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Unicef: mutilazioni genitali su 3 milioni di bambine ogni anno

Publie le sabato 26 novembre 2005 par Open-Publishing

Il Centro di Ricerca Innocenti di Firenze ha presentato oggi al Cairo un
rapporto sulle terribili pratiche di mutilazione tradizionali in Africa
sub-sahariana
e Medio Oriente.

Ogni anno tre milioni di bambine nell’Africa sub-Sahariana e nel Medio
Oriente subiscono l’escissione/mutilazione genitale femminile. A lanciare
l’allarme
un nuovo rapporto dell’Innocenti Research Insitute dell’Unicef, in cui si
afferma pero’ che, con un adeguato impegno e sostegno, questa pratica
millenaria
potrebbe essere eliminata nell’arco di una sola generazione.

L’ Escissione/Mutilazione Genitale Femminile (E/MGF), spiega il rapporto,
e’
una pratica tradizionale ritenuta utile per accrescere la bellezza della
bambina,
l’onore, la possibilita’ di trovare un marito, lo status sociale, oltre
che
per mantenere la castita’. I genitori incoraggiano l’escissione
ritenendonche
conferisca prestigio e rispetto sociale alla bambina che la subisce e alla
famiglia. ’’Madri e padri, organizzano l’escissione delle figlie per
diventare
membri accettati dalla societa’ - afferma Rima Salah, ViceDirettore
Esecutivo dell’Unicef - ma con un lavoro a lungo termine presso le
comunita’
si può
far prevalere l’importanza di preservare intatte le bambine sulle
preoccupazioni relative alla condizione sociale’’.

Nei 28 paesi dell’Africa sub-Sahariana e del Medio Oriente dove l’
Escissione/ Mutilazione Genitale Femminile viene praticata, circa 130
milioni di bambine
e donne ne sono state vittime. Precedenti stime ritenevano che annualmente
venissero sottoposte alla pratica 2 milioni di bambine; le nuove cifre di
3
milioni non riflettono un aumento, ma sono il frutto di una migliore
raccolta dati, afferma ancora l’Unicef. L’eta’ alla quale le bambine
subiscono l’intervento
e il tipo di mutilazione praticato variano notevolmente da un paese
all’altro e da una comunita’ all’altra. L’intervento puo’ andare da un
piccolo taglio
sulla clitoride ad una parziale o totale asportazione dei genitali
femminili
esterni con parziale chiusura dell’area vaginale (infibulazione).

Oltre a causare dolori acuti, l’E/MGF, denuncia il rapporto, puo’
provocare
un sanguinamento prolungato, infezioni, sterilita’ e morte. A causa della
natura
privata della pratica, e’ impossibile stimare il tasso di mortalita’.

Sebbene ci siano evidenze che in alcuni paesi (Benin, Burkina Faso,
Repubblica Centrafricana, Eritrea, Etiopia, Kenya, Nigeria, Tanzania e
Yemen) gli indici
di prevalenza stanno diminuendo, sono stati fatti pochi progressi per
diminuire la pratica a livello globale. Secondo il rapporto,
l’eliminazione
delle
mutilazioni genitali femminili su larga scala richiedera’ un maggior
sforzo
da parte dei governi, della societa’ civile e della comunita’
internazionale.
La escissione / mutilazione genitale femminile ha una diffusione molto
maggiore di quanto si sia pensato finora. Nel solo continente africano
(Africa subsahariana,
Egitto e Sudan), tre milioni di bambine e di donne all’anno subiscono una
escissione / mutilazione. Ma il problema ha portata mondiale, visto che la
pratica
è diffusa anche presso le comunita’ di immigrati in Europa occidentale,
America settentrionale (Canada e Stati Uniti), Oceania (Australia e Nuova
Zelanda).

Nonostante il fatto che spesso siano addotti motivi religiosi per
giustificare l’usanza, questa pratica non e’ prescritta da nessuna
religione. Si tratta
invece, denuncia l’Unicef, di una violazione dei diritti umani
fondamentali
delle bambine e delle donne, che vengono private dell’integrita’ mentale e
fisica, del diritto alla liberta’ dalla violenza e dalla discriminazione
e,
in casi estremi, anche della vita stessa. La mutilazione genitale e’ anche
una violazione del diritto del bambino allo sviluppo, alla protezione e
alla
partecipazione.

Il nuovo rapporto guarda anche alle piu’ promettenti strategie per aiutare
le comunita’ ad abbandonare la pratica, tra cui le iniziative appoggiate
dall’Unicef
in Egitto, che guidano le comunita’ ad impegnarsi in discussioni pubbliche
non valutative per affrontare apertamente il problema, le appoggiano nelle
dichiarazioni
collettive di abbandono della pratica e diffondono il loro messaggio alle
comunita’ vicine. Il coinvolgimento degli opinion leaders, includendo capi
tradizionali
e religiosi, puo’ svolgere un ruolo decisivo per stimolare il dibattito
pubblico. Personale sanitario, guaritori tradizionali, operatori sociali
ed
insegnanti
devono essere istruiti ed appoggiati per scoraggiare la pratica.

’’Una svolta reale e durevole e’ possibile - afferma Marta Santos Pais,
direttrice del Centro di Ricerca Innocenti dell’Unicef - e il cambiamento
avverra’
quando le comunita’, includendo bambine e bambini, uomini e donne, saranno
messe nella condizione di compiere scelte che non siano dannose e che
emancipino
individui e societa’.’’

Centro di Ricerca Innocenti michele