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Una scia lunga di morti

Publie le sabato 21 novembre 2009 par Open-Publishing

Quello che fa tremare veramente Silvio non è il calo progressivo del consenso, o il tentativo di Fini di attrarre visibilità e credibilità, o lo scontro interno del Pdl sempre a rischio di deflagrazione, o l’aver imposto in 19 mesi ben 26 decreti al voto di fiducia, o lo scontro con la CEI e l’UE, o la povera immagine di questo paese in frantumi che all’estero fa ridere e dove non arrivano più capitali stranieri, o quei carrozzoni da votare in cui si stipa indecentemente di tutto e dove non si riesce a discutere decentemente di nulla.

B non trema certo per una crisi economica che non ha mai affrontato, per le vuote casse statali, per il disavanzo maggiore del mondo, o per quei processi che lo incalzano come lupi, no, quello che lo fa tremare davvero sono i clan della mafia che hanno deciso di rovesciarlo, e quei pentiti che da Spatuzza in poi sembrano aver preso la rincorsa per affossarlo. Quante cose che non sappiamo pendono sul suo capo come una bomba atomica!

Intanto si tende a chiudere la bocca ai membri del ROS che hanno sicuramente altre rivelazioni scottanti da fare e che devono essere diffamati dai fidi pitbull di regime prima che aprano bocca e si ammazzano i testimoni dei vizi di Stato, come la povera Brenda e il suo spacciatore.

Noi pensiamo agli enormi patrimoni rubati al fisco, ai testimoni e ai giudici corrotti, ai politici comprati, alle truffe gigantesche, ai 63 paradisi fiscali, all’harem di femmine sempre fresche, ma ci sfugge una realtà ben più tremenda: il trono del potere gronda sangue di morti ammazzati, da Borsellino a Falcone, da Pecorelli alle vittime delle stragi, da Ilaria Alpi ai due poveri morti di oggi, lo spacciatore e Brenda, ammazzati perché non rivelassero i nomi dei politici corrotti nel caso Marrazzo.

E’ quella scia lunga di sangue e di morti che alla fine distruggerà lui insieme a tutti gli altri. Perché chi per il potere si mette con i lupi, alla fine dai lupi sarà sbranato.

Camorra e mafia, Casalesi e Corleonesi si mescolano come ombre
cupe dietro il potere di B.

Ormai siamo allo Stato che partecipa alla lotta per bande. Spatuzza racconta di aver avuto incarico da Giuseppe Graviano «di mettere ordine a Porta Nuova che era infestata dalla criminalità». Il pentito dice poi che in quel periodo il mandamento mafioso di Porta Nuova «era retto da Vittorio Mangano.”Era strano per noi di Brancaccio occuparci di un mandamento lontano, per mettere ordine, senza l’assistenza di gente del posto». “Ritengo che la persona vicino ai Graviano fosse Marcello Dell’Utri anche se il nome non mi fu mai fatto»

I parenti di Borsellino e Falcone aspettano.
I parenti delle vittime di Via dei Georgofili, 7 morti e 48 feriti) a Firenze vogliono che Spatuzza parli sulla loro strage come si fece per Brusca. Ma le stragi puntellano tutta la storia d’Italia e, a fianco, ci sono sempre ombre politiche, collusioni indicibili. Il potere avanza insieme al braccio armato della mafia, a destabilizzare, a togliere di mezzo voci non allineate.

Questi uomini di Stato vengono in tv a ridere e a scherzare, ci raccontano barzellette, cucinano, ballano, mentono, con la più sfacciata impudenza, e intanto fanno gli interessi della criminalità organizzata, o la usano per i loro regolamenti di conti, portano alle alte cariche mafiosi e camorristi, e nessuno vede dietro le loro facce lisce e spudorate le file di morti, i feriti, il sangue, la devastazione, la sofferenza… Dire che uno è colluso con la mafia è diventata una barzelletta, un luogo comune, quasi una patente di nobiltà, un’assicurazione che il bacino elettorale non verrà mai a mancare, ma se i fantasmi di quei morti, se quel sangue, se quelle bombe, se quelle devastazioni sorgessero alle loro spalle in tutta la loro bruttura, allora capiremmo cosa vuol dire essere collusi con la mafia.

E quando la mafia decide di attaccare, anche un Berlusconi può avere paura. Perché noi non sappiamo cosa c’è dietro di lui, ma lui lo sa benissimo.

E ora quante morti ci vorranno perché gli uomini politici insabbino, tra le trans, tra gli spacciatori, nella via Gradoli o nelle altre vie della Suburra, la testimonianza della loro condotta spregevole, il loro rotolarsi nel fango, il luridume delle loro coscienze ormai marce?

Quante morti ci vorranno per chiudere quei sepolcri imbiancati che fuori splendono di vestiti di Caraceni, di belle donne, di coca e di lusso esibito e indecente?

Quanta verità sarà tratta fuori da una polizia, serva di regime, destinata a tacere da mezzo secolo e a sotterrare anch’essa le sue nequizie in una omertà che non è mai mancata alle sue pecore nere, in una obbedienza servile non alla Repubblica ma ai padroni del potere?

E’ la Roma imperiale un enorme calderone di vizi, ricoperti di ipocrisia, dove ognuno sa tutto e nessuna denuncia niente, dove le spalle ci si coprono a vicenda e accade che gli oppositori siano così simili ai ricattatori da confondere i colori di partito e da rovesciare le piazze in acquiescenze, e dove la magistratura ammanicata di Roma è un benefico porto delle nebbie in cui i potenti hanno sempre trovato riparo e nascondimento per i loro vizi ed errori.

Non parla, a Roma, Berlusconi di toghe rosse sapendo di muoversi qui in una riserva di carne umana dove le guardie sono d’accordo coi cacciatori di frodo e dove gli enormi capitali illeciti che girano sono coperti da provvidenziali scudi fiscali, la Roma ladrona e fatiscente, che ormai ha assorbito anche quei leghisti che erano nati per combattere il marciume e ora sono immersi fino al collo nella palude, mentre le folle sciocche ripetono slogan di prammatica.

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