Home > VAL DI SUSA : Lezione politica
di Marco Revelli
La forza e la ragione, l’arroganza e la pazienza, la violenza e la democrazia. Da oggi è tutto più chiaro. La Val di Susa sta dando una lezione a tutti. Una protesta pacifica, unanime, calma ma ferma, di tutto un territorio, è stata aggredita con un vero e proprio atto di teppismo pubblico. Il presidio di Venaus, giovani, anziani, sindaci, normali cittadini - alcuni dormivano, altri bivaccavano intorno al fuoco - è stato assalito da centinaia di uomini armati senza neppure un pretesto. Per il puro gusto di ferire e far male.
L’impressione è quella di una spedizione punitiva: perché quell’unità di tutta una popolazione non si riusciva a spezzarla, perché la ragionevolezza degli argomenti dei No-Tav era difficile da controbattere, perché la saldezza dei nervi di quella gente non si era lasciata incrinare da nessuna provocazione. E allora si è lasciato libero corso all’argomento di chi non ha argomenti: la violenza bruta e indiscriminata. Il vero volto di questa classe politica di affaristi arroganti e brutali, impegnati a imporre un’opera enormemente costosa, pericolosa e inutile, che isolerà (questa sì) per un ventennio l’Italia dall’Europa.
Chi era salito in questi giorni e in questi mesi nella valle, aveva potuto vedere con i propri occhi un esperimento di democrazia partecipativa reale, con i sindaci, i parroci, la popolazione uniti in un processo decisionale quotidiano, capillare e condiviso, che era insieme occasione di crescita culturale, allargamento delle conoscenze. Attività deliberativa vera, capace di sciogliere come neve al sole i luoghi comuni, le retoriche false, le menzogne consapevoli che dominano il sistema dei media e il circuito ufficiale della politica romana (si pensi allo svarione di Ciampi) e anche torinese. Ora, quell’Italia civile, quel territorio che aveva saputo compiere il miracolo della propria unità e dell’iniziativa rigorosamente nonviolenta, vengono assaltati da una truppa di lanzichenecchi in assetto antisommossa, come nei secoli bui si assaltavano le comunità degli eretici, per cancellare quelle voci. Per dare una lezione che valga per tutti.
Gli assembramenti nella valle sciolti manu militari. Le piazze dei paesi sgomberate con la forza, perché ognuno si rinchiuda nella propria casa. Perché quella socialità sia dissolta. Perché quella democrazia sia messa al bando. E perché a nessuno venga in mente di seguirne l’esempio: di prendersi cura del proprio territorio anziché abbandonarlo ai distruttori di destra o di sinistra, ai cementificatori di stato o a quelli delle coop «rosse», agli oligarchi nazionali o regionali.
Per questo la resistenza della popolazione della val di Susa è così importante per tutti. Questa resistenza condivisa e nonviolenta, che non si lascia trascinare sul terreno dell’avversario ma che contrappone alla violenza dall’alto la propria unità dal basso, e per questo può durare. Quello che ci si può augurare è che anche gli altri, i Ponzio Pilato della sinistra ufficiale, della Cgil torinese e nazionale, delle «istituzioni» terribilmente lontane dal loro territorio, abbiano un soprassalto di dignità. E alla fine scelgano da che parte stare. A questo punto, non è più difficile capirlo.