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Uscire dal silenzio

Publie le domenica 15 gennaio 2006 par Open-Publishing

di Silvia Ballestra

Saremo tante, spero molte più di quelle che ci si aspetta. Saremo tante, ma temo molte meno di quante dovremmo essere, cioè praticamente tutte. Faremo una lunga passeggiata a Milano per difendere la legge 194, e una festa a Roma per chiedere che la nuova famiglia, quella che già c’è, già esiste, abbia i suoi diritti. Insomma, saremo le donne che oggi hanno deciso di dire la loro, di «uscire dal silenzio». Costrette dal fatto che qui non sta in silenzio nessuno: filosofi ex laici con la retromarcia, come il signor Pera, e integralisti pronti al sadismo che agitano il cappio della Colpa.

Ci ritroveremo, irritate dai sardonici sorrisi dell’on. Buttiglione e dalle fanfaronate dell’on. Giovanardi (testuale: «in Olanda c’è una legge che permette di ammazzare i bambini fino ai dodici anni») e dal Papa in persona, con il suo megafono d’ordinanza Ruini sempre acceso. Costrette a ripetere che non abbiamo bisogno d’alcuna tutela paternalistica e padreternalistica. A ribadire che è ora di tirare giù le mani dal corpo delle donne e a ricordare - a loro che non lo sanno - che l’aborto è un lutto che ci si porta dentro tutta la vita, una ferita che non si rimargina anche senza i loro rintocchi a morte, senza le loro crociate «contro i farmaci che nascondono la gravità dell’aborto, come scelta contro la vita» (tradotto: tu abortirai con dolore, il massimo possibile, stante le nostre possibilità).

E proprio il Papa ci ha tirato la volata, lanciando meglio di qualsiasi ufficio stampa la comunicazione sulle due manifestazioni. Ha mostrato, se qualcuno avesse ancora dei dubbi, come le due piazze siano unite e comunicanti, scegliendo di pronunciare parole gravissime contro le donne e contro l’esigenza delle nuove famiglie a vedersi riconosciuti diritti civili dei più lineari e scontati. È una strana mobilitazione, la nostra, perché non contiene il sacro fuoco dell’offensiva, ma piuttosto l’indignazione irrefrenabile del parare i colpi, difendere, affermare. Ecco una legge, la 194, che è la più tragicamente vicina, al nostro corpo e alla nostra vita, che la riguarda così nel profondo da parlarne, pure noi, con un certo pudore. Legge che funziona, che ha diminuito gli aborti (dimezzati), che ha eliminato le pratiche sanguinose della macelleria clandestina. E che nonostante questo viene attaccata, vilipesa. La legge non sarà toccata, ci vengono a dire, ma intanto il ministro (uomo) della Sanità può invocare la presenza dei fanatici del Movimento per la Vita nei consultori a disturbare le donne in un momento così cruciale, facendosi portavoce dell’embrione.

Propaganda e sadismo, un must per certa gente. A questo proposito ricordiamo che la legge 194 già prevede e attua fino in fondo ogni possibile manovra informativa riguardo alla possibilità di evitare l’aborto, prevedendo anche un invito a soprassedere per sette giorni, e quindi non si capisce proprio la necessità di affollare i consultori con queste ulteriori e ridondanti presenze «esterne». Ecco però l’ennesimo attacco delle gerarchie cattoliche (maschili) alla legge, ma non solo, alla pillola abortiva, ma non solo, ai consultori, ma non solo. Alle donne. Ce n’è più che abbastanza per «uscire dal silenzio», e non è una battaglia tattica. Si tratta, piuttosto, di non lasciare vagare per l’aere (dalle prediche ai tg) una voce sola, quella di un integralismo cattolico incattivito, arroccato e perdente, supportato da quei teocon in cerca di voti sull’onda americana dei cristiani rinati. Va da sé: eccoli in crisi, ed eccoli dunque cercare appigli. E cosa di meglio del corpo della donna?

Ci auguriamo allora di vedere le giovani, le straniere, le donne normali, quelle che - se non tirate per i capelli - a una manifestazione non ci andrebbero, e magari preferirebbero, di sabato, una giornata lontana dai ritmi soliti della vita. Sono loro che oggi devono essere in prima fila, che rispondono alle offese collezionate ogni giorno, agli attentati contro la loro serenità nei momenti difficili, all’intimidazione feroce. Uscire dal silenzio a proposito della 194 vuol dire questo: noi siamo le forti e loro sono i deboli, anche se sembrerebbe il contrario, visto quanto si agitano. Ed è il momento di dirlo.

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