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Venezia Film - La crisi Argentina: "La dignidad de los nadies"

Publie le giovedì 8 settembre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Cinema-video - foto

ORIZZONTI

R.S. INVIATO A VENEZIA

L’Argentina che resiste nelle lotte di «anonimi» raccontate da Solanas

I momenti di vera commozione al cinema non coincidono spesso con la studiata capacità di eccitare, sulla scena madre, lacrime in quantità industriale. Si sperimenta al Global Beach, di fronte alle emozioni oblique costruite da Miyazaki (Porco rosso), Fulci o Texas, e discutendo sulla spiaggia del Lido di immagini critiche con Abel Ferrara, Paravidino e Mastrandrea, o di situazione argentina dopo i video di Calzini, appuntamenti ben congegnati, e generosi con le scelte di Muller.

Ma è successo qualcosa di straordinario ieri, al Palagalileo, durante la proiezione, sezione Orizzonti, di La dignidad de los Nadies (La dignità dei nessuno), lavoro in «vecchio stil novo» di Fernando E. Solanas. Un filmaker peronista di sinistra, per anni esiliato, che da L’ora dei forni in poi non smette di svelare ciò che non è decoroso nemmeno osservare, e che pagò quasi con la vita una candidatura elettorale.

È vero che il cineasta non parla mai in prima persona, osserva distante e un po’ dall’alto, come esige la scuola moderna (non solo Moore). E che alla fine delle due ore di proiezione sul tragico quinquennio argentino (dal crollo dell’economia ai piqueteros, dalle occupazioni delle fabbriche alla ribellione dei piccoli agricoltori, dalla «speranza Kirchner» a nuove crescenti contraddizioni odierne) è risuonato, più peronista che mai, l’inno nazionale argentino, intonato dai manifestanti.

Una melodia e un testo retorici come tutti gli inni, che noi in più associamo soprattutto a Maratona che alza la Coppa del Mondo, mentre Videla macella. Tanti i desaparecidos, decine di migliaia. Eppure i due momenti, quello programmato per il gran finale da Solanas e quello più intimo e sordo, frutto del lavoro di profondità del film, testimonianze della resistenza sociale, con nomi e cognomi di sconosciuti, si sono sovrapposti in una miscela esplosiva e sono sfociati in uno dei più lunghi applausi del festival.

La bandiera argentina e l’inno nazionale in quel paese sono più sacri che altrove. Ai bambini non è permesso disfarsi impunemente del drappo biancozzurro. Ma la bandiera è stata anche l’unica arma di legittima difesa di chi, improvvisamente, dal 2000 in poi, non ha avuto più null’altro, stritolato dalle oggettive leggi e irreversibili del profitto scientifico planetario, che lo hanno sbattuto fuori casa, sul selciato con una pallottola in testa, sbranato dalle banche usuraie, fuori dalla chiesetta troppo sovversiva...

Solanas si è dedicato così non al dolore, ma alle imprese eroiche di chi, in ingegnoso silenzio, ha ripreso la lotta. Così per bloccare le aste che assegnavano definitivamente la terra ai grandi latifondi o alle banche che programmarono quella criminalmente «legale» appropriazione indebita, da 5 anni un gruppo di donne, piccole proprietarie di terre, entrano in tribunale e bloccano tutto, cantando l’inno nazionale.

Come fanno poi i giornali a dire: «arrestata un’anziana signora che canta la più sacra delle nostre canzoni?» senza aizzare di più alla lotta? E i loro mariti? Suicidati per la vergogna. 30 mila nuovi desaparecidos, scopriamo, sono il risultato di un dopo Videla più intimo, democratico e, meno spettacolarmente, neo liberale.

http://www.ilmanifesto.it/Quotidian...


La dignidad de los nadies

La crisi Argentina protagonista di Orizzonti. Con l’ottimo documentario di Fernando Solanas

Applausi a scena aperta e ovazione finale per il documentario di Fernando Solanas presentato in Orizzonti, una sezione che rischia di diventare la più interessante della Mostra veneziana. Seconda e conclusiva parte di un’operazione iniziata nel 2004 con Memoria del saqueo, La dignidad de los nadies, la dignità dei "nessuno", ci racconta le conseguenze della rivolta popolare iniziata con la presidenza di Kirchner fino ai giorni nostri, con gli interessanti esperimenti di autogestione.

I "nessuno" sono in realtà l’incarnazione della vera anima argentina, un’anima mai doma pronta a rivendicare i propri diritti in nome di quella stessa identità nazionale che, secondo i politici, dovrebbe essere la prima garanzia per il rispetto di leggi, sebbene ingiuste. Una buona parte del documentario è dedicata all’esproprio dei terreni e alle aste che ne conseguono e che ovviamente sono sempre ad appannaggio dei grandi latifondisti.

Non avendo altre armi i "nessuno" non possono fare altro che cantare l’inno nazionale argentino a squarciagola, così bloccando lo svolgimento delle aste. Purtroppo ci sono anche scontri veri e cruenti, fedelmente documentati dalle immagini raccolte da Solanas. Le più tristi sono quelle dell’uccisione di Darìo Santillan, uno dei leader del movimento ucciso durante una manifestazione da una pallottola della polizia.

Sappiamo quello che non vogliamo, dicono i protagonisti, e quello che vogliamo lo costruiremo insieme". Una filosofia semplice ma efficace, in grado di unire disoccupati e commercianti in una rivolta che dà sempre la sensazione di essere tanto indispensabile quanto inutile, frustrante.

Ma non è così. Perché ciò che si prova, che quasi tutto il pubblico del Palagalileo deve avere provato, è che non si può fare altrimenti. I "nessuno" argentini insegnano, con l’umiltà che spesso difetta a tanti leader, che certe cose non possono non essere fatte, e che vale la penna combattere, insieme, per i propri diritti e la propria dignità.

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