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Una tappa importante sulla strada delle riforme
Publie le domenica 23 luglio 2006 par Open-Publishingdi Vittorio Antonini
Si avvia ormai a conclusione la prima lunga tappa di un percorso di lotta
per l’indulto e le riforme iniziato nelle galere dalla Papillon e da decine
di migliaia di detenuti fin dal settembre del 1997 e proseguito poi
ciclicamente fino a questi giorni.
Tutto lascia prevedere che finalmente domani la Camera dei Deputati
esprimerà a larga maggioranza favorevolmente ad un provvedimento di indulto
che nonostante i limiti eccessivi della sua applicabilità rappresenta
comunque un passaggio positivo per ripristinare un minimo di vivibilità
nelle carceri "ormai ridotte a veri e propri canili" (così si esprimono
ormai i cappellani delle carceri) permettendo così al mondo politico e agli
operatori penitenziari di conquistare lo spazio e il tempo necessari per
sviluppare in ogni direzione un reale processo riformatore del nostro
sistema penale e penitenziario.
Se è vero che in questi nove anni noi detenuti abbiamo subito delusioni e
truffe di ogni tipo (la più atroce delle quali fu il cosiddetto indultino,
all’epoca sostenuto ciecamente persino dai Radicali) oggi dobbiamo
riconoscere che la possibilità di cogliere questo primo risultato è maturata
certamente anche grazie alla caparbietà con la quale i detenuti hanno
continuato a protestare e ad interrogare la coscienza di tanta parte della
società esterna, ma soprattutto per due nuovi dati politici emersi negli
ultimi mesi e che confermano come persino su questo difficile terreno la
lotta tra le classi si intreccia sempre e dovunque ai risultati elettorali e
alle nuove condizioni che essi determinano:
– ) La sconfitta elettorale del centro destra ha permesso ad alcune sue
componenti, per vari motivi interessate ad un provvedimento di indulto e/o
amnistia, di sottrarsi ai continui ricatti e ostruzionismi a cui per cinque
anni sono state sottoposte all’interno della loro stessa coalizione. Al
contrario, una vittoria del centro destra avrebbe forse permesso di trovare
comunque una via di uscita dai guai giudiziari di tanti "colletti bianchi"
ma nello stesso tempo avrebbe dato nuovo impulso a quello stravolgimento del
Diritto penale e penitenziario che è ben evidenziato dalla Legge Cirielli
e dalla Bossi-Fini.
– ) Il significativo rafforzamento elettorale della sinistra di classe ed
ambientalista nelle elezioni politiche generali hanno permesso di dare nuovo
impulso alla battaglia per l’amnistia, l’indulto e le riforme (che
Rifondazione, i Verdi e "il candidato senza volto" avevano sostenuto già
durante le Primarie dell’Unione, riuscendo poi a far inserire la necessità
di tali provvedimenti nel programma di Governo) riaprendola pubblicamente
con una prima audace proposta politica lanciata proprio dalla Direzione di
questo giornale all’indomani dell’entrata in carcere del Signor Previti, e
ripresa e rilanciata in varie forme da autorevoli esponenti della Chiesa
cattolica, dal Presidente della Camera dei Deputati e via via da tante altre
autorità, sino al Presidente della repubblica. Credo sia ormai indiscutibile
il fatto che quella proposta, la quale chiudeva definitivamente con tutte le
ambiguità di chi avrebbe voluto riparlare di indulto e amnistia soltanto
dopo l’approvazione del nuovo Codice Penale (ossia tra almeno tre anni),
contenesse invece in embrione il punto di equilibrio sul quale sembra ormai
possibile che nei prossimi giorni si raggiunga una larga maggioranza
parlamentare. Quella che all’apparenza sembrava una proposta politica
semplicemente spregiudicata, si è invece rivelata il frutto di un
lungimirante calcolo delle forze in campo e della possibilità concreta di
condizionarne il movimento in un senso o in un altro.
Giunti a questo punto, c’è soltanto da augurarsi che i Deputati e i
Senatori dell’Italia dei Valori nei prossimi giorni si sottraggano alla
tentazione di fare muro insieme alle forze più forcaiole del centro destra,
così come fecero già nello scorso gennaio i DS e la Margherita all’
indomani del fallimento ( in termini di partecipazione di massa) della
cosiddetta marcia di Natale.
Volgendo invece lo sguardo al futuro, a noi piacerebbe che il raggiungimento
di questo primo importante obiettivo sia anche l’occasione per la sinistra
parlamentare di guardare avanti superando quella visione un po’
consuetudinaria che sembra non vedere il carattere di classe delle lotte che
si svolgono anche sul terreno della Giustizia e del carcere.
E allora, proprio ragionando sulla necessità di difendere questo primo
importante passo in avanti che ci auguriamo verrà sancito dal voto
parlamentare nei prossimi giorni, noi crediamo sia necessario, ad esempio,
accelerare e qualificare i lavori della nuova Commissione per la riforma del
Codice Penale, andando oltre i già importanti passi in avanti fatti dalle
Commissioni precedenti in materia di ergastolo e depenalizzazione;
presentare e sostenere proposte di Legge che vietino qualunque forma di
ritorsione (disciplinare, amministrativa o penale) contro quei detenuti che
in forma individuale o collettiva ritengano necessario protestare
pacificamente; prevedere la possibilità di ricorso ad ogni livello, fino alla Cassazione,
da parte dei detenuti verso tutti quei comportamenti, provvedimenti e
pronunciamenti dell’amministrazione penitenziaria e della Magistratura di
sorveglianza che si ritenga siano lesivi dei Diritti del singolo o della
collettività dei detenuti.
E ancora, come tacere sulla generalizzata mancanza di coraggio che impedisce
al Legislatore di porre dei ferrei paletti agli abusi che si compiono nell’
uso della custodia cautelare in carcere (oltre ventitremila detenuti in
attesa di giudizio, e le statistiche ci dicono che ogni anno oltre la metà
risulta innocente), oppure agli abusi che si compiono in tanti Tribunali di
Sorveglianza nell’applicazione della Legge Gozzini?
Certamente è vero che per fare questi passi occorre superare una mentalità
un po’ rachitica che al massimo fa attestare tanti Parlamentari sulla
presunta necessità di un cosiddetto Garante Nazionale dei detenuti, senza
tener conto né dei limiti e degli ostacoli che questi uffici hanno
incontrato in alcuni comuni e regioni e che in molti casi li hanno
costretti a trasformarsi in una sorta di Assessorati di serie B, confinando
quasi completamente la loro azione nel tentativo di gestione di quelle poche
risorse che gli Enti Locali destinano al carcere.
Ma da quando in qua il pensiero della sinistra di classe, della
sinistra riformista e persino quello della "Dottrina Sociale della Chiesa",
concepiscono la difesa dei Diritti individuali e collettivi come delega ad
un "Garante"? Non è forse il caso che almeno la sinistra parlamentare nel
suo insieme inizi a considerare anche i moderni "dannati della terra" come
Cittadini detentori di Diritti individuali e collettivi come tutti gli
altri?
Sappiamo bene quanto sia difficile persino discutere su queste semplici
proposte. Ma del resto, come si può aver paura di parlarne quando per anni
si è proceduto controcorrente nella lotta contro la drammatica realtà delle
carceri italiane, e soprattutto quando nel dna della sinistra di classe che
opera nelle Istituzioni e nella società non si vuole rinunciare all’idea che
un altro mondo, magari senza classi e senza galera, sia alla fin fine ancora
necessario e quindi possibile?