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Veltroni sbaglia ancora rotta
Una lettera a Berlusconi per «riaprire alla Cai», che era già a palazzo Chigi
l governo preferisce sbarrare la strada a qualunque altra soluzione
di Francesco Piccioni
Sembrava fosse stata imboccata finalmente una strada trasparente per la vendita dell’Alitalia. Archiviata la pratica Cai (Compagnia aerea italiana, la «cordata» guidata da Roberto Colaninno), che aveva già ufficializzato il ritiro della propria offerta, c’era ancora spazio per vedere di stringere con partner più solidi; o quantomeno meno improvvisati. Con parecchi giorni di ritardo, infatti, il commissario straordinario Augusto Fantozzi si era deciso a pubblicare - ieri - l’invito alla «manifestazione di interesse» all’acquisto della compagnia. Ma bisogna ricredersi.
Il governo non accetta l’esito fin qui maturato e prova a far rivivere il cadavere appena seppellito. Per altri due giorni Berlusconi, Maurizio Sacconi (ministro del welfare), Raffaele Bonanni (segretario generale della Cisl) e Renata Polverini (sua omologa nell’Ugl) hanno ripetuto l’unica frase di cui ormai sembrano capaci: «l’unica soluzione è l’accordo con Cai, altrimenti c’è solo il fallimento». Lo sforzo si è infine materializzato nel ritorno a palazzo Chigi di Colaninno e Rocco Sabelli (amministratore delegato della Cai), su convocazione di Gianni Letta. Per chi ha frequentato questo tipo di incontri, c’è una certezza: ha parlato solo Letta. Dopo 45 minuti i due imprenditori sono usciti senza rilasciare alcune dichiarazione.
La domanda che attraversa gli addetti ai lavori è un’altra: cosa avrà promesso, Letta, per convincere Colaninno e soci a tornare al tavolo? La situazione si è ulteriormente ingarbugliata con l’intervento di Walter Veltroni, segretario del Pd, che ha inviato una lettera a Berlusconi per invitarlo a fare qualcosa, proponendo tre possibili soluzioni: una «venire incontro» della Cai alle richieste dei sindacati, una ripresa di contatti con vettori stranieri oppure un’«intesa» tra commissario e sindacati preliminare alla vendita con chiunque effettuata. Suggerimenti non proprio frizzanti (specie l’ultimo: su quali basi si fa un’intesa, in assenza di un compratore che avanzi una proposta?), ma che producono l’unico effetto politico di premere sulla Cgil perché si mostri più dialogante con Cai.
Una tenaglia bipartisan per portare a termine l’affare. Tanta disponibilità non gli ha fatto guadagnare il rispetto del centrodestra. Sacconi lo ha apostrofato piuttosto rudemente: «l’on. Catalano, al secolo Walter Veltroni, ci ha detto delle cose ovvie: meglio fare bene che fare male; aggiungo ’meglio fare presto e bene che tardi e male’». L’unico a dargli ragione è Antonio Di Pietro, e può darsi che non gli abbia neppure fatto piacere. Non ha infine prodotto neppure un timido ripensamento della Cai, che ha infatti confermato il suo atteggiamento di chiusura totale «sono i sindacati che devono muoversi», perché sul proprio «piano industriale» non intendono inserire «alcuna novità».
Tutto il fronte governativo, insomma, ha continuato a mostrare il viso dell’arme. Sacconi e Altero Matteoli hanno ripetuto che nessuno si è fatto fin qui vivo per rilevare Alitalia (ma le agenzie battevano in quelle ore un messaggio da parte della compagnia di bandiera venezuelana). Vito Riggio, presidente dell’Enac, ha passato la giornata a minacciare ancora il ritiro della licenza di volo se, entro domani, non gli sarà presentato un piano finanziario dettagliato. L’insistenza gli ha procurato una diffida formale da parte di Anpac, Up, Avia e Sdl a procedere «a qualunque atto che possa comportare la limitazione o la sospensione delle attività di volo di Alitalia in ragione della sua situazione economico/finanziaria, in difformità da quanto espressamente disposto» nel decreto chiamato Marzano-bis.
La risposta di Riggio fa riferimento a norme Ue, non italiane. Ma questo semmai scopre un problema negli strumenti che il governo ha approntato per pilotare la discesa di Alitalia nelle mani della Cai. Interrogato sull’interessamento di Lufthansa - che ha dato chiari segnali di volerci vedere più chiaro - Sacconi ha minimizzato, escludendo la possibilità di un «acquisto diretto». Il messaggio è insomma chiaro: «siamo alla disperazione; l’unica speranza oggi è che i sindacati firmino in modo da consentire al governo di provare a convincere Cai a fare un passo indietro». Non è proprio il tono che ci si attenderebbe da un ministro importante - lo sviluppo economico! - di un paese del G8; ma tant’è, questo passa il convento.
Va invece avanti il progetto di costruzione di una «cordata alternativa» avanzato da piloti e assistenti di volo, disposti a impegnare il proprio tfr per mantenere in vita la compagnia, insieme ovviamente a un partner straniero importante e a finanziatori di livello. Nel corso della giornata sono stati numerosi i contatti che confermavano che «si può fare». Mal che vada, un possibile acquirente che decida di tentare questa strada avrebbe il consenso preventivo del cosiddetto «fronte del no». Ma è chiaro che, finché il governo - il «proprietario» attuale - non darà chiaro segno di voler aprire a un soggetto diverso da Cai, nessun compratore troverà sensato fare il fatidico passo avanti. E intanto la crisi peggiora.