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Vendola, scissione a metà e con rissa
Publie le martedì 27 gennaio 2009 par Open-Publishing1 commento
Vendola, scissione a metà e con rissa
di Matteo Bartocci
Andare dove? Con chi? E per fare cosa? «A questa domanda io non saprei rispondere». Augusto Rocchi , responsabile economia del Prc, è ormai un «vendoliano» pentito. Più correttamente, è uno dei quasi cinquanta dirigenti nazionali sostenitori della mozione Vendola per l’unità a sinistra che non ha scelto la scissione ma di restare «a dare battaglia» dentro Rifondazione e di restare nel suo comitato politico nazionale.
L’uscita del governatore pugliese e di molti «pezzi da novanta bertinottiani» (tra gli altri, Alfonso Gianni, Gennaro Migliore, Elettra Deiana e chi più ne ha più ne metta) dal Prc esce a pezzi dall’assemblea di due giorni di Chianciano. Con una quasi rissa sul documento conclusivo e perfino sulla denominazione d’origine («Rifondazione per la sinistra» era il nome della mozione congressuale che, in parte, resta nel Prc e dunque non può essere avocato in toto da Vendola e gli «scissionisti» che si chiameranno, d’ora in poi «movimento per la sinistra»). Un grande classico. A cui seguirà inesorabile la querelle su «sedi, soldi e soldati».
La cronaca del fine settimana nel senese si fa assai confusa. Riferiscono i «vendoliani dissidenti» che sabato sera, negli incontri a margine nella città termale, circolava un documento stilato da Alfonso Gianni e Gennaro Migliore a favore dell’uscita dal Prc senza se e senza ma. L’ipotesi era, fatti gli emendamenti del caso, di sottoscriverlo subito individualmente senza porlo in votazione in assemblea. Ma le perplessità diffuse nell’area, più nella base che nei suoi vertici, hanno dissuaso dal proseguire a spada tratta nell’uscita dal partito.
La conclusione, quasi grottesca, è che ci sarà un documento, di cui peraltro allo stato non v’è traccia né orale né scritta, che sarà sottoposto a breve al voto del «territorio». Dove, come e da chi, visto che l’area Vendola non ha al momento né sede nazionale né una struttura locale omogenea è difficile sapere. Logico pensare che saranno i gazebo nelle piazze (a fine febbraio sono già previste le «primarie delle idee» con Sd) a consentire di esprimersi sul documento programmatico dell’ultima particella nata a sinistra.
Un risultato tangibile Chianciano l’ha dato. Sempre provvisorio per carità, ma su scheda libera e a voto segreto è stato eletto un coordinamento nazionale del nuovo movimento. Cinque uomini e cinque donne: Celeste Costantino, Titti De Simone, Elettra Deiana, Daniele Farina, Nicola Fratoianni, Alfonso Gianni, Beatrice Giavazzi, Gennaro Migliore, Betta Piccolotti e Alì Rashid. A parte un’esclusione eccellente come quella dell’ex segretario Franco Giordano (come di Vendola, del resto) si registra un giallo sulla possibile elezione di Fausto Bertinotti. Secondo le voci di corridoio registrate dall’Ansa, infatti, l’ex presidente della camera sarebbe risultato il più votato sul foglio bianco consegnato ai delegati. Esito subito smentito dai «vendoliani». Una verifica diretta è ormai impossibile, tuttavia il senso politico è chiaro. Bertinotti ha fatto sapere in lungo e in largo di sostenere la necessità del «big bang a sinistra» e l’insufficienza della sola Rifondazione ma avrebbe preferito semmai una scissione più lontana nel tempo, calibrata oltre la strettoia delle europee. In ogni caso, comunica un po’ inusualmente lo stesso «movimento per la sinistra», non rinnoverà la tessera 2009 di Rifondazione comunista.
Molto diverse, almeno per ora, le scelte nella «sua» base. Se nel Lazio (regione e provincia di Roma) dall’oggi al domani Rifondazione sparisce e non ha più né assessori né consiglieri, a La Spezia su 18 membri del consiglio federale «vendoliani» 16 restano nel partito. Senza contare che perfino in Puglia, tra «scissionisti» e non, si registrerà il paradosso di assessori usciti da Rifondazione sostenuti, almeno per ora, da consiglieri fedelissimi al presidente ma rimasti dentro Rifondazione. Non tutti, insomma, seguono il governatore fuori dal partito. Un caos a macchia di leopardo. Sarà possibile, forse, fare un punto della situazione generale nei famosi «territori» solo sabato prossimo, in un’assemblea nazionale convocata a Roma dei «bertinottiani» che hanno deciso di restare.
Grande è la confusione sotto il cielo. Ma la materialità della politica non lascia molti margini di manovra. Alle europee, giocoforza, l’esito più realistico (cfr. il manifesto del 23 gennaio) è la nascita di una «bicicletta» Sinistra (Sd+ex Prc)-Verdi.
A meno che la soglia di sbarramento in discussione tra Pd e Pdl non rimetta tutto in discussione, perfino, c’è chi scommette, a una sorta di Arcobaleno cartello elettorale per la rappresentanza che raccolga tutta la diaspora di sinistra del centrosinistra.
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1. Vendola, scissione a metà e con rissa, 28 gennaio 2009, 06:54, di viviana
Ma se vogliono stare con Veltroni (e ce ne vuole di stomaco anche solo per pensare a una simile possibilità, se penso poi che si voglia stare con gente come Bassolino o Violante o D’Alema davvero mi si piegano le ginocchia) perché non migrano nel Pd e la smettono di rompere le palle? O si tratta di una forma patologica di culto della personalità e di solipisismo estremo?
Moriremo tutti comunque, o con Ferrero o con Vendola o con Veltroni. Se si continua a pensare che divisi è meglio che uniti, non c’è futuro per nessuno, tanto vale fare tanti partiti quante sono le teste. E se si crede che la sinistra sia rappresentata dal Pd si deve aver perso completamente il lume dell’intelligenza. Quando la follia del protagonismo personale e del divisionismo a tutti i costi superano anche un minimo di rispetto delle regole democratiche e un minimo di considerazione della gravità del momento, si vede che è destino che uno imbrocchi la propria fine con una incoscienza mortale. Morire per morire morirò con Ferrero, almeno è uno che preferisce dei principi etice alla follia di distinguersi ad ogni costo fino al suicidio.
Tutte queste divisioni mi producono ormai una sola reazione: il vomito
viviana