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Val de Susa : Alta velocità, proteste giustificate per la maggioranza degli italiani
Publie le martedì 13 dicembre 2005 par Open-Publishingdi RENATO MANNHEIMER
L’accordo appena sottoscritto per la Val di Susa appare precario. Le posizioni sono infatti fortemente divergenti. C’è chi sostiene che le proteste siano ingiustificate, perché non tengono conto dell’interesse nazionale e poiché l’opera era già stata decisa e discussa da tempo.
Altri ritengono invece che gli abitanti della valle fanno bene a proteggere le loro terre e che il piano messo a punto dai tecnici sia ancora modificabile in relazione ai diversi elementi. Ma la discussione nel merito dello specifico progetto coglie una parte limitata del problema.
Quanto sta accadendo, infatti, è solo in una certa misura riconducibile ad una questione «locale», relativa alla Val di Susa. Tanto che le medesime reazioni e proteste hanno avuto luogo in occasione della proposta di realizzazione di nuovi inceneritori di rifiuti, di nuove autostrade o tangenziali, eccetera. In tutti questi casi siamo di fronte anche - soprattutto - all’espressione, dalla forte valenza simbolica, di un fenomeno di carattere generale, presente in tutto il mondo occidentale.
Esso consiste nella difficoltà per certi segmenti di popolazione ad accettare l’installazione, in quella che considerano soggettivamente la «propria» zona (può trattarsi, a seconda delle circostanze, di una strada come di una intera regione), di impianti, magari considerati utili all’interesse generale, ma percepiti come dannosi o comunque disagevoli per se stessi. Si tratta dell’atteggiamento che è stato efficacemente definito «nimby» ( not in my backyard, non nel giardino sotto casa mia). Malgrado la sua contraddittorietà (vi convivono l’adesione di principio alla realizzazione di questo o quel progetto e l’opposizione se ne viene proposta la messa in opera vicino al contesto in cui si abita), la reazione «nimby» è assai diffusa e vissuta con comprensione, talvolta con empatia, da settori ampi di cittadini.
Tanto che oggi, la maggioranza assoluta della popolazione italiana ritiene in qualche modo «giustificate» le proteste anti- Tav. Al di là del caso specifico, i risultati di diverse indagini di carattere più generale mostrano come almeno il 20% degli italiani sia in principio orientato a rifiutare l’installazione di qualunque impianto di pubblica utilità. E come questa quota sia più che doppia se il progetto riguarda le vicinanze del proprio luogo di residenza. Questo 20-25% aggiuntivo rappresenta dunque l’effetto del fenomeno «nimby».
Che risulta trasversale ai diversi orientamenti politici e alle varie categorie socioeconomiche, con solo una accentuazione nei centri urbani medi, tra i 20 mila e i 100 mila abitanti. Si tratta comunque di una quantità elevatissima di elettori, tale da condizionare l’agire di qualunque forza politica che miri ad allargare o mantenere i propri consensi. Ciò che è all’origine - anche se non giustifica - dei tentennamenti di tanti leader di fronte agli episodi di questi giorni.
dal Corriere - 13 dicembre 2005