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VITE PRECARIE

Publie le giovedì 18 ottobre 2007 par Open-Publishing

Il Ken Loach italiano si chiama Ascanio Celestini anche se non è proprio un regista. E’ un moderno cantastorie, autore, affabulatore, attore impegnato in meritorie orazioni civili. Diventa regista cinematografico esordendo con un documentario-denuncia presentato domani, venerdì 19 alle ore 21.30, alla Festa del Cinema di Roma. S’intitola ‘Parole sante’ e parla di precariato e della madre di tutte le leggi che vogliono incatenare i giovani a un’esistenza precaria: la legge 30 ispirata da Marco Biagi. Legge tanto difesa dai Capezzone e Casini ma anche dalla Cisl formato Pezzotta o Bonanni e da uno schieramento trasversalissimo che appassiona capitalisti di partiti vecchi e nuovi. Uomini dal sorriso bonario e dai peli sul cuore mica mostri, no. Gente che sta facendo retrocedere il mondo del lavoro a uno schiavismo di fatto e con la parola magica della flessibilità lo riporta all’Ottocento dickensiano.

Accade nei Call Center dell’Atesia di cui la pellicola narra le vicende attraverso i volti di protagonisti senza volto, le voci telefoniche che usano nomi preconfezionati e rispondono ‘‘Buongiorno, sono Marta come posso aiutarla?’’ Sono i ragazzi da 500 euro mensili, niente ferie, nessuna tutela per malattie, senza progressione di carriera e con la possibilità concreta di essere dismessi. In gergo l’Azienda li definisce ‘‘sottoposti a regime di non rinnovo contrattuale’’ e questo linguaggio truffaldino, studiato da appositi servizi di Comunicazione, vuol dire licenziamento. A chi va di lusso resta lì a lungo, magari anni, in modo da diventare uno dei ragazzi di 30, 35, 40 anni di cui si parla solo in Italia, impossibilitati a emanciparsi. Castrati. Schiavi a vita, senza neppure la possibilità di diventare liberti.

Ci vuole l’aggraziata ironia di Celestini per trattare con tocco leggero ma pregnante un dramma del lavoro che il mondo sedicente civile, sindacati in testa, considera normale. Le vite impedite dalla legge Biagi sono milioni, vite giovani e meno giovani, perché serve la faccia tosta degli uomini della Confindustria a definire giovane chi ha ormai superato i cinque lustri e congelarlo per due decenni col lavoro precario. Ci vogliono politici perversi - di Destra o di Sinistra – per sostenere una legge che deregolarizza il lavoro al punto di creare soggetti senza tutele né dignità, assolutamente privi di futuro. Celestini lo fa narrare ai protagonisti. Quelli che hanno aperto una vertenza contro Atesia-Almaviva, i quattromila di Cinecittà - niente a che fare col mito di Fellini - insaccati in una delle scatole di vetro che forniscono servizi a basso costo di manodopera nell’hinterland urbano.

Le tesi delle loro strutture autorganizzate hanno ottenuto l’avallo totale dell’Ispettorato del lavoro che da un anno ha imposto all’Azienda l’assunzione a tempo indeterminato dei precari, il rimborso di mancati arretrati, il pagamento di contributi. Eppure tutto si è fermato. Ci si è messa di traverso la politica, quella dei Casini e Capezzone e Brunetta e Alemanno ma anche dei Bersani e Rutelli. Tutti a favore della legge 30, tutti contro i precari cui ‘Parole sante’ dà voce. E’ anche grazie a questa legge che il domani dei giovani italiani s’affossa.. Perché li si assume precariamente a 500 euro al mese, li si dismette poi se va bene li si riassume sempre con lo stesso salario mentre il tempo e la vita scorrono. Sulla loro pelle. Uno sfruttamento legalizzato che non ha pari nell’occidente europeo e che ci colloca quale fanalino di coda della CEE, insieme al ‘‘trevirgolaottantasette’’ la percentuale italica di morte giornaliera sul lavoro. Di questo parlano certi attori e autori impegnati mentre a Montecitorio sono impegnati a far finta che la questione non esiste.

Enrico Campofreda, 18 ottobre 2007