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Verso lo Sciopero Generale del 13 febbraio: uno sguardo sull’accordo.
Publie le mercoledì 11 febbraio 2009 par Open-PublishingUno sguardo sull’accordo del 22 gennaio
Il governo Berlusconi non si preoccupa soltanto degli affari privati e giudiziari del signor B. L’altra strada che percorre è quella che lo sta portando ad aprire una nuova fase nell’attacco al mondo del lavoro. Un attacco che viene condotto, in pieno stile berlusconiano, con una campagna di marketing fatta di vittimismo, colpi di scena, e continui strappi rispetto alle regole. Se il comparto della funzione pubblica (in particolare la scuola) è quello più direttamente coinvolto in questi mesi, sta sempre più evidentemente manifestandosi una "strategia sociale" del governo, che si articola su tre assi principali:
a) la riforma della contrattazione col mondo del lavoro
b) una nuova riforma delle pensioni
c) la ristrutturazione dei sindacati in corporazioni funzionali al sistema
La situazione, per loro, del resto è inedita e favorevole.
Le opposizioni "rosse" sono fuori dal Parlamento, senza un programma, senza una capacità di visione complessiva dell’esistente, e quindi divise tra loro, incapaci di sostenere perfino una battaglia di posizione. Sul piano sindacale la Cgil, complice una politica concertativa, incerta ed anche opportunistica, ha perso lo smalto anche solo di pochi anni fa, e soffre di contraddizioni interne.
L’Onda, il grande movimento dello scorso autunno, alla fine si è infranta. Le pur grandi lotte dei mesi scorsi nel mondo della scuola e del settore pubblico non hanno trovato un riscontro ed una prosecuzione nè nella politica nè nelle istituzioni, nè nel confronto sindacale.
Infine, proprio la minaccia di crisi aiuta il marketing del teleimbonitore al punto da rendere più morbida qualsiasi trattativa sindacale, allargando a dismisura la percezione di una imminente catastrofe che incombe sul nostro Paese.
In questo contesto il governo ha segnato un altro punto importante con l’accordo del 22 gennaio. Questo accordo verteva sulla riformulazione del modello di contrattazione dei rinnovi del contratto di lavoro. Inutile dirlo, questo accordo è qualitativamente un grosso peggioramento, al punto tale che la Cgil è stata costretta ad abbandonare il tavolo di trattativa (l’accordo è stato firmato da Governo, Confindustria e Cisl, Uil e Ugl). Ma cosa c’era di così insostenibile per una Cgil che certo non brilla di "fuoco rivoluzionario"?
In rete ci sono diverse analisi interessanti. Proviamo però a ridurre all’osso i concetti.
Prima di tutto, l’accordo abolisce l’inflazione programmata, ed introduce un nuovo indice, a svantaggio dei lavoratori, perché esclude fin da subito gli aumenti di costo dell’energia.
Tradotto: saranno i lavoratori a pagare i rincari del petrolio (metà dell’inflazione reale!) e non le aziende.
Un altro aspetto saliente è che l’accordo indebolisce il contratto nazionale di lavoro a tutto vantaggio dei contratti locali, che saranno sempre più legati a parametri di produttività e rendimento locale.
Tradotto: coi particolarismi locali (leggi mezzogiorno), non ci sarà più la protezione che c’è oggi dovuta ad un contratto nazionale di lavoro che tuteli tutti i lavoratori di un settore, e che permetta quindi una unità di interessi e quindi una capacità di mobilitazione comune.
L’accordo infine crea un nuovo paradigma di trattativa sindacale. Nel privato viene introdotto il divieto di sciopero durante la trattativa sindacale, nel pubblico addirittura non ci sarà nessuna trattativa economica: deciderà tutto il governo, senza alcuna concertazione, in base alla finanziaria.
Tradotto: saranno le sole burocrazie (sindacali e politiche) a decidere i rinnovi dei contratti, annullando qualsiasi opposizione del mondo del lavoro.
Il governo forzando la mano proprio sull’ultimo punto ha indotto la Cgil inducendola di fatto a non firmare l’accordo. Però ha mostrato con assoluta evidenza la debolezza oggettiva che vive il principale sindacato italiano, comunque escluso da un accordo quadro di questa importanza.
Adesso partirà la mobilitazione, il 13 febbraio ci sarà uno sciopero indetto da Fiom e Funzione pubblica, uno sciopero che va sostenuto, sia chiaro, perché deve essere fortissima la risposta dei lavoratori.
Ma in estrema sintesi la Cgil boccheggia. Non ha una piattaforma alternativa, questo è il dato reale. Ed è divisa tra una parte che non ha ratificato l’accordo per ritagliarsi il ruolo di interlocutore privilegiato, e un’altra più combattiva che cerca di mobilitarsi, purtroppo ancora con scarsa chiarezza di prospettive.
La conclusione più evidente che sentiamo tutti è che accanto alla crisi economica, ci sia una crisi nerissima nell’opposizione sociale e politica. Ma ci sarà spazio e tempo per approfondire la questione.
Vi lasciamo al video di Rinaldini con l’appello per il 13.
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