Home > Veltroni: uno schiaffo al Cavaliere ma non alla Confindustria

Veltroni: uno schiaffo al Cavaliere ma non alla Confindustria

Publie le lunedì 27 ottobre 2008 par Open-Publishing

Veltroni: uno schiaffo al Cavaliere ma non alla Confindustria

di Fulvio Lo Cicero

ROMA – Un’enorme folla al Circo Massimo, quella delle grandi occasioni, forse perfino più numerosa di quella che scese in piazza per difendere l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori nel 2002.

Un Veltroni chiaramente felice del risultato, con tutto lo stato maggiore dei democratici ad applaudirlo dal palco. Prima di lui, un’accorta regia aveva dato la parola a rappresentanti della scuola, del mondo del lavoro, dell’imprenditoria, degli immigrati, perfino delle forze dell’ordine, a significare che il Partito democratico è un grande contenitore di ceti sociali e che il progresso oggi si raggiunge con gli strumenti della concertazione e della cooperazione fra gli individui.

Laura, insegnante elementare, esprime una frase in perfetto stile veltroniano, quando afferma “chi vuole bene alla scuola vuole bene al nostro futuro” ma, aggiunge, “nella scuola ci vorrebbero più insegnanti e non meno”. Cristina Calamasse, operaia tessile a Firenze, sottolinea la situazione drammatica del suo settore in Toscana, con decine e decine di imprese costrette a chiudere per la crisi. Prima di lei una giovane imprenditrice esclama: “Avete notizia di qualche provvedimento preso da questo governo in favore delle piccole e medie imprese? Io no. Conosco i provvedimenti presi a favore di banche ricche, che, almeno per ora, nemmeno vogliono l’intervento dello Stato!”. Patrizia parla a nome del sindacato di polizia e il suo intervento è forse quello più interessante. “A parole il governo dice di voler rafforzare la sicurezza dei cittadini ma vi assicuro che non è assolutamente così.

A Roma mancano millecinquecento agenti. Le auto per i pattugliamenti non possono fare più di determinati chilometri, per mancanza di benzina. I miei colleghi comprano di tasca propria il toner per le stampanti. La realtà è che il governo ha tagliato i fondi alla polizia e questo non può voler dire rafforzare la sicurezza dei cittadini”. Raggelante la testimonianza del sindaco di Gela,Rosario Crocetta, che ha raccontato del periodo in cui faceva la campagna elettorale con il giubbetto antiproiettile, perché la mafia voleva farlo saltare in aria.

Quando appare Veltroni, il popolo democratico si scioglie in un applauso scrosciante. Walter è visibilmente soddisfatto e affonda subito: “Il nostro presidente del consiglio dovrebbe ricordare che questo è un Paese antifascista. Ma quando gli si chiede di esprimersi su questo punto, lui scrolla le spalle e dice che deve lavorare. In Francia, nessuno assumerebbe questo atteggiamento, negando importanza alla resistenza antinazista guidata dal generale De Gaulle, che è alla base della nascita della Francia democratica”. Ricorda l’esempio e l’insegnamento di Vittorio Foa e sottolinea come il governo sia del tutto inadeguato di fronte alla drammatica crisi. “Non hanno azzeccato una previsione economica. Hanno predisposto una legge finanziaria ritenendo che ci sarebbe stata una crescita. La realtà li ha smentiti clamorosamente! Noi non abbiamo un presidente del consiglio serio, in grado di saper gestire una crisi così seria. Ha annunciato la chiusura delle Borse ma, per fortuna, nessuno in Europa ci ha creduto, perché lo conoscono.

Figuriamoci cosa sarebbe successo se questa affermazione fosse stata detta da Angela Merkel o da Gordon Brown!”. Un premier costretto continuamente a smentire se stesso, anche di fronte all’evidenza, dice Veltroni e rincara: “Questa coalizione difende gli interessi di un ceto sociale e non prende nessun provvedimento a favore dei pensionati, degli operai, dei giovani precari”. Un governo, aggiunge ancora il leader dei democratici, che storna i soldi dal Fondo sociale per destinarli al finanziamento dei comuni, in crisi di astinenza per il mancato gettito dell’Ici: “E così, il signor Rossi milionario con diverse case di proprietà, non paga più l’imposta sulla sua prima casa e il signor Rossi operaio a milletrecento euro al mese, con moglie e figli a carico, non avrà più i suoi trecentotrenta euro al mese di trasferimenti e, di fatto, pagherà l’Ici del suo omonimo ricco”.

La questione sociale, per Veltroni, è il dato più grave oggi in Italia ma non l’unico. “I giovani ricercatori fuggono dal nostro Paese perché non ci sono le condizioni per poter esercitare il loro talento. E questo governo non trova di meglio che tagliare ancora di più i fondi alle università”. Poi, n on accentua i toni, non coglie come Governo e Confindustria stiano predisponendo il terreno più scivoloso, con la riforma del modello di contratto collettivo nazionale, dopo aver già vulnerato le modalità per i distacchi sindacali e perorato in Europa le richieste degli industriali per un allungamento dei tempi di applicazione del Protocollo di Kyoto. Veltroni coglie l’attacco frontale messo in atto contro i ceti più deboli socialmente ma non sembra trarne tutte le conseguenze su chi sia il vero ispiratore di queste politiche, cioè la Confindustria.

Ma per il popolo democratico ciò non sembra contare. Due milioni e mezzo di persone, secondo gli organizzatori, hanno messo in scena “la prima vera manifestazione del più grande partito riformista che ci sia mai stato in Italia”, ha detto Veltroni. Senza dubbio, un ottimo risultato.