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Aprile online 6 marzo 2008
Uno sciopero della fame per Olivieri
di Andrea Scarchilli
Intervista a Giacomo Conti, segretario regionale di Rifondazione comunista in Liguria, che ha iniziato una protesta contro la scelta dei vertici della sinistra arcobaleno di riservare al nome di punta del partito nella regione una posizione in lista "non garantita"
Giacomo Conti, segretario regionale di Rifondazione comunista in Liguria, non condivide le scelte fatte in materia di liste, nella sua regione, dalla "Sinistra l’arcobaleno". Per il Senato la capolista sarà la Verde Cristina Morelli, per la Camera Orazio Licandro (responsabile organizzazione del Pdci) e il coordinatore regionale di Sinistra democratica, Stefano Quaranta. Il nome di punta di Rifondazione, il deputato uscente Sergio Olivieri, è numero tre nella lista per Montecitorio e rischia di non essere eletto. Conti ha iniziato uno sciopero della fame e spiegato ad "Aprileonline" le ragioni della protesta.
Perché una scelta di protesta così netta?
"Le candidature in Liguria sono state determinate in maniera non condivisa, non sono state neanche comunicate a noi della struttura territoriale del partito. Il problema è che in Liguria, come Rifondazione comunista, abbiamo espresso una candidatura, quella di Sergio Olivieri. E’ un deputato uscente, che ha fatto solo due anni di mandato, ma ha la caratteristica di essere stato l’unico operaio presente in Parlamento nelle file del nostro partito e, di conseguenza, l’unico che sarebbe stato rieletto. E’ stato escluso non solo lui come candidato, nonostante fosse stato votato dal comitato politico nazionale, ma anche il partito stesso che non avrà rappresentanti in una regione dove ha raccolto più voti che in tutte le altre regioni settentrionali. Questo avviene per di più in una situazione di sofferenza, dopo due anni di governo in cui le operazioni politiche prevalenti sono state di aggiustamento della spesa pubblica".
Quali sono, quindi, le vostre richieste?
"Lancio un appello a Fausto Bertinotti perché prenda in mano la situazione e riconsideri la questione ligure sotto una luce diversa rispetto a quella sotto la quale l’hanno vista i quattro che hanno partecipato alle trattative nazionali. Il fatto è questa scelta sciagurata sta provocando sofferenze, io stesso sto battagliando di fronte a tante autosospensioni che ci sono arrivate. L’iniziativa che ho intrapreso, è una novità anche per la cultura da cui provengo, quella della fabbrica che vive lo sciopero come momento di rivendicazione collettiva, è l’unica maniera per aprire una discussione. L’iniziativa è a oltranza e le questioni che pongo sono due: innanzitutto riconsiderare le posizioni in lista, poi aprire un tavolo nazionale che si occupi del futuro del partito in Liguria, visto che con questa decisione praticamente hanno deciso di chiudere il partito nella nostra regione".
Sa bene che, nella prossima legislatura, la sinistra avrà inevitabilmente, nel complesso, meno parlamentari di questa tornata. Spostare un tassello non rischia di scompaginare equilibri faticosamente costruiti e creare un problema in più?
"Non mi pare che sia un problema in più, se mi pongo l’obiettivo di eleggere, in Liguria, due deputati e un senatore cancellando la rappresentanza di Rifondazione in una regione dove ha sempre retto bene, si rischiano di perdere voti. E’ una scelta suicida, incomprensibile. Non è criticata solo dai militanti e dagli elettori, ma anche di tantissime associazioni. E’ impossibile escludere Rifondazione dalle liste in una regione in cui ha una fortissima tradizione".
Alla luce del discorso di Bertinotti dell’Ambra Jovinelli, le si potrebbe rimproverare di fare un ragionamento ancora ‘partitico’, fuori dalle logiche dell’unità. Come risponde a questa obiezione?
"Il mio non è un ragionamento egoistico, ‘partitico’. Si tratta di eliminare delle storie, delle tradizioni che in Liguria sono molto presenti. Chiediamo di confermare una rappresentanza riconosciuta da un elettorato finora molto forte, stabile. Non puoi fare del tema del lavoro uno dei capisaldi del tuo programma e cancellare l’unico operaio che hai, per di più richiesto dal territorio, con la logica di sistemare il ceto politico. Perché questa è la logica che si sta adottando, il processo unitario non si fa anche tenendo conto delle realtà e dei radicamenti territoriali. Quella che si sta facendo in Liguria è un’operazione di ceto politico che rischia di compromettere un processo unitario".