differenziata, se perfino l’assessore Ganapini ha definito ridicolo il piano del comune, serve aggiungere altro?». No, anche perché si parte con in testa uno striscione arancione, «giù le mani dalla nostra terra», che originale non è. Ma nessuno ha voglia di esserlo. Seguono le immancabili foto del presidente Bassolino «compagno di monnezza», i gonfaloni dei comuni in disaccordo con lo stato che rappresentano, gli slogan senza rima, «la munnezza dell’Italia siete voi».

Donna Rosa con i suoi 76 anni sgambetta e tira dritto, avanza con destrezza, smarcando i giovani «nati stanchi»: «E’ chiaro che protesto, che devo fare, ho la casa vicino alla cava dopo 30 anni non la vendo a nessuno. Ci hanno preso per fessi? Sappiamo tutti che ci infileranno anche i rifiuti radioattivi». La signora si posiziona sotto i megafoni del camion di movimento «belli ’sti uagliuni». Il complimento arriva per una chiara presa di posizione lanciata dal sound system: «Siamo stati aggrediti nelle nostre case, ma noi resisteremo un minuto di più e con dignità«. Poi si sbilanciano un po’ e ci dicono: «Qui non si porteranno i rifiuti, ma nascerà il più grande polo agricolo di qualità di tutto il Sud».
Alla famiglia Sarnelli, marito moglie cognata e 5 bambini dagli 8 ai 10 anni, basterebbe non avere la spazzatura in casa, i gabbiani e i topi, il cancro.

Il loro appartamento si trova infatti a ridosso del cimitero, sopra la cava soprannominata Candidone, il nome del primo proprietario. Un uomo che a detta del signor Sarnelli si faceva pochi scrupoli: «Ci ha sversato di tutto, anche materiali tossici. Lo faceva di nascosto, poi si è scoperto che i terreni erano stracolmi di amianto. Ma nonostante i sequestri non è mai stata fatta nessuna bonifica». La prova di accuse tanto gravi? A Sarnelli sono morti, di tumore, cinque zii, la mamma, il nonno e un cugino da parte paterna. «Ma noi non ce ne vogliamo andare - si gonfia di rabbia Nunzia, la moglie - la casa di mio suocero è tutto quello che abbiamo, coltiviamo anche pesche e ciliegie in un piccolo appezzamento di terra. Resisteremo pacificamente.

Così ci tolgono tutto, invece di rimborsarci per i nostri lutti». Un gruppo si stringe intono a Nunzia e qualcuno urla: «Poi dicono che aggrediamo le forze dell’ordine». Il riferimento probabilmente è ai mortaretti lanciati da un auto in corsa, nella notte, contro le forze dell’ordine, la quinta volta che succede. E’ l’esasperazione, piccoli atti dettati dall’insofferenza, bombolette del gas da campeggio, nulla di più. Se ne rende conto lo stesso Bertolaso che prima della manifestazione ci tiene a precisare: «Sono fatti che ci possono stare nel momento in cui si interviene con decisione e autorevolezza per dimostrare che lo Stato c’è». Nessuno sa se sia veramente convinto di piazzare la discarica al confine tra Napoli e Marano.

E in molti temono che, visti i tentennamenti sul termovalorizzatore cittadino, dopo il no dei tecnici alla zona vulcanica di Agnano, l’attenzione si potrebbe spostare sulla selva di Chiaiano. «Poco importa - spiegano dalla Rete Salute Campania - queste terre non si toccano. E contro l’intero piano rifiuti a settembre ci sarà una mobilitazione nazionale, un jatevenne day. La democrazia contro l’esercito». Tutto pacifico, s’intende, come questo pomeriggio di dissenso.

su Il Manifesto del 13/07/2008